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Il "Rifugio di Khalil" sorge sopra un colle: il castello che difendeva la piana di Catania

A partire dall'XI secolo la maestosa fortezza ricopriva una funzione strategica e difensiva. Oggi non sono più visibili la porta d’ingresso, il ponte levatoio e il mastio circolare

Livio Grasso
Archeologo
  • 4 giugno 2023

Castello Mongialino

Ubicato sopra un colle impervio e roccioso, il castello di Mongialino è uno dei monumenti più carismatici del territorio di Mineo (Catania).

Basti pensare che, nella scarpata sottostante il maniero, sono stati rinvenuti innumerevoli reperti risalenti all'età del Bronzo ( III millennio a.C.). Ulteriori indagini nel versante territoriale hanno rilevato la presenza di insediamenti umani ascrivibili al Paleolitico superiore e al Neolitico.

In ogni caso, secondo le fonti pervenute, a partire dall'XI secolo la maestosa fortezza ricopriva una funzione puramente strategica e difensiva.

Difatti, prestando fede alle testimonianze storiche, fungeva da postazione deputata alla sorveglianza degli accessi alla piana di Catania. Uno dei primi geografi a menzionarlo nei propri diari di viaggio fu l'arabo Muhammad al- Idrisi. Nei suoi scritti veniva identificato con l’appellativo "Malga Al- Khalil" che, letteralmente, assume il significato di "Rifugio di Khalil".
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Nel 1200 ricaviamo notizia che il "forte" militare fu sotto il comando del normanno Manfredi, signore di Mazzarino. Di converso, qualche secolo dopo, ne divenne proprietario il nobile Blasco Lancia.

Incuriosisce, altresì, notare come alla base della roccaforte si scorgano dei ruderi e un piccolo borgo che ospita una chiesa di fattura seicentesca.

Probabilmente, nel corso degli anni, l’area del complesso fortificato è stata sottoposta ad un processo di sfruttamento intensivo da parte dell’uomo. Non a caso, nelle vicinanze si distende un antico sentiero battuto che conduce in direzione della collina soprastante.

Il terreno, per di più, è solcato da diversi riempimenti laterali che ricoprivano le buche presenti nel suolo. Si trattava, dunque, di un brillante espediente atto a favorire un'agevole percorrenza con cavalli e carrozze.

Quanto alla struttura del fortilizio, esso è composto da un dongione circolare ed una poderosa cinta muraria a forma irregolarmente poligonale. Tuttavia, allo stato attuale, non sono più visibili la porta d’ingresso, il ponte levatoio e buona parte del mastio circolare.

A tal riguardo, l’abate Vito Amico, in una delle sue opere specificava che il mastio era costituito da quattro elevazioni. Inoltre, specificava che esse erano scandite da una coppia di solai lignei.

Infatti, a seguito di dettagliate disamine, sono state rinvenute delle grandi cornici su cui, con molta probabilità, poggiavano i solai. Non passa in secondo piano l’imponente torrione semicircolare che incrementa notevolmente il fascino della roccaforte.

Di grande rilievo anche la massiccia colonna di circa otto metri da cui si dipartono una serie di archi a sesto acuto. Questi ultimi ricoprono la funzione di sorreggere la volta e la base del piano superiore.

Ad ogni modo, la torre risulta essere dotata di un ambiente anulare e, al contempo, formata da una coppia di strutture concentriche; all’interno si scorgono alcune saiettiere strombate ed una cisterna cilindrica che, originariamente, raccoglieva le acque piovane provenienti da un apposito terrazzo.

Più avanti è presente un ingresso oltre il quale si apre un cortile che, anticamente, custodiva varie caserme e molteplici stalle per la guarnigione. Tuttora, risaltano le merlature delle mura perimetrali appartenenti a questi vetusti fabbricati.

In ultimo, a breve distanza, si apre un vano sotterraneo che fungeva da seconda cisterna. Oltre a ciò, lungo la parete esterna emerge una profonda frattura che si origina da una feritoia posta in alto.
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