ITINERARI E LUOGHI
Il "bivio divino" in cui mare e cielo si fondono: tour in un angolo (inedito) di Sicilia
Vi portiamo in un'area archeologica di grande valore storico e dal paesaggio mozzafiato. Un itinerario nuovo che si può percorrere in bici oppure a piedi
Il Parco archeologico di Selinunte (foto Facebook)
Ciononostante, la curiosità, il fascino e l’attesa possono “creare” - nei turisti “dotati” di buona volontà - l’obiettivo di raggiungere la suddetta zona grazie a una lunga camminata. L’idea nasce dalla possibilità di vivere in simbiosi con l’ambiente, oltre alle visite dovute in aree archeologiche abbastanza “note”.
Sono diversi i percorsi che conducono all’esterno del parco, in una zona conosciuta anche per fatti storici rilevanti. È giusto andare con ordine e lasciarsi influenzare dalle divinità greche, compagni di viaggio immaginari. Una volta messo piede all’interno della Collina Orientale, è possibile scegliere tra due/tre opzioni.
Nello splendido scenario mediterraneo, cielo e mare fondono le loro “forze naturali” e conquistano i paesaggi. Due passettini e l’agorà diventa meta di visita. L’itinerario prosegue lungo una strada sterrata fino a raggiungere un casolare. Ecco il bivio “divino”.
In assenza di un’indicazione precisa (tiratina d’orecchie dovuta) l’intrepido turista può scegliere di proseguire a sinistra verso una strada in discesa che porta alle fortificazioni e, a sua volta, al confine con i territori “triscinari”.
Chi opta per il versante destro, dopo un’intensa “scorpacciata” finalmente potrà visitare i siti posti come obiettivi iniziali.
La seconda opzione - con tempi abbastanza lunghi - afferra il concetto di fatica come stile di vita. Dall’ingresso posto sempre nella Collina Orientale (magari evitando la visita della stessa), una leggera discesa immette nell’asfalto che conduce verso le mura con passaggio/vista del Bosco Marinella.
L’insaziabile profumo marino è il perfetto biglietto da visita che, nell’ultimo tratto, porta dritti all’Acropoli. Ammirare il passaggio della “vita selinuntina” induce a spunti di riflessione storico-archeologici, ma l’obiettivo è proseguire con il cammino. Superata la via centrale e il “suo” celeberrimo albero contorto, si prosegue nella via "Macchia Mediterranea". La citazione è personale, non istituita.
Lo spunto proviene dal Giardino della Kolymbetra. È un tratto di circa 150 mt. ricco di vegetazione. Ecco spuntare il versante opposto dell’agorà (rispetto al precedente). Un giro “quasi” circolare e la passeggiata continua sullo sterrato verso il bivio.
Una terza opzione è la visita del Santuario della Malophoros e poi, dopo un breve tratto - con percorso a forma rettangolare - raggiungere la necropoli. L’ultimo segmento è quello che pervade i pensieri. Il contesto ambientale - in aperta campagna - racchiude le “nobili” caratteristiche dell’impianto castelvetranese.
Coltivazioni, mescolanza di colori, piccoli laghetti artificiali, pianori e bagli. La contrada di Galera-Bagliazzo è a un passo dalla conquista.
Inizia un nuovo itinerario, quello dell’osservazione attenta e minuziosa. Nel “bel” mezzo delle distese affiora un sito ricco di sfumature. Sono i lavori effettuati dall’archeologa Antonia Rallo, che interessa un’area di circa 4000 m². Durante gli scavi condotti tra il 1974 e il 1982 è stato rinvenuto un ampio lembo di abitato del periodo arcaico e classico sotto una fase di ricostruzione del IV secolo e una necropoli del periodo ellenistico.
Le ricerche hanno mostrato come una parte integrante della città greca sia stata fortemente compromessa dall’attacco cartaginese e in seguito trasformata secondo nuove esigenze e circostanze. Gli stessi fenomeni sono stati osservati durante le indagini dell’Istituto Archeologico Germanico, dirette da Dieter Mertens, nelle fortificazioni tardo classiche ed ellenistiche.
Di particolare interesse è un muro fortificatorio della fine del V sec. a.C. che attraversa il pianoro di Manuzza a nord dell’agorà greca e divide a metà l’abitato del periodo arcaico-classico. Questo muro, in uso soltanto per un breve periodo con funzione difensiva, sembra aver avuto la funzione di limite anche per l’insediamento ellenistico.
Sono evidenziati - in cinque fasi - i momenti “storici” degli scavi. Marca un possibile punto di una prima fase costruttiva identificabile solo su uno spazio limitato e databile agli inizi del VI secolo a.C. È evidenziata una fase di sviluppo delle strutture architettoniche e dell’infrastruttura abitativa durante la seconda metà del VI e il V secolo a.C.
La distruzione violenta delle strutture in questione, probabilmente nel corso dell’attacco cartaginese con saccheggio delle rovine. E, infine, la fase di riutilizzo del complesso costruttivo nella prima metà del IV secolo a.C. e la trasformazione della zona in necropoli ellenistica.
Nonostante la descrizione, i contenuti sono abbastanza ampi e vanno approfonditi nelle sedi opportune. Il cammino continua e - raggiunta Casa Paola - superato un cancello (delimita i confini con il parco), a circa 300 mt., è visibile la necropoli di Galera-Bagliazzo.
Prima di raggiungerla, alla nostra sinistra si erge un pianoro: il Timpone Cotellesi. La storia narra di un martirio avvenuto in quelle zone. Qualche metro di cammino, pochi passi e finalmente l’ultimo obiettivo (la necropoli) è raggiunto! Già nel XVI secolo fu individuata da Tommaso Fazello. Era collegata a Manuzza da una strada larga (spezzoni visibili).
Le sepolture si dispongono sulla sommità dell’altura e sulle pendici. Le deposizioni sono del tipo a “inumazione” dentro tombe scavate nel tufo o tramite fosse rivestite e coperte da lastre tufacee. Molte di esse presentano un doppio fondo e anche due loculi, mentre altre sono a camera piramidale. Alcune di esse sono state violate.
Mentre la fatica prende il sopravvento in attesa del ritorno, lo sguardo volge verso un baglio fatiscente. Sembra un casolare come tanti, quasi del tutto crollato. I segni della noncuranza si fanno sentire.
Invece - nel lontano 1882 - un bambino di nome Benedetto Prussiano, durante i “soliti” lavori nei campi agricoli, rinveniva una delle statuette più importanti del periodo greco: l’Efebo. Una storia raccontata da tanti autori e che oggi, dopo una lunga fatica, diventa simbolo di un parco archeologico avvolto da tanti misteri.
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