La pittorica di Pino Manzella per l'anniversario della morte di Peppino Impastato
Dettaglio di un'opera visibile alla mostra
La sala espositiva del Margaret Cafè ospita la mostra di pittura di Pino Manzella, realizzata nell’ambito degli eventi del Quarantesimo anniversario dell’uccisione di Peppino Impastato, intitolata "Seduto se ne stava e silenzioso…", curata e promossa dall’associazione Asadin, con la collaborazione di Evelin Costa e testo di presentazione di Lavinia Spalanca.
Ad ispirare il titolo dell’ultima mostra di Pino Manzella è un breve frammento lirico di Peppino Impastato, dall’andamento quasi leopardiano. Una poesia che funge da perfetta introduzione all’omonimo quadro del pittore (Seduto se ne stava e silenzioso… ), all’insegna del gioco di specchi fra l’osservatore e l’osservato, l’io che guarda e l’io che pensa.
Il silenzio è forse il leitmotiv di tutti i dipinti ospitati in mostra: il silenzio della memoria, di una memoria silenziata dal potere, una memoria negata che però riaffiora attraverso i documenti, le carte parlamentari, incastonati – nel perfetto connubio fra testo e immagine – all’interno delle tele dell’artista; oppure il silenzio della meditazione, di un pensiero che specula sul reale per prefigurare un futuro più accettabile del presente.
Non è un caso che in quest’universo così inafferrabile come quello dell’ingiustizia, del potere invisibile e indecifrabile, la cifra stilistica privilegiata da Manzella sia quella del realismo magico e surreale, alla Mirò, o dell’arte concettuale, alla Isgrò, segno di una necessità di testimoniare e svelare, oltre le cancellature della memoria, il vero volto della realtà.
Ad ispirare il titolo dell’ultima mostra di Pino Manzella è un breve frammento lirico di Peppino Impastato, dall’andamento quasi leopardiano. Una poesia che funge da perfetta introduzione all’omonimo quadro del pittore (Seduto se ne stava e silenzioso… ), all’insegna del gioco di specchi fra l’osservatore e l’osservato, l’io che guarda e l’io che pensa.
Il silenzio è forse il leitmotiv di tutti i dipinti ospitati in mostra: il silenzio della memoria, di una memoria silenziata dal potere, una memoria negata che però riaffiora attraverso i documenti, le carte parlamentari, incastonati – nel perfetto connubio fra testo e immagine – all’interno delle tele dell’artista; oppure il silenzio della meditazione, di un pensiero che specula sul reale per prefigurare un futuro più accettabile del presente.
Non è un caso che in quest’universo così inafferrabile come quello dell’ingiustizia, del potere invisibile e indecifrabile, la cifra stilistica privilegiata da Manzella sia quella del realismo magico e surreale, alla Mirò, o dell’arte concettuale, alla Isgrò, segno di una necessità di testimoniare e svelare, oltre le cancellature della memoria, il vero volto della realtà.
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