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A Palermo è l'unità di misura (base) per tutto: perché il "caddozzo" si chiama così

Le mille sfumature di un secondo tra i più amati del capoluogo siciliano. Ma non è solo cibo. È un'istituzione, conia modi di dire ed è la nostra speciale unità di misura

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 21 agosto 2025

"Sagra della Salsiccia" a Santa Ninfa

Una volta conobbi un signore del nord che entrò in una macelleria di Palermo chiedendo quattro "rocchi" di salsiccia. Non lo vide mai più nessuno.

Qualche giorno dopo il giornale titolava così: "Ordina quattro rocchi di salsiccia e sparisce nel nulla - si sospetta lupara bianca". Non c’è però da stupirsi, in italiano si chiamano effettivamente così: rocchi.

La Treccani definisce il rocchio “ogni porzione compresa tra due nodi fatti intorno al budello”. Rocchio se è piccolo, Rocchio Siffredi se è extralarge. D’altronde ognuno chiama le cose come vuole, ognuno utilizza le proprie unità di misura.

In Finlandia, ad esempio, hanno il Porunkusema - per la lunghezza - una unità di misura che corrisponde alla distanza (7.5 km) che può percorrere la renna tra una pipì e l’altra.

La Casa del Waffle -altra unità di misura- viene utilizzata dall'Agenzia federale di gestione delle emergenze americana per determinare i danni che una calamità naturale ha lasciato su un territorio.

La Banana Radioattiva serve invece a misurare i microsievert, ovvero la naturale quantità di isotopi radioattivi che possiede un cibo, anche senza inquinamento o radiazioni. Una banana contiene 0,1 microsievert.

Noi siciliani, che siamo più naïf, utilizziamo la parola caddozzo come unità di misura della salsiccia. Mahatma Gandhi una volta disse: “può esistere sasizza senza arrustuta, ma non può esistere arrustuta senza sasizza”.

Povera e con pochi ingredienti è, infatti, la regina incontrastata di ogni barbecue. Carne di maiale, sale, pepe e il finocchietto (che non può non può mancare altrimenti non è sasizza ma semplice salsiccia). Il tutto impastato e, per la serie del porco non si butta via niente, reimmesso nel suo stesso budello.

Per tornare alla definizione della sua unità fondamentale, dicesi caddozzo "quel segmento ripieno di bontà divina che va da punto n1 (nodo1) al punto n2 (nodo 2) del budello che compone la salsiccia stessa".

I nodi sono fatti con lo spago, ma più tradizionalmente con la rafia, una fibra vegetale naturale che si ricava dalle foglie di Raphia farinifera, composta principalmente da cellulosa, emicellulosa e lignina, che noi chiamiamo molto più tecnicamente “a pagghiuzza”.

Dodici caddozzi infine compongono una ruota di sasizza, ma qui entriamo nel campo dell’aletheiologia ontofenomenologica quindi meglio evitare.

Per la felicità di vegani, vegetariani e pleiadiani, è bene dire che originariamente il caddozzo non aveva niente a che fare con le carni, ma apparteneva al mondo dell’agricoltura. Se avete pensato ad un albero di salsicce, un bravo psicoterapeuta potrebbe ancora fare qualcosa per voi.

E invece è tutta colpa delle canne. È sempre colpa delle canne. Questo perché la parola caddozzo in realtà proviene dai tutori fatti con le canne e che vediamo spessissimo, per esempio, costruiti per sorreggere le piante di pomodoro.

Possono essere di forma piramidale, a palizzate o pergolate. Ebbene, datosi che nei loro punti di intersezione queste venivano legate, ogni porzione di canna compresa tra due nodi prendeva proprio il nome di caddozzo.

E dopo le canne ovviamente la sasizza, come se piovesse. Lo scrittore statunitense Arthur Bloch scriveva: "la gente a cui piacciono le salsicce e rispetta la legge non dovrebbe mai sapere come entrambe vengono fatte".

In parte devo dargli torto. In Sicilia siamo bravissimi a fare la salsiccia (da sempre), un po' meno le leggi (da sempre). Ma fa male mangiare troppa salsiccia? Secondo uno studio U.S.A. pubblicato sulla rivista Neurology “Le persone che mangiano più carne rossa, in particolare quella lavorata come la salsiccia, hanno maggiori probabilità di avere un rischio più elevato di declino cognitivo e demenza”.

Questo spiegherebbe tante cose, come per esempio la necessità di creare un ponte sullo Stretto mentre tutte le altre strade si stanno sgretolando.

Un’altra ricerca condotta dal sottoscritto in collaborazione con la Facoltà di Salsicciologia dell’università dell’Oaglio, ha rivelato che: “per coprire la distanza dichiarata del ponte, di 3666 metri per un costo 13.5 miliardi, basterebbero 20.367 caddozzi con costo esiguo di 24.440 euro.

Investendo, pertanto, i 13.5 miliardi di euro in sasizza, minimo minimo ci verrebbero 11.25 miliardi di caddozzi, ovvero 2.024.000 km, più di 5 volte la distanza dalla Terra alla Luna”.

Certo, resteremmo senza porci, forse, ma in compenso ci rimarrebbero i politici. Ma il caddozzo non è solo una unità di misura, è anche tradizione, folclore. Si racconta che madame Teresa, famosa matresse del Bugané di vicolo Marotta, fosse solita chiedere ai clienti: "Chi è, stamatina comu ci l’hai u cadduozzu?".

‘Natascia, invece, una signora che incontravo sempre al supermercato, usava storpiare le parole siciliane in italiano per darsi un tono. Chiedeva gentilmente numero “quartordici” di “callozzi” di “sasizza”, più due alla pizzaiola per suo “gennero Saimon”.

Era la stessa che ordinava al bancone salumi il “presciutto” e “la salame”, e che una volta mi salvò la vita dicendomi: “attento se scellichi. A terra si alleppa che hanno passato il cannovaccio”.

Ancora più indietro nel tempo, padre Attilio, un parrino di Santa Maria di Gesù, da bambini ci diceva sempre che quando si muore e si va nell’aldilà, di fronte il cancello del paradiso San Pietro ti offre un panino con un caddozzo di sasizza. Uno solo, però, perché che la chiesa è ziccusa e come si dice da noi "ci su chiù jorna ca caddozzi ri sasizza"; e cioè che bisogna stare attenti a non fare spreco.

Forse per questo gli apostoli se ne andarono tutti appresso a Gesù, perché moltiplicava le cose. A volte gli chiedevo che cosa avrebbe fatto Gesù se fosse nato a Palermo.

La risposta di padre Attilio era immediata e senza esitazione: “sicuramente avrebbe moltiplicato i caddozzi e trasformato l’acqua in Forst” …
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