STORIE
È una delle ultime tessitrici della Sicilia: Giuseppina e il suo "magico marchingegno"
Stiamo parlando di uno dei saperi più antichi dell’umanità. Opera che oggi chiamiamo artigianato e che prima era assoluta necessità sapere svolgere per sussistenza
Siamo a casa sua, nel cuore del paese, nella cantina sul retro dove il magico marchingegno riposa nella pausa invernale, in attesa di essere rimesso in opera dalle sue mani esperte non appena arriva la primavera, la stagione che riscaldando l’aria permette ai filati di non arricciarsi con l’umidità rendendoli impossibili da lavorare.
Emigrata in Germania nella seconda metà degli anni ottanta per seguire il marito, dopo il parto del primo figlio rientra in Sicilia e riprende quella passione per la tessitura che coltiva da oltre 40 anni e oggi la porta ad essere una delle ultime testimonianze di questa sapienza tramandata di madre in figlia.
Dietro ad un telaio potevano lavorare più persone, condividendo sa il lavoro che i tessuti dei quali ad ognuna toccava un pezzo, quello che filava per se stessa fino al segno fatto con il sambuco o con un pezzo di carboncino, che indicava il passaggio ad un’altra comare.
In ogni caso ognuna aveva un lavoro in mano: il ricamo, l’uncinetto, la maglia, o il cucito e tra un punto e una passata di spola si scambiavano opinioni, si commentavano gli ultimi eventi o gli ultimi “curtigghi” del paese, il pettegolezzo locale che oggi chiameremmo gossip locale.
Per arrivare a toccare il telaio bisognava essere già adulte perché alle ragazze non era permesso lavorare se non da una certa età in poi, avere la maturità per accedere dietro il pettine iniziare a battere l’ordito, come un rito di iniziazione verso l’età adulta. Queste donne eredi dell’arte di Penelope erano costantemente concentrate nell’opera che oggi chiamiamo artigianato e che prima era assoluta necessità sapere svolgere per sussistenza, custodi di un sapere antico come l’umanità.
Possiamo davvero affermare che stiamo parlando di uno dei saperi più antichi dell’umanità da quando all’uso delle pelli e delle pellicce l’uomo, anzi le donne, iniziarono a mettere insieme elementi vegetali e via via scoprire che quello stesso pelo poteva essere filato e trasformato in tessuto, all’incirca dal tempo del Neolitico.
Da allora evolutisi in varie trasformazioni arrivate fino ad oggi, o meglio fino a non molto tempo fa, dai telai casalinghi dei paesi proveniva tutto quello che riguardava il guardaroba e il corredo, realizzando una piccola economia ormai scomparsa che dipendeva interamente dal fatto a mano, partendo proprio dalla realizzazione del tessuto fino al ricamo o al merletto, che lo impreziosiva ulteriormente.
Giuseppina mi mostra alcuni “frazzati” fatti da lei altri da sua mamma, bellissimi tessuti di cotone e lana con disegni e dimensioni differenti, utilizzati come tappeti, ma anche per altri usi domestici come coperte e lenzuola che sono autentici capolavori di precisione e manifattura. Profondamente avvolta nelle nostre radici l'arte del tessere è intrecciata alla nostra cultura, la Sicilia è storicamente una delle terre nelle quali si è sviluppata, dentro i tessuti c’è una storia lunga quanto quella dell'isola.
Se pensiamo che tutta la nostra storia è un racconto fatto di trame e di intrecci, di maglie che hanno unito insieme popoli diversi, tradizioni e usi che sono diventati patrimonio, costume e usanza e hanno fatto della Sicilia un esempio di integrazione di elementi diversi che hanno costruito un unicum non ripetuto da nessun'altra parte del mondo.
Partendo dall’epoca in cui la tessitura arrivò portata dagli arabi a dorso di cavallo e cammello, culminò in quei tiraz dove la produzione dei tessuti di seta a Palermo venne continuata con la corte normanna, la tessitura è una perfetta assonanza di incontri tra luoghi e persone che si è protratta fino ad oggi. Del valore attribuito a questo patrimonio Giuseppina ne è assolutamente cosciente, come del fatto che lasciarlo scomparire sarebbe una grave perdita sia sotto il profilo storico antropologico che manifatturiero.
«La tessitura potrebbe valorizzare e i nostri luoghi non soltanto dal punto di vista delle tradizioni ma anche come lavoro che dal passato si trasforma in futuro, creando un indotto di eccellenza per mercati di pregio, sfatando la convinzione crescente sul nostro territorio che tutto questo non interessa più a nessuno». Lei trascorre almeno un’ora al giorno dieto all’ordito dividendosi tra la famiglia, il suo lavoro alla forestale e l’incarico come consigliere al comune, ma ogni giorno una parte della sua vita si ferma su quei filati ed entra in una dimensione terapeutica che, in effetti, oggi è così sostenuta innescando come tutti i lavori ripetitivi, quella catarsi necessaria per allentare ansie e depressione, recuperando l’interiore equilibrio psicofisico ma anche la possibilità di imparare qualcosa, fare nuove conoscenze con quello scambio umano che prende il posto della solitudine nei vissuti delle persone.
Così come quel trovarsi in passato del quale lei ci racconta, chiacchierando intorno al focolare che un telaio rappresentava, un focolare umano che riscaldava la vita delle persone e realizzava quel muto soccorso utile alla comunità. Telaio a parte Giuseppina è conosciuta per tante altre abilità tra le quali quella nel fare il pane, dalla capacità di preparare perfettamente l’impasto con il crescente d famiglia, alla preparazione e accensione del forno a legna, fino alla cottura delle forme, maneggiando i segreti della panificazione con la stessa competenza e passione che ha sui suoi filati.
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