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Da Palermo va a Londra (e ce la fa): "Tano Spitfire" e i gioielli al gusto dei reali inglesi

Ali, maschere, cuori, stelle, lune, ispirati ai gusti dei reali inglesi e gli incredibili teschi, che si rifanno a quella tradizione che va dal Rinascimento alla regina Vittoria

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 28 luglio 2023

L'orafo palermitano Gaetano Chiavetta (Tano Spitfire)

A Hatton Garden, a Londra, nel quartiere dei Diamanti, abita ed ha il suo laboratorio, un orafo palermitano: Tano Spitfire, ovvero Gaetano Chiavetta. Un quartiere singolare, dove con 300 aziende e 55 negozi operano i più grandi rivenditori di gioielli del Regno Unito, vetrina sul mondo degli appassionati e cultori dell’arte orafa.

Partito da Palermo 14 anni fa, crescuito nella drammaticamente famosa via D’Amelio, Gaetano ricorda che "il mostro" era diventato nel suo atroce dominio, quasi normalità; con la passione per gli orologi del padre, amava smontarli per carpirne i misteriosi meccanismi, gioco che portò il genitore a occultarli per preservarli.

Dopo gli studi apre la sua prima bottega a Bara dell’Olivella, dove restaurando e riparando preziosi, imparerà a riconoscere il valore del gioiello antico, studiandone stile e realizzazione, valutando le gemme senza l’aiuto di un esperto.

Qui nasceranno le prime creazioni e la scelta, considerata dalla madre azzardata, di partire per Londra. Gaetano, durante la nostra conversazione dice «meglio essere uno straniero nel Regno Unito, che un terrone a Milano».
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Affermazione forte ma accompagnata da un esempio: «Mi sono trovato a parlare di lavoro con un collega milanese, eravamo due italiani, tra noi non c’erano barriere regionali, c’erano solo i problemi da affrontare in un paese straniero”. Londra non è "l’eldorado", benché sia di preziosi che parliamo, ma devi essere speciale per poterti ritagliare un “corner” (angolo) dal quale poter esprimere chi sei e cosa vuoi.

Gaetano, oggi suddito di sua Maestà, parla attraverso i suoi lavori una lingua antica, le sue creazioni s’ispirano ai gioielli Georgiani e Vittoriani, alcuni anelli sono "Tudor", senza dimenticare la linea del "Memento Mori".

I suoi soggetti sono: Ali, maschere, cuori, stelle, lune, e gli incredibili teschi, che si rifanno a quella tradizione dei gioielli da lutto che spopolarono dal Rinascimento sino alla Regina Vittoria.

Il suo amore per le tecniche più complicate e particolari, l’uso difficile degli smalti che aprono un mondo che appartiene alle arti decorative, rendono i suoi gioielli molto ma molto difficili da imitare, devono essere proprio tanto bravi…” E lui d’impegno e passione ne ha tanta, le sue dita portano i segni di un lavoro che non conosce sosta.

La sua pietra preferita è il Rubino, utilizza solo l’Oro giallo, mai bianco, «al naturale ha un colore insulso, giallino, inoltre nel tempo assumerà un colore strano e poco gradevole, meglio il Platino».

Incuriosita dagli incredibili gioielli con teschi, linea che ha illustri precedenti e che Vanity Fair etichetta tra il “Rock o Goth”, chiedo cosa rappresentano per Lui: «È qualcosa che va oltre l’ammonimento del Memento Mori, "ricordati che devi morire"».

Gaetano non teme il momento del trapasso, considera la morte un riconnettersi a quell’energia da cui tutto ha avuto inizio. Un passaggio obbligato che non è una fine. Una posizione che non può non essere stata influenzata dalla famigliarità che i palermitani hanno con i defunti, che considerano numi tutelari e benefattori, specie per i più piccoli.

Le sue creazioni così particolari e importanti, dice, continueranno a parlare di lui e della persona che li indossa, sono gioielli che raccontano una storia da tramandare per generazioni: «Alla caducità della vita rispondo con gioielli generalmente di grandi dimensioni, che s’impongono alla vista e che non si fanno dimenticare».

I suoi inizi sono presso la Bentley e Skinner con il successivo rifiuto a Tiiffany, non voleva essere un semplice impiegato che riparava gioielli. La sua prima creazione importante, un Galeone, realizzato dietro ispirazione del suo mentore che in questo prezioso ha visto il definitivo salpare del suo pupillo verso il mare del successo. Restaurare gioielli antichi gli ha fatto apprezzare Il valore delle pietre, anche quelle con un’inclusione, condizione che le rende particolari e uniche.

Tutte gemme naturali, dedicate sia a uomini che a donne; in questo caso con una particolarità: le donne che indossano i suoi gioielli sono sicure, fiere, si sentono realizzate e non hanno bisogno di qualcuno o di particolari motivi per avere un gioiello.

Sempre alla ricerca di stimoli e particolarità, ama andare il sabato mattina a Portobello Market, dove incontra altri "dealer", “se c’è qualcosa di bello la compro”. Sposato, con un figlio di nove anni, vorrebbe vedere realizzata la moglie, che per il momento ha tralasciato la sua carriera artistica per promuovere il lavoro del marito.

Promozione e sviluppo che l’hanno messo in contatto con un Fondo Americano che gli consentirà di fare nuove assunzioni e realizzare il suo sogno: aprire 4 gioiellerie a Milano, Firenze, Roma e Napoli.

Seguendo la grande tradizione degli orafi italiani, le cui creazioni sono oggi al British Museum, convinto che dentro di noi vi siano registrate tante vite passate, per Gaetano, iI gioielli non sono solo oggetti per mostrare ricchezza e potenza, in quei magici bagliori si celano “energie” che proteggono e raccontano vite.

L’ultima domanda a “Tano Spitfire”, che tempo fa realizzò per Palermo 40 Triscele stilizzate, è a quale pietra si possono paragonare le sue due città: «Londra è un diamante grezzo, perché la città è piena di acciaio e vetro, Palermo è un opale di fuoco, perché in quella pietra ci sono i mondi, tanti mondi come quelli bellissimi di Moebius», il fumettista francese creatore con la sua straordinaria fantasia di mondi, personaggi, oggetti,miti greci racchiusi in «un flusso temporale, in un loop infinito».

Palermo, quindi, come Opale di Fuoco, pietra considerata da Plinio "non plus ultra", che attraverso i suoi colori cangianti, offre mondi di immane bellezza e che Chiavetta, orafo palermitano, porta con se nell’algida e gotica Londra.
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