Quattro personaggi, una pseudo partita a scacchi: "Finale di partita" di Samuel Beckett in scena al Biondo

Glauco Mauri e Roberto Sturno in "Finale di Partita" di Samuel Beckett
L’autore più rappresentativo del Novecento teatrale è protagonista del nuovo appuntamento della stagione teatrale del teatro Biondo di Palermo: Glauco Mauri e Roberto Sturno, diretti da Andrea Baracco, interpretano "Finale di partita" di Samuel Beckett.
In scena anche gli attori Marcella Favilla e Mauro Mandolini sulle musiche di Giacomo Vezzani e con le scene e i costumi di Marta Crisolini Malatesta.
In uno spazio claustrofobico, quattro personaggi giocano una pseudo partita a scacchi: sono Hamm, cieco e paralitico, i suoi genitori Nagg e Nell, che vivono in due contenitori per la spazzatura, e Clov, servitore di Hamm, che non può sedersi mai.
Hamm e Clov, per sopravvivere, hanno bisogno l’uno dell’altro: solo Clov può dar da mangiare ad Hamm, e solo Hamm possiede le chiavi della dispensa. «È la tragedia del vivere che diventa farsa, è la farsa del vivere che diventa tragedia» asserisce Glauco Mauri.
Beckett traghetta la drammaturgia realistica nell’ambito della metafisica. «Un amato compagno di viaggio – afferma Mauri – che ho sempre considerato non uno scrittore del teatro dell’assurdo, ma un grande poeta della difficoltà del vivere dell’uomo».
La sua opera è una parodia, unica forma possibile per descrivere l’insensatezza della condizione umana nel secolo della crisi di tutti i valori.
I personaggi di Hamm e Clov sono l’emblema di questa condizione angosciosa e allo stesso tempo parodistica dell’esistenza, perché, come scriveva lo stesso autore «nulla è più comico dell’infelicità».
«Parlare di Beckett – spiega il regista Andrea Baracco – significa parlare dell’insensatezza della condizione umana, dell’insondabilità dell’universo e dell’umano, del tentativo di esprimere l’inesprimibile di molti grandi temi».
In scena anche gli attori Marcella Favilla e Mauro Mandolini sulle musiche di Giacomo Vezzani e con le scene e i costumi di Marta Crisolini Malatesta.
In uno spazio claustrofobico, quattro personaggi giocano una pseudo partita a scacchi: sono Hamm, cieco e paralitico, i suoi genitori Nagg e Nell, che vivono in due contenitori per la spazzatura, e Clov, servitore di Hamm, che non può sedersi mai.
Hamm e Clov, per sopravvivere, hanno bisogno l’uno dell’altro: solo Clov può dar da mangiare ad Hamm, e solo Hamm possiede le chiavi della dispensa. «È la tragedia del vivere che diventa farsa, è la farsa del vivere che diventa tragedia» asserisce Glauco Mauri.
Beckett traghetta la drammaturgia realistica nell’ambito della metafisica. «Un amato compagno di viaggio – afferma Mauri – che ho sempre considerato non uno scrittore del teatro dell’assurdo, ma un grande poeta della difficoltà del vivere dell’uomo».
La sua opera è una parodia, unica forma possibile per descrivere l’insensatezza della condizione umana nel secolo della crisi di tutti i valori.
I personaggi di Hamm e Clov sono l’emblema di questa condizione angosciosa e allo stesso tempo parodistica dell’esistenza, perché, come scriveva lo stesso autore «nulla è più comico dell’infelicità».
«Parlare di Beckett – spiega il regista Andrea Baracco – significa parlare dell’insensatezza della condizione umana, dell’insondabilità dell’universo e dell’umano, del tentativo di esprimere l’inesprimibile di molti grandi temi».
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