Il "Cristo Risorto" è a Palermo: uno dei capolavori di Michelangelo a Palazzo Reale
"Cristo Risorto Portacroce Giustinani"
La Fondazione Federico II porta al Palazzo Reale di Palermo il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani che rimane esposto e fruibile negli Appartamenti Reali del Palazzo dal 13 novembre 2025 al 30 aprile 2026.
La sua storia e la sua attribuzione hanno da sempre generato un grande interesse tra gli studiosi. Quell’imperfezione rende probabilmente il Cristo più vicino ai nostri dolori e alle nostre miserie. Un’opera che rimanda all’attualità con potenza ed efficacia.
L’esposizione è ideata, organizzata e curata dalla Fondazione Federico II, in collaborazione con l’Assemblea Regionale Siciliana, il Monastero San Vincenzo Martire – Monaci Benedettini Silvestrini, il Ministero per la tutela del Patrimonio culturale (DIT Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Servizio IV Circolazione), la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale.
Il Cristo Risorto si inserisce nel contesto artistico e culturale del Rinascimento italiano, un periodo di fervente creatività e rinnovamento spirituale. Un filo che lega l’opera al magnificente Palazzo Reale di Palermo, coi suoi tratti rinascimentali, manifestati per esempio dal cortile Maqueda con i suoi portici e le sue logge.
“La Sicilia accoglie questo capolavoro di Michelangelo – dichiara Gaetano Galvagno, Presidente della Fondazione Federico II - e lo fa con un’opera rappresentativa della scultura rinascimentale. Allo stesso tempo il Cristo Risorto descrive appieno il legame profondo tra la storia culturale italiana e la spiritualità universale. Il traguardo raggiunto oggi dalla Fondazione Federico II – continua Galvagno - esprime un momento epocale e ci rende grati a quanti hanno contribuito per raggiungerlo. Siamo certi che questa esposizione potrà dare ulteriore impulso ai flussi turistici che nell’ultimo anno hanno fatto registrare una crescita considerevole di visitatori a Palazzo Reale”.
Il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani è un’imponente scultura in marmo di Carrara raffigurante Gesù Cristo dopo la resurrezione: fu attribuita a Michelangelo Buonarroti soltanto a partire dal 2001 grazie agli studi attenti e appassionati della studiosa Silvia Danesi Squarzina e della sua allora allieva Irene Baldriga, che hanno fugato ogni dubbio.
La statua è riconosciuta ormai come la prima versione di un altro Cristo, quello commissionato a Michelangelo Buonarroti da Metello Vari per la chiesa di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
“Per lungo tempo – afferma lo storico dell’arte Pierluigi Carofano - era stata ritenuta opera di un anonimo, seppur abile, scultore del XVII secolo, una libera interpretazione ispirata al celebre Cristo redentore, realizzato da Michelangelo tra il 1519 e il 1521 per la chiesa domenicana di Santa Maria sopra Minerva a Roma, su commissione di Metello Vari, in rappresentanza degli interessi di Marta Porcari ed in generale degli eredi della famiglia Porcari.
Si tratta, invece, di un’opera molto importante di Michelangelo per la storia dell’arte, non soltanto sotto l’aspetto della originalità dell’invenzione compositiva, trattandosi di un tema così delicato in un momento in cui spiravano i primi venti della riforma luterana, ma anche per le singolari, forse uniche, vicende cui la scultura è andata incontro nel tempo”.
Il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani è sorretto da una croce con il volto solcato da una venatura nera. Quella vena nera, un difetto naturale del marmo, apparse agli occhi di Michelangelo come una grave imperfezione e lo indusse ad abbandonare l’opera per poi donarla per un puledro allo stesso Vari, che la collocò nel giardino della propria residenza a Roma.
Negli anni a seguire si perse ogni traccia documentaria della statua fino al 1607, quando alcune lettere ne attestarono la presenza sul mercato dell’arte. Nel 1638 il marchese Vincenzo Giustiniani acquistò il marmo non finito che, secondo una tesi assai accreditata, fece completare da uno scultore di sua fiducia, riconducibile al giovane Gian Lorenzo Bernini. L’intervento di Bernini determina la compresenza del capolavoro di mani e ingegno dei due più grandi scultori di ogni tempo, di epoca rinascimentale l’uno e barocca l’altro.
«È con grande orgoglio che la Fondazione Federico II – spiega Antonella Razete, Direttore Generale della Fondazione Federico II - offre ai visitatori la fruizione di un capolavoro assoluto dell’arte scultorea rinascimentale, il Cristo Risorto Portacroce Giustiniani. Avere negli Appartamenti Reali una delle sue opere scultoree più importanti rappresenta un moltiplicatore di bellezza per Palazzo Reale. Una presenza caratterizzata da una piena assonanza perché mai luogo poteva essere più idoneo. Qui dove, nella magnificenza della Cappella Palatina, il divino dialoga costantemente con l’arte».
Il Cristo è un’opera testimone di bellezza, richiesta in tutto il mondo, dalla Germania al Regno Unito, dal Messico al Giappone. A Palermo è giunta proprio da Osaka. La sede abituale e ufficiale è in Italia: la Cappella del Cristo Portacroce del Santuario al Volto Santo a Bassano Romano, in provincia di Viterbo.
«Con una donazione avvenuta negli anni immediatamente seguenti al secondo dopoguerra, infatti, la Congregazione Benedettina Silvestrina ricevette un terreno di cinque ettari nel paese di Bassano Romano, sulla cima di una collinetta dove sorgeva una chiesa abbandonata - spiega Duverly Berckus Goma, Priore Conventuale del Monastero San Vincenzo Bassano -. Quando i Monaci cominciarono i lavori di riparazione della chiesa emerse dalla foresta di rovi una statua di marmo di un Cristo nudo posta su un’edicola sopra l’altare maggiore.
I rovi l’avevano nascosta alla vista per secoli. In seguito dagli archivi di Palazzo Giustiniani a Roma emersero documenti, tra cui l’inventario della collezione d’arte di Vincenzo Giustiniani, che fecero ipotizzare l’attribuzione a Michelangelo, che divenne certezza all’inizio degli anni 2000, quando un intervento di pulitura rivelò la venatura nera sul volto della statua, corrispondente a quella descritta da Ulisse Aldrovandi nel 1556».
Si trattava, in effetti, del Cristo risorto portacroce scolpito da Michelangelo tra il 1514 e il 1516, prima di quello che si trova ancora oggi nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma.
«La lungimiranza della Fondazione Federico II e il lavoro di squadra coi numerosi partner – sottolinea Gabriele Accornero, Advisor Fondazione Federico II - hanno permesso di portare quest’opera di grande valore per la prima volta in Sicilia, in una cornice unica come il Palazzo Reale, con un progetto allestitivo dedicato.
L’attribuzione dell’opera a Michelangelo si deve soprattutto a Irene Baldriga che, basandosi sul controllo incrociato di elementi stilistici, materiali e documentari, la collegò ad una lettera di Metello Vari a Michelangelo del 1521 nella quale è ricordata la decisione dello scultore di abbandonare la lavorazione di un marmo: la lettera del Vari non lascia dubbi nell’identificare nella statua la prima versione del Cristo risorto commissionato a Michelangelo nel 1514».
La fruizione della visita da parte dei visitatori è valorizzata da un allestimento ad hoc, rispettoso del contesto degli Appartamenti Reali, oltre che dal progetto di light design di ERCO, leader mondiale nell’illuminazione di progetti artistici nei più importanti musei al mondo.
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