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Alfio Scuderi, trent'anni di sogni e di teatro: la storia di chi non ha (mai) lasciato Palermo

Una vita dedicata all'arte e alla sua città. Tre decenni che iniziano con il fermento e la rinascita di un tessuto sociale e culturale lacerato dalle stragi di mafia del '92

Stefania Brusca
Giornalista
  • 14 febbraio 2024

Alfio Scuderi, Baglio di Stefano a Gibellina

Trent'anni, a seconda dei punti di vista, possono essere un tempo breve o lunghissimo. Ma se questi coincidono con un periodo di rinascita di una città stravolta dagli eventi che hanno portato tutti noi a un brusco risveglio, come quello delle stragi del '92, tutto assume un valore diverso.

I trent'anni di carriera di Alfio Scuderi cominciano nel 1995, nel periodo immediatamente successivo alle esplosioni che hanno messo sottosopra l'Italia e Palermo, quando una città stordita e ferita dal tritolo e dalla scomparsa dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino aveva voglia di riscatto, di svegliarsi da un lungo letargo, anche dal punto di vista culturale.

Una città che Scuderi non ha mai veramente lasciato anche se da sei anni dirige «felicemente» le Orestiadi di Gibellina, dove è stato riconfermato per il nuovo triennio 2024-2026 e collabora con il Teatro nazionale di Napoli da quattro anni, come collaboratore del Direttore artistico Roberto Andò.
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All'attivo ha circa quaranta regie, tra le quali ricordiamo il "Pierino e il lupo", opera musicale portata in scena con Ficarra e Picone al Teatro Massimo di Palermo, "Tre sull’altalena" di Lugi Lunari, ripreso al Ridotto del Teatro Biondo in un nuovo allestimento con Vincenzo Ferrera, Massimiliano Geraci e Fabrizio Romano e il "Marat-Sade" con Claudio Gioè (con cui condivide anche la regia), Filippo Luna, Silvia Ajelli e tanti altri straordinari attori. Infine "Nel nome de Padre" con Paolo Briguglia e Silvia Ajelli.

Ma facciamo un passo indietro, ripercorrendo il fermento culturale che ha cambiato il volto di un'intera città.

Dagli anni delle stragi «l'offerta del panorama culturale a Palermo - racconta Scuderi - è cambiata tantissimo, perchè è cambiata la città e assolutamente in bene, ha avuto una grande evoluzione, civica intanto. Questo percorso artistico è coinciso con una grande rivoluzione culturale, che purtroppo è stata segnata dalle stragi del '92. È chiaro che per me che sono di quella generazione, dopo quegli anni è cambiato proprio il modo in cui guardare la città».

In questo contesto si inseriscono "Palermo di scena" prima «e Il festival a Palermo sul Novecento immediatamente dopo, con due linguaggi diversi: il primo era sì un festival internazionale ma più popolare, fatto d'estate nei luoghi all'aperto della città. L'altro, invece più colto, aveva al suo attivo anche grandi produzioni».

Questi due momenti insieme all'apertura dei Cantieri Culturali alla Zisa, la riappropriazione del Teatro Garibaldi, lo Spasimo e tutto il centro storico che «diventava un grande palcoscenico», ripercorre Scuderi, hanno modificato «e anche condizionato la mia generazione di artisti che si è formata in quegli anni come Emma Dante, Vincenzo Pirrotta, Paolo Briguglia, Claudio Gioè, Vincenzo Ferrera, Davide Enia, Luigi Lo Cascio, Ficarra e Picone».

Ci sarà un motivo per cui «una generazione di artisti che ha segnato il passo, più o meno della stessa età - aggiunge - si è nutrita di quella rivoluzione culturale, di quegli spettacoli e di quei grandi maestri che portavano la cultura dentro la città e la costruivano con la città».

Scuderi nell'arco della sua carriera si muove tra più ambiti: organizzazione, produzione, direzione artistica e regia. «Credo che i due aspetti - afferma - il creativo e il produttivo, possano anche convivere, non è molto comune, ma questo credo sia l’aspetto più interessante del mio precorso professionale».

Un percorso fatto di incontri.

«Sicuramente l’incontro che mi ha iniziato professionalmente è stato quello con Pino Caruso nel 1995, il mio primo maestro - racconta Scuderi -. Pino mi ha insegnato l’amore incondizionato per la mia città. Lui amava Palermo e credo che in quegli anni meravigliosi di Palermo di Scena lo abbiamo dimostrato. Pino era molto generoso e lo è stato anche con me. Insieme pensavamo di potere cambiare la città attraverso la cultura, con il teatro, forse in parte ci siamo anche riusciti».

