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La Sicilia ha una nuova DOP: cosa hanno in comune (e cosa no) Bronte e Raffadali

Il pistacchio di Raffadali si distingue per alcune caratteristiche organolettiche da quello di Bronte, ma il nuovo riconoscimento non mette in competizione le due produzioni

  • 24 marzo 2021

Il Pistacchio di Raffadali

Dopo alcuni anni di, doverosa, trafila burocratica anche il Pistacchio di Raffadali entra nell’Olimpo dei prodotti a marchio DOP, con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (Regolamento n. 2021/474).

Il patrimonio dell’oro verde, come viene definita la produzione del pistacchio in Sicilia, oltre a quello già noto di Bronte si arricchisce, infatti, con la produzione, che presto verrà certificata, anche delle colture impiantate nel territorio dell’agrigentino e del nisseno, per un totale di una trentina di comuni (Raffadali, Joppolo Giancaxio, Santa Elisabetta, Agrigento, Cianciana, Favara, Racalmuto, Sant’Angelo Muxaro, San Biagio Platani, Cattolica Eraclea, Casteltermini, Santo Stefano Quisquina, Aragona, Comitini, Grotte, Montallegro, Alessandria della Rocca, Siculiana, Realmonte, Naro, Porto Empedocle, Castrofilippo, Campobello di Licata, Ribera, Canicatti, Palma di Montechiaro, Ravanusa, Camastra; Montedoro e Serradifalco in provincia di Caltanissetta).
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«Ci teniamo a sottolineare - ci ha detto Salvatore Gazziano, rappresentante del comitato promotore della DOP, composto da Calogero Frenda (presidente), Carmelo Bruno e Franco Nocera - che questo è un traguardo molto importante per noi, che abbiamo sempre creduto in questo processo ma per la Sicilia intera.

Questo riconoscimento non metterà di certo in competizione le due produzioni perché il pistacchio di Raffadali è diverso, per tanti fattori da quello di Bronte. Non c’è a mio avviso un pistacchio più buono o valido dell’altro».

Il percorso per arrivare alla nomenclatura riconosciuta è cominciato nel 2016, anno in cui alcuni produttori hanno cominciato a fare rete e a mettere insieme le proprie forze.

«Nel 2017 è arrivato il primo riconoscimento da parte dell’Assessorato regionale all’Agricoltura e altri produttori, nel territorio del nisseno, si sono aggiunti ala nostra Associazione di Tutela che adesso diventerà Consorzio a tutti gli effetti, così come richiesto dal disciplinare».

Entrando nel merito delle differenze che distinguono una produzione di “fastuca” - antico nome della pianta del pistacchio, di origine araba, chiamata anche “scornabeccu” o “frastucara”, dall’altra ve ne sono diverse, e non solo organolettiche.

«Il pistacchio di Raffadali si distingue da quello di Bronte per l’elevata presenza di polifenoli (composti fitochimici molto importanti per la salute dell’organismo) e acidi grassi essenziali (con prevalenza di acido palmitoleico).

Ha una forma più allunata e il corpo presenta un colore verde intenso; il gusto è più dolce rispetto a quello di Bronte e la lavorazione è più agevole grazie alla disposizioni dei terreni».

Queste differenze, come ci ha spiegato Gazziano derivano, in primis, dalla diversa natura dei terreni di coltivazione: di origine vulcanica per quanto riguarda Bronte, di natura calcarea, invece, per quanto riguarda il pistacchio di Raffadali.

«Sono dettagli molto importanti che fanno la differenza, non eleggendo comunque una produzione migliore rispetto all’altra.

La disposizione dei nostri terreni ci consente una lavorazione totalmente artigianale e più accessibile, per quanto, in generale, la pianta del pistacchio, per la sua conformazione, non consente l’uso di macchinari.

Questo ci assicura una produzione più costante e non ad annate alterne, così come è per l‘ulivo e per le piantagioni di Bronte.

Inoltre poiché la nostra produzione è ancora non industriale, in termini di quantità, tutte le fasi della lavorazione passano dalle nostre mani, coinvolgendo spesso l’intera famiglia nella fasi successive alla raccolta.

È importante sottolineare per noi che non ci sentiamo in competizione con nessuno. La produzione del pistacchio in Sicilia è inferiore di gran lunga alla richiesta, a livello mondiale, per quanto esistano nel mondo altre produzioni della stessa pianta (penso a quelle della Turchia) con, però, diverse proprietà e qualità».

La scelta del nome, poi, per la denominazione DOP non è stata certo casuale.

«Secondo il disciplinare abbiamo intanto dovuto certificare le differenze che rendevano unico il nostro pistacchio; in più per la definizione del nome abbiamo dovuto portare testimonianze (dalle fatture a tracce storiche, includendo la letteratura scientifica) in cui fosse riportato da 25 anni, consecutivamente, sempre la stessa definizione.

Così è nato, ufficialmente, il pistacchio di Raffadali».

Il riconoscimento a DOP porterà presto a dei passaggi formali importanti che permetteranno, in un futuro prossimo, di pesare con mano la produzione del pistacchio di Raffadali.

«Dal momento che diventeremo ufficialmente Consorzio, attraverso l’apposito Organismo di Controllo la nostra produzione verrà certificata e formalizzata.

Il nostro obiettivo principale è dare maggiore dignità ai produttori, che con grande sacrificio lavorano, e una maggiore visibilità alle eccellenze di questa nostra Isola.

In quest’ottica, pandemia permettendo, riprenderemo al più presto il Fastuca Fest, la grande festa in onore del pistacchio che abbiamo dovuto interrompere nostro malgrado».
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