"Testa di Legno": i pupi siciliani di Roberto Lo Sciuto in mostra nel cuore di Palermo

I pupi siciliani di Roberto Lo Sciuto
Tutto nasce da una testa, anzi da molte teste: quelle dei pupi che sono lì, vergini, in attesa di un tratto distintivo. Che le renda Orlando, Rinaldo o re Carlo, le vesta di mustacchi e pizzetto, dia loro le orecchie di Mickey Mouse o le rose della Santuzza. Per poi porle accanto agli ex voto, alle vertigini del "gioco dell’oca", alle girandole, alle spirali.
È un gusto pop e dadaista quello di Roberto Lo Sciuto, intimamente scenografo e popolarmente artigiano. Sono anni che sbozza ad arte le teste di pupo, la base è sempre uguale, sono i tratti che mutano.
Dopo i mesi di lockdown, riapre anche il suo atelier – una vera "bottega" colorata, nelle scuderie di palazzo Merlo, proprio dove c’è l’ansa di strada (un tempo affrescata) dove "giravano" le nobili carrozze – e inaugura una mostra che affianca ai pezzi cult anche diverse opere recenti.
"Testa di legno" si inaugura venerdì 15 ottobre alle ore 17. La mostra è visitabile dal martedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle 20.00 e si conclude venerdì 12 novembre.
All'inaugurazione è previsto l'intervento dello scrittore Fulvio Abbate che firma un testo nel microcatalogo, quasi un carnet de voyage.
«I pupi siciliani sono vivi, molto vivi. Chi pensava che proprio i pupi, immobili con i loro gesti guerrerschi sulle sponde dei carretti - scrive Fulvio Abbate - nei teatrini o nelle teche dei musei, si fossero arresi al magazzino della tradizione, congelati perfino nelle vetrine dei negozi di souvenir in corso Vittorio Emanuele di fronte alla Cattedrale, o accatastati alla rinfusa nei bauli dei collezionisti, dovrà ricredersi».
Entrare nella bottega di Lo Sciuto vuol dire avvicinare l'arte popolare rivisitata con lo stupore del visionario: è stato Gigi Borruso anni fa a sottolineare la "grande inquietudine", la solitudine degli elementi che qui si incontrano: teste di pupi, vecchie réclame, gambe, braccia, mani, passamaneria e cornici. Sta allo scenografo, tirarli fuori dal baule dell'attore o dal magazzino di un teatro, e assemblarli per la ribalta, dedicar loro un’enfilade di oggetti, fregiarle spesso (non sempre) di un titolo ironico e scaramantico.
Roberto Lo Sciuto, molto più del semplice maestro puparo, è riuscito nell'impresa di rimettere i pupi al mondo, regalando loro una vita ulteriore, piccola, inscatolata in giocattoli leggeri. Lo ha fatto in modo originale, moderno, molto pop, rendendoli nostri contemporanei.
Poi, già che c'era, ha affiancato loro altre figure che giungono da destinazioni artistiche estranee alla tradizionale famiglia di Orlando, Rinaldo, Angelica, Ferraù, Ruggero, Gano di Magonza, come se Disney o Collodi fossero nati in via Maqueda.
È un gusto pop e dadaista quello di Roberto Lo Sciuto, intimamente scenografo e popolarmente artigiano. Sono anni che sbozza ad arte le teste di pupo, la base è sempre uguale, sono i tratti che mutano.
Dopo i mesi di lockdown, riapre anche il suo atelier – una vera "bottega" colorata, nelle scuderie di palazzo Merlo, proprio dove c’è l’ansa di strada (un tempo affrescata) dove "giravano" le nobili carrozze – e inaugura una mostra che affianca ai pezzi cult anche diverse opere recenti.
"Testa di legno" si inaugura venerdì 15 ottobre alle ore 17. La mostra è visitabile dal martedì al venerdì, dalle ore 17.00 alle 20.00 e si conclude venerdì 12 novembre.
All'inaugurazione è previsto l'intervento dello scrittore Fulvio Abbate che firma un testo nel microcatalogo, quasi un carnet de voyage.
«I pupi siciliani sono vivi, molto vivi. Chi pensava che proprio i pupi, immobili con i loro gesti guerrerschi sulle sponde dei carretti - scrive Fulvio Abbate - nei teatrini o nelle teche dei musei, si fossero arresi al magazzino della tradizione, congelati perfino nelle vetrine dei negozi di souvenir in corso Vittorio Emanuele di fronte alla Cattedrale, o accatastati alla rinfusa nei bauli dei collezionisti, dovrà ricredersi».
Entrare nella bottega di Lo Sciuto vuol dire avvicinare l'arte popolare rivisitata con lo stupore del visionario: è stato Gigi Borruso anni fa a sottolineare la "grande inquietudine", la solitudine degli elementi che qui si incontrano: teste di pupi, vecchie réclame, gambe, braccia, mani, passamaneria e cornici. Sta allo scenografo, tirarli fuori dal baule dell'attore o dal magazzino di un teatro, e assemblarli per la ribalta, dedicar loro un’enfilade di oggetti, fregiarle spesso (non sempre) di un titolo ironico e scaramantico.
Roberto Lo Sciuto, molto più del semplice maestro puparo, è riuscito nell'impresa di rimettere i pupi al mondo, regalando loro una vita ulteriore, piccola, inscatolata in giocattoli leggeri. Lo ha fatto in modo originale, moderno, molto pop, rendendoli nostri contemporanei.
Poi, già che c'era, ha affiancato loro altre figure che giungono da destinazioni artistiche estranee alla tradizionale famiglia di Orlando, Rinaldo, Angelica, Ferraù, Ruggero, Gano di Magonza, come se Disney o Collodi fossero nati in via Maqueda.
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