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"Il Coro di Babele", giovani migranti di oggi tra nostalgia e necessità in scena al TMO

In scena al TMO "Il Coro di Babele", uno spettacolo per la regia di Claudio Zappalà, che affronta, attraverso una scrittura originale, il tema della migrazione di giovani che lasciano la loro terra d’origine per raggiungere le grandi città, mete ormai note nel nostro immaginario.

Una migrazione che sradica le radici ben piantate nella terra d’origine per trapiantarle in una nuova terra, straniera. Attualmente sono quasi 5 milioni gli italiani che hanno deciso di trasferire la loro residenza all’estero, senza contare tutti i giovani che, sfuggendo alle statistiche ufficiali, cercano fortuna a Londra, Parigi, Berlino, e in moltissime altre città d’Europa e del Mondo, tutte città che chiameremo con un unico nome: Babele.

Alcuni restano, altri tornano, altri ancora continuano a errare nella ricerca di una nuova terra da poter chiamare casa. Il Coro di Babele è il racconto di tante voci che tessono un’unica storia. Cinque racconti di altrettanti migranti che viaggiano nei voli low cost. È un canto melanconico e nostalgico, ma anche divertente e irriverente. È la storia di chi vive a Babele, la città simbolo di tutte le migrazioni.

La storia di chi lascia una casa per cercarne un’altra. Migrante è chi si sposta da un paese a un altro per ragioni determinate da necessità di vita. Ognuno di questi migranti s’interroga sulla natura di queste ragioni, e su quello che per loro significa vita, qualità della vita; sui compromessi, sulle priorità, sulle scelte che ognuno è costretto a fare, o che preferisce rimandare. In questo migrare di corpi e di anime le storie si intrecciano e si confondono, come le lingue, gli amori, i drammi, le gioie, la malinconia, la voglia di conoscere.

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