Una retrospettiva dedicata all'artista Giovanni Philippone nella cavallerizza di Palazzo Sant'Elia
Particolare dell'opera "Autoritratto", olio su tela
A 25 anni dalla scomparsa del pittore Giovanni Philippone (San Giovanni Gemini, 1922), a Palazzo Sant’Elia dal 5 al 28 aprile si ospita una retrospettiva dedicata all'artista. La mostra si inserisce in un ciclo di esposizioni che ha già toccato San Giovanni Gemini e Agrigento, presso il cui Museo Civico sono esposte in maniera permanente alcune sue opere.
Il percorso espositivo comprende le opere selezionate dalla figlia Stella, vera anima del progetto artistico itinerante, che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni ‘50 agli inizi dei ‘70.
In esposizione una trentina di opere ad olio che rappresentano i temi affrontati durante la sua carriera e si articola in sezioni ideali che spaziano dai nudi femminili con modelle ritratte dal vero, ai ritratti. Non ultimi i paesaggi siciliani, i millenari alberi di ulivo e le caprette giurgintane. Un mondo contadino semplice, reso con straordinaria intensità cui si oppone l’unico paesaggio industriale in mostra, datato 1961.
Anche se trascorse fuori dall’isola la maggior parte della sua vita, per Giovanni Philippone la sua terra, le sue origini, il suo paesaggio rimasero fino all'ultimo il motore e il filo conduttore del suo percorso artistico.
Nel 1946 si trasferì a Milano dove terminò gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera sotto la guida del maestro Aldo Carpi e dove gli venne assegnato il premio "Hayez". Fu l'anno della diaspora del gruppo di amici che per anni avevano condiviso idee, amore per l’arte, fame e sogni.
Nel 1947 realizzò per il municipio del suo paese un enorme affresco raffigurante una scena campestre. Il tema del lavoro nei campi fu un tema costante nella sua pittura, che sottolineò in che modo un artista si pone nei riguardi della realtà sociale.
Nel 1950 si trasferì a Parigi dove frequentò l’Accademie des Beaux Art sotto la guida di Leger. Nel 1952, periodo nel quale ferveva la polemica tra figurativo e astratto, si trasferì definitivamente a Milano dove, nel 1953, in occasione dell’esposizione alla galleria Bergamini, con Cighine, Paganin, Garau e Traverso, prese posizione con un manifesto riguardo la diatriba tra astrattismo e realismo socialista a favore di un superamento di entrambe le posizioni
Nel 1958 fu presente con Guttuso, Mafai, Pizzinato, Migneco, Sassu e Manzù alla mostra "artisti Italiani" al museo Nazionale di Bucarest.
Il percorso espositivo comprende le opere selezionate dalla figlia Stella, vera anima del progetto artistico itinerante, che coprono un arco temporale che va dalla fine degli anni ‘50 agli inizi dei ‘70.
In esposizione una trentina di opere ad olio che rappresentano i temi affrontati durante la sua carriera e si articola in sezioni ideali che spaziano dai nudi femminili con modelle ritratte dal vero, ai ritratti. Non ultimi i paesaggi siciliani, i millenari alberi di ulivo e le caprette giurgintane. Un mondo contadino semplice, reso con straordinaria intensità cui si oppone l’unico paesaggio industriale in mostra, datato 1961.
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Palermo, una delle tappe fondamentali della vita dell’artista, dai contatti con i colleghi in Accademia alle prime esposizioni, si inserisce tra le città del percorso artistico della mostra.Anche se trascorse fuori dall’isola la maggior parte della sua vita, per Giovanni Philippone la sua terra, le sue origini, il suo paesaggio rimasero fino all'ultimo il motore e il filo conduttore del suo percorso artistico.
Nel 1946 si trasferì a Milano dove terminò gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera sotto la guida del maestro Aldo Carpi e dove gli venne assegnato il premio "Hayez". Fu l'anno della diaspora del gruppo di amici che per anni avevano condiviso idee, amore per l’arte, fame e sogni.
Nel 1947 realizzò per il municipio del suo paese un enorme affresco raffigurante una scena campestre. Il tema del lavoro nei campi fu un tema costante nella sua pittura, che sottolineò in che modo un artista si pone nei riguardi della realtà sociale.
Nel 1950 si trasferì a Parigi dove frequentò l’Accademie des Beaux Art sotto la guida di Leger. Nel 1952, periodo nel quale ferveva la polemica tra figurativo e astratto, si trasferì definitivamente a Milano dove, nel 1953, in occasione dell’esposizione alla galleria Bergamini, con Cighine, Paganin, Garau e Traverso, prese posizione con un manifesto riguardo la diatriba tra astrattismo e realismo socialista a favore di un superamento di entrambe le posizioni
Nel 1958 fu presente con Guttuso, Mafai, Pizzinato, Migneco, Sassu e Manzù alla mostra "artisti Italiani" al museo Nazionale di Bucarest.
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