Con Pino Caruso «abbiamo davvero percorso un sogno insieme e li per me è iniziato tutto, con quella Palermo di Scena e con il nuovo corso del Festino di Santa Rosalia, quando un angelo apparve volando ai Quattro Canti».

Sono stati gli anni in cui iniziava tutto anche a Palermo. «Eravamo dei pionieri, ai Cantieri culturali che c’era l’erba alta e non si riusciva ad entrare, il Giardino Garibaldi a piazza Marina era chiuso in abbandono e lo abbiamo inaugurato con una meravigliosa "Notte delle Marionette" e anche lo Spasimo era pieno di detriti, furono le note di Giovanni Sollima, in un concerto strepitoso a restituirlo alla città, poi Carmelo Bene a Villa Trabia e Nanni Loy a Villa Filippina. L’assessore alla cultura era un giovane Francesco Giambrone».

Subito dopo arrivò il Festival di Palermo sul Novecento, nel 1996, ed «è lì che inizia la mia lunghissima collaborazione con Roberto Andò, a cui mi lega ancora oggi una grande amicizia e una forte intesa artistica.

Mi ha fatto scoprire il teatro internazionale - racconta - conoscere i grandissimi artisti che in quel periodo arrivavano a Palermo, negli anni '96, '97 e '98. Da Philip Glass a Pina Baush ad Harold Pinter, Peter Greenay, Robert Lepage, Emir Kusturica e Goran Bregovic, solo per citarne alcuni.

Ed anche appassionarmi ai linguaggi della contemporaneità che ancora oggi sono un po' il mio terreno. Degli elementi che poi ho riportato nell'esperienza sia del Nuovo Montevergini che alle Orestiadi di Gibellina. Una vera rivoluzione culturale per la città, ma anche una scuola unica per me e un legame professionale che va avanti ancora oggi, infatti sono suo collaboratore al teatro di Napoli».

Quel Festival diede un senso a quella strada intrapresa e rafforzava nelle radici il legame di Scuderi con Palermo. I Cantieri Culturali prendevano vita e si animavano. La città era sotto un grande riflettore. Artisti internazionali realizzavano le loro creazioni uniche a Palermo.

Conosce Sandro Trachina con cui avvia una lunga collaborazione, costituendo una società di produzione di eventi (a cui in seguito si unii anche Andrea Peria) che per diversi anni si occupò di produrre e organizzare il Festino di Santa Rosalia (1998, 1999, 2000) e diversi eventi en plein air, tra cui alcune edizioni del Capodanno in piazza. «Grazie a lui - ricorda - ho scoperto ed iniziato ad amare anche il teatro di strada e i grandi eventi all’aperto».

Sono gli anni in cui collabora con artisti come Marizio Scaparro, Roberto De Simone e Jerome Savary.

Proprio questo rapporto con Jerome Savary apre un altro importante capitolo della vita professionale di Scuderi: «Un uomo fuori dagli schemi che guardava l'arte con un grandissimo senso di libertà. Per me è stata un'altra guida fondamentale per i miei percorsi, un grandissimo maestro.

Il contemporaneo si poteva mischiare al popolare, l’alto con il basso, i vecchi con i giovani. L’arte invadeva le strade e i teatri in maniera del tutto libera, anticonvenzionale, era un vero genio. In quegli anni tra Parigi e Palermo, lui mi ha aperto ulteriormente gli occhi verso quella libertà dell’arte che mi ha sempre guidato nelle mie scelte».

La collaborazione prima con Pino Caruso poi con Savary lo ha guidato, dopo qualche anno, a dirigere tre edizioni del Festino di Santa Rosalia (2007, 2008 e 2009).

Sempre in quegli anni inizia a Palermo un’altra grandissima avventura, una piccola rivoluzione in città: il Nuovo Montevergini e il suo Palermo Teatro Festival. «Era il 2005 e quello spazio appena restaurato, un convento con la sua bellissima chiesa, destinato in un primo momento ad accogliere uffici del Comune ed un archivio.

Su mia proposta e di Sandro Tranchina, accolta dall’allora sindaco Diego Cammarata, lo trasformammo in un centro di produzione teatrale unico nel Sud Italia con una residenza per artisti, un Festival di teatro contemporaneo di successo e uno spazio per la musica dal vivo e le performance».

