Vesti candide per i confrati custodi dei condannati a morte: visite all'Oratorio dei Bianchi

L'Oratorio dei Bianchi di Palermo
Terrazze, campanili, chiese sconosciute, palazzi privati, giardini, ex fabbriche, manifatture artigiane: sono 130 quest’anno i luoghi che il Festival "Le Vie dei Tesori" apre nei cinque weekend compresi tra il 5 ottobre e il 4 novembre a Palermo, la città Capitale della Cultura 2018 dove la manifestazione è nata nel 2006 e dove è giunta alla sua dodicesima edizione.
La città si trasforma così in un museo diffuso e narrato, intrecciando storia, arte, mistero e natura, grazie alla rete costituita da oltre cento tra istituzioni, associazioni, partner.
Torna la memoria storica della Palermo del 1500, popolata da confraternite, preghiere e devozione, ma anche torture e patiboli: l'Oratorio dei Bianchi era la sede della Compagnia dei Bianchi, chiamata così perché i confrati indossavano un abito candido.
A loro, il viceré Ferdinando Gonzaga, nel 1541, affidò il compito dell’estremo conforto ai condannati, tre giorni prima dell’esecuzione. Un’“assistenza al buon morire”, che in realtà si intrecciava con supplizi e confessioni estorte. Un ruolo che prosperò nell’era dell’Inquisizione.
Ad accogliere i visitatori, oggi, sono le decorazioni in stucco di due altari di Giacomo Serpotta provenienti dalla chiesa del convento delle Stimmate, demolito per fare posto al Teatro Massimo. Qui si trova anche l’antica Porta lignea della Kalsa,“Bab el Fotik” da cui, nel 1071, entrò Roberto “il Guiscardo” alla testa dei Normanni.
La visita ha una durata di 30 minuti e non è accessibile ai disabili.
La città si trasforma così in un museo diffuso e narrato, intrecciando storia, arte, mistero e natura, grazie alla rete costituita da oltre cento tra istituzioni, associazioni, partner.
Torna la memoria storica della Palermo del 1500, popolata da confraternite, preghiere e devozione, ma anche torture e patiboli: l'Oratorio dei Bianchi era la sede della Compagnia dei Bianchi, chiamata così perché i confrati indossavano un abito candido.
A loro, il viceré Ferdinando Gonzaga, nel 1541, affidò il compito dell’estremo conforto ai condannati, tre giorni prima dell’esecuzione. Un’“assistenza al buon morire”, che in realtà si intrecciava con supplizi e confessioni estorte. Un ruolo che prosperò nell’era dell’Inquisizione.
Ad accogliere i visitatori, oggi, sono le decorazioni in stucco di due altari di Giacomo Serpotta provenienti dalla chiesa del convento delle Stimmate, demolito per fare posto al Teatro Massimo. Qui si trova anche l’antica Porta lignea della Kalsa,“Bab el Fotik” da cui, nel 1071, entrò Roberto “il Guiscardo” alla testa dei Normanni.
La visita ha una durata di 30 minuti e non è accessibile ai disabili.
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