"Turning the camera": istantanee intime e dal respiro universale nel progetto artistico di Paolo Pellegrin
"Emma" (Sizzera, 2020) - foto di Paolo Pellegrin
Paolo Pellegrin, fotografo di reportage internazionale nato a Roma, presenta il suo ultimo lavoro dal titolo "Turning the camera", fruibile dal 16 maggio al 20 giugno presso lo spazio di Plenum Fotografia Contemporanea a Catania.
Un progetto nato dall'intuizione che quel virus si sarebbe diffuso a livello mondiale. È a quel punto che decide di stare con la sua famiglia, rivolgendo per la prima volta nella sua carriera di fotogiornalista l’obiettivo verso se stesso, sua moglie e le sue due figlie.
Gli scatti immortalano i momenti di silenzio della vita familiare e della vita campestre nelle montagne svizzere - precisamente in una fattoria dove avevano trascorso le vacanze estive l'anno prima -, dando vita ad un lavoro intimo e riflessivo, di cui una parte viene esposta nella mostra.
Da qui la riflessione di taglio sociologico e urbanistico del progetto: il lockdown ha reso manifesta una voglia quiescente dell'uomo contemporaneo di allontanarsi dalle grandi città per ritrovare se stesso e un nuovo equilibrio nella periferia, in piccoli centri di montagna o di campagna o in isole semideserte, scelta impensabile fino a un anno fa dove/quando tutto strillava città, frenesia, metropoli, megalopoli, ecc…
Istinto o scelta ponderata? Tendenza momentanea o cambiamento epocale? Spirito di sopravvivenza o decisione consapevole di chi ha colto l'importanza del momento storico per cambiare senso di marcia e dare un nuovo senso al proprio vivere quotidiano? Quale futuro per le città e le periferie? Continuerà l’antagonismo o entrambe vivranno contemporaneamente un’epoca d’oro dove la ridistribuzione della popolazione garantirà maggiore qualità della vita?
Un progetto nato dall'intuizione che quel virus si sarebbe diffuso a livello mondiale. È a quel punto che decide di stare con la sua famiglia, rivolgendo per la prima volta nella sua carriera di fotogiornalista l’obiettivo verso se stesso, sua moglie e le sue due figlie.
Gli scatti immortalano i momenti di silenzio della vita familiare e della vita campestre nelle montagne svizzere - precisamente in una fattoria dove avevano trascorso le vacanze estive l'anno prima -, dando vita ad un lavoro intimo e riflessivo, di cui una parte viene esposta nella mostra.
Da qui la riflessione di taglio sociologico e urbanistico del progetto: il lockdown ha reso manifesta una voglia quiescente dell'uomo contemporaneo di allontanarsi dalle grandi città per ritrovare se stesso e un nuovo equilibrio nella periferia, in piccoli centri di montagna o di campagna o in isole semideserte, scelta impensabile fino a un anno fa dove/quando tutto strillava città, frenesia, metropoli, megalopoli, ecc…
Istinto o scelta ponderata? Tendenza momentanea o cambiamento epocale? Spirito di sopravvivenza o decisione consapevole di chi ha colto l'importanza del momento storico per cambiare senso di marcia e dare un nuovo senso al proprio vivere quotidiano? Quale futuro per le città e le periferie? Continuerà l’antagonismo o entrambe vivranno contemporaneamente un’epoca d’oro dove la ridistribuzione della popolazione garantirà maggiore qualità della vita?
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