LE STORIE DI IERI

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Certi record nella gestione della spazzatura

  • 17 gennaio 2005

Pare che di questi tempi siano numerose le imprese continentali pronte a comprare le immondizie isolane per ricavarne energia bruciandole in appositi impianti. Ma si tratta di notizie che per istinto si accolgono con certa diffidenza. Ciò perché sono parecchi i record non esaltanti che le nostre autorità hanno conseguito, nei secoli, in materia di spazzature e di difesa della pubblica igiene. Tra gli amministratori più solleciti nel salvaguardare la salute dei nostri antenati si contano, per esempio, vari viceré spagnoli. Memorabili perciò certi bandi seicenteschi che disponevano – senza grossi risultati - perfino dove e come costruire e ubicare accortamente le vasche dalle mefitiche esalazioni in cui si faceva marcire il lino. Mentre esiti maggiori non ebbero le “grida” che prevedevano pesanti pene per i pescatori che su paludi e fiumi, spargendo particolari tipi di piante, narcotizzavano i pesci rendendoli pericolosi per gli acquirenti. Un famoso reggente ispanico le elencò perfino una per una tali piante anestetizzanti, compresi il rizzitello e una certa erba spinello dal nome adesso inquietante.

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Però, trasferendoci in tempi più recenti, un paio di fatti positivi meritano d’essere ricordati. Il primo è una specie di successo di carattere linguistico. Basta infatti aprire il Palazzi Folena alla voce Netturbino - ormai per nostro merito usata in tutta Italia - per apprendervi che il termine deriva da Netturbe, nome della società appaltatrice dei servizi di nettezza urbana a Palermo. E il prezioso dizionario precisa anche che l’appellativo entrò in uso a partire dal 1942, anno in cui su certe cose c’era poco da scherzare. Mentre una buona utilizzazione dei rifiuti – sull’argomento fu il secondo breve successo locale – risale a oltre trent’anni fa. Quando una non meglio nota Biofert Sicilia, adesso dimenticata, iniziò a produrre con le immondizie un ottimo compost utile per fertilizzare le campagne.Si vendeva a sacchetti ed era una polvere che faceva venir su bene anche i gerani di casa. Poi, all’improvviso e chissà perché la fabbrica chiuse gli impianti.

Successive ricerche fatte sui giornali dei primi anni ottanta ci hanno messo infine al corrente di una ancora più grandiosa iniziativa che in una tecnologica discarica controllata, a contrada Rossella di Bellolampo, avrebbe dovuto procurare alla città biogas ricavato proprio dai nostri ineliminabili rifiuti. Qualcosa da realizzare con apparecchiature costose tra le quali anche un’avveniristica macchina, anglo-americana e da tre miliardi, già proficuamente usata specialmente negli Usa.. Un successo che fu tuttavia frustrato dal fatto che le immondizie di Palermo non risultarono buone nemmeno per la produzione di fonti d’energia alternative.Per farla breve, allora mancavano di carta, specialmente di quella dei giornali, e contenevano troppi rifiuti vegetali che impedivano una duratura compattazione dei giganteschi cubi di spazzature dai quali si sarebbe poi ottenuto, con un procedimento nemmeno troppo complicato, il prezioso combustibile.

Naturalmente i giornali ebbero molte buone ragioni per scrivere di miliardi gettati letteralmente nella spazzatura. E il fatto della scarsa carta stampata tra i rifiuti solidi urbani depose molto male per noi agli occhi del resto del Paese, cui dovemmo certo apparire caratterizzati da una accentuata miseria culturale in realtà nemmeno vera. Quali furono gli estremi sviluppi della faccenda del biogas che doveva arrivare da Bellolampo non sappiamo dire. Dovrebbero essere ormai scontati ed è comunque certo che non mancò una complicata vicenda giudiziaria, anche internazionale. Mentre, per tornare alle ripetute notizie di cui all’inizio, adesso non ci resta che sperare che i nostri attuali rifiuti siano buoni almeno da poterci accendere il fuoco. Con tutti i vantaggi ecologici ed economici che potrebbero seguirne.

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