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Le battaglie di Himera (quelle vere): perché Erodoto e Diodoro non dissero tutta la verità

Secondo una recente ricerca storica i due avrebbero taciuto sulla presenza degli stranieri. L'archeologo Stefano Vassallo ci spiega l'importanza di questa scoperta

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 30 maggio 2021

La battaglia di Imera disegnata sulle confezioni di dadi della Liebig

Secondo recenti studi dell’Università della Georgia gli storici Erodoto e Diodoro Siculo non scrissero tutta la verità a proposito delle due battaglie di Himera. Ad asserirlo è la scienza dopo 2500 anni che attraverso lo studio degli isotopi di calcio e stronzio, fissati nello smalto dei denti, hanno portato alla luce nuovi aspetti storici fino ad oggi inediti.

Infatti, analizzando i resti umani di 62 soldati, (51 protagonisti della prima battaglia del 480 a.C. e 11 relativa allo scontro del 409 a.C.) e confrontandoli con 25 abitanti di Himera è emerso che un terzo dei soldati della prima battaglia erano locali, contro i tre quarti della seconda battaglia.

Ciò attesterebbe che durante i due famigerati scontri tra greci e cartaginesi, molti combattenti provenivano da lontano, addirittura fuori dell’isola e pertanto mercenari a rinforzo dell’esercito greco.

Secondo un recente studio, a cui ha partecipato anche l’archeologo Stefano Vassallo, della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Palermo, Erodoto e Diodoro Siculo avrebbero taciuto della presenza degli stranieri, certamente per non indebolire l’orgoglio dei Greci che da sempre consideravano gli stranieri dei barbari.
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Erodoto, nella sue “Storie” a proposito dello scontro del 480 a.C., scrisse che i Cartaginesi avevano arruolato dei mercenari (fenici, libi, Iberi, Liguri, Elisici, Sardi e Corsi) per sferrare l’attacco finale, mentre gli imeresi si erano difesi grazie al supporto dei soli alleati greci di Sicilia.

Abbiamo chiesto all’archeologo Stefano Vassallo, perché è così importante questa scoperta?
«L’analisi delle ossa degli scheletri che abbiamo collegato ai caduti della battaglia del 480 a.C. si è rivelata di grande interesse in quanto ha rivelato che il gruppo umano, dal punto di vista dello studio degli isotopi di calcio e stronzio, non è analogo ai campioni prelevati dagli individui sