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Il "gigante abbandonato" sulla costa in Sicilia: qui trovi le tracce della Grande guerra

Nel dicembre del 1987 è stato dichiarato dall'Assessorato regionale ai Beni Culturali “opera di alto interesse storico-monumentale". Ecco la sua storia

Federica Puglisi
Giornalista
  • 17 dicembre 2022

L'hangar di Augusta

La Grande guerra, gli aerei militari che solcavano i cieli, i dirigibili, mezzi utilizzati per scopi bellici ma anche di grande fascino per adulti e bambini.

E da questo luogo, nel cuore del Mediterraneo, partivano tantissimi dirigibili. Immaginate quanto fosse affascinante vedere questi mezzi, anche se la Prima guerra mondiale è stata per l’Italia un’impresa militare difficile da sostenere. Ma è proprio per potersi difendere, per proteggere le coste della penisola, che venne costruita questa base militare. Siamo ad Augusta, in provincia di Siracusa.

Lungo la strada provinciale ex 193, in una distesa di circa trenta ettari, si trova un idroscalo per dirigibili e poi per idrovolanti. Un vecchio hangar la cui costruzione è da datare tra il 1917 e il 1920. Oggi nonostante il tempo trascorso, i terremoti che hanno colpito la zona, l’hangar è ancora lì in tutta la sua maestosa imponenza.

Quasi a voler lasciare alle nuove generazioni un ricordo di un tempo ormai passato, che però ha segnato un momento importante della storia d’Italia. E infatti l’hangar, proprio per la sua importanza, nel dicembre del 1987 è stato dichiarato dall'Assessorato regionale ai Beni Culturali “opera di alto interesse storico-monumentale per l'eccezionalità delle caratteristiche costruttive che lo contraddistinguono”.
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È considerato un “prezioso esempio di architettura, e valida testimonianza sullo stato dell’arte delle grandi costruzioni in cemento armato dell’inizio del secolo”. Un modo per porlo sotto tutela e per avviare un lungo iter finalizzato alla sua manutenzione e dunque conservazione.

Attualmente però, gli interventi fatti nel tempo, non sono bastati: nel 2013 il sito è stato chiuso alla fruizione, mentre nel marzo 2016, il sindaco del tempo ha emanato un’ordinanza per interdire l’area del Parco dell’hangar. Il tutto per motivi di sicurezza.

L’hangar attualmente, dunque, non può essere visitato ma avvicinandosi alla zona, oppure osservandolo anche da lontano trasmette un certo fascino. Perché rappresenta un’opera ingegneristica di valore storico e tecnico. A costruirlo lo studio brindisino dell’ingegnere Antonio Garboli di Milano, tra i più importanti del tempo. E la sua costruzione fu voluta dalla Regia Marina per proteggere la zona.

Per la sua imponenza e resistenza è stato anche al centro di numerosi studi. Divenne base, alla fine del primo conflitto mondiale, per i dirigibili utilizzati per fini di addestramento e ricognizione. Poi nel 1925 l’area venne convertita in idroscalo. Durante la Seconda guerra mondiale, Augusta venne bombardata dagli Alleati, mentre dopo lo sbarco in Sicilia l’hangar fu sede della Royal Air Force.

Dopo la guerra è stato usato dalla società inglese “BOAC” come scalo civile. Negli anni successivi iniziò il suo declino. Ben presto abbandonato e lasciato all’incuria. Fino agli anni Ottanta e alla decisione della Regione di avviare l’iter per la sua tutela. Per un periodo la gestione era stata affidata ad un gruppo di volontari.

Inoltre è stata anche avviata la campagna di firme per inserirlo tra i “Luoghi del cuore” del Fai, il Fondo ambiente italiano.

Tra le altre importanti iniziative per tutelare il bene anche quella dell’amministrazione comunale guidata da Cettina Di Pietro che, qualche anno fa, insieme all’associazione Hangar team Augusta, aveva fatto richiesta per inserire l’hangar nella lista dei beni Unesco.

Ma la proposta non era stata accettata in base a quanto avevano fatto sapere dall’Unesco, poiché l’Italia aveva troppi beni inseriti nella lista e si poteva includere solo se accoppiato ad altri edifici simili in Europa. L’hangar di Augusta, però, come detto è unico nel suo genere perché uno dei primi ad essere stato costruito in cemento armato. Ma quanto è grande l’hangar?

La base è di 105,5 metri di lunghezza, 45,2 metri di larghezza e 37 metri di altezza. Quindici telai in calcestruzzo con interasse di 6,60 metri reggono la struttura portante che presenta una copertura a botte. Chissà quanto tempo dovrà ancora trascorre finché questo “gigante abbandonato” possa tornare alla pubblica fruizione.

Anni fa è stato meta di studiosi affascinati dalle sue caratteristiche costruttive. È un esempio di grande ingegneria e con il suo parco può considerarsi unico al mondo. Nell’attesa di un intervento radicale e di intesa tra le istituzioni interessate, non resta che ammirarlo da lontano. Sicuramente non passa inosservato.
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