Nel frattempo, sempre nel 2010, aiuta Marco Balsamo, produttore teatrale, con cui condivide molti progetti artistici in giro per il mondo, a riaprire l’Ambra Jovinelli di Roma e ad avviarne il nuovo corso.

Poi la convenzione per il Nuovo Teatro Montevergini non viene rinnovata dalla "nuova" amministrazione comunale di allora e quello spazio rimane chiuso per dieci lunghi anni, l’intero mandato.

«Nella mia carriera - dice Scuderi - rifarei tutto come l'ho fatto. Penso che anche gli errori siano "formativi". Sul Montevergini avevo investito molto sia professionalmente che economicamente, perché vestivo anche i panni dell'imprenditore. Quel luogo lo sentivo importante per me e per Palermo».

Quel brusco stop con il cambio dell'amministrazione «è una cosa che ho trovato ingiusta, soprattutto perché quel luogo per dieci anni non ha avuto una nuova gestione. Fino a che sceglie la politica ci sta che ci sia un cambio di passo, le nomine sono a scadenza, ma l'obiettivo dovrebbe essere migliorare o portare avanti i progetti con un'altra idea. Non portare avanti per nulla i progetti invece è stato un atteggiamento che non ho neanche mai ben compreso, immotivato, soprattutto per la città».

Questa mancanza di consolidamento dei progetti culturali e della loro mancata "istituzionalizzazione" per Scuderi «rimane la cosa peggiore per la città. Nel resto del mondo un festival dura 40 anni, soprattutto dopo che investi milioni di euro, come ad esempio quello di Spoleto. Il Festival di Spoleto è Spoleto. E anche le Orestiadi di Gibellina sono alla 43esima edizione. Le Orestiadi di Gibellina sono Gibellina. Questa cosa a Palermo è mancata».

Per Scuderi, «Si sono fatti grandissimi eventi (con una grandissima fatica anche da parte di noi artisti) che hanno cambiato la faccia di Palermo e anche la considerazione del mondo della città. E anche il turismo in città è esploso grazie a quel percorso positivo. Però di tutte quelle esperienze nessuna è blindata in un'istituzione culturale».

E «moltissimi artisti - aggiunge - hanno ripreso a viaggiare dopo un iniziale ritorno in città, poi c'è stato un rientro. Dal canto mio ho sempre tenuto base a Palermo, cosa che ha anche rappresentato un valore aggiunto come punto di riferimento anche per altri protagonisti del panorama culturale».

Oggi, con l’attuale amministrazione, Scuderi sta provando a rimettere in moto il Nuovo Montevergini con l'obiettivo di dare una nuova vita a quello spazio culturale così unico. «Ringrazio molto l'amministrazione comunale - dice - perché fin dall'inizio ha riconosciuto il progetto del Montevergini. Quando si sono insediati il sindaco (Roberto Lagalla ndr) e l'assessore alla Cultura Giampiero Cannella mi hanno coinvolto, chiesto una mia visione, abbiamo parlato.

Sembra una cosa da poco invece non lo è, anche perché hanno ritenuto fondamentale che spazi come il Teatro Garibaldi e il Nuovo Montevergini dovessero riaprire al pubblico, al di là del servizio artistico, anche se importante, che ha visto il Biondo usarlo per le prove e la scuola».

Un elemento in più è poi il fatto che il Nuovo Montevergini incide nel percorso arabo-normanno, diventando un luogo culturale di un certo rilievo. «Intanto stiamo portando lì alcuni eventi ed è già importante. Abbiamo fatto le Orestiadi a Palermo, ora il prossimo passo è un'anteprima del Festival che si chiama "Ante Primavera" come la sezione primaverile del Montevergini quando lo gestivo, un assaggio del festival di luglio. Un'altra iniziativa che «stiamo portando avanti al Nuovo Montevergini è premio under 35 rivolto alle giovani generazioni».

Il dialogo con l'amministrazone comunale «su questo spazio e sul Teatro Garibaldi è in itinere e positivo e sono ottimista per il futuro. Bisogna trovare un modo perchè poi non chiudano più, perché non sia un nuovo fuoco di paglia».

Gli incontri, la curiosità e i sogni continuano quindi a guidare ancora oggi Scuderi, che, dopo quasi trent’anni spera «di poter sognare ancora molto e poter dare ancora un contributo alla vita culturale della mia amata città».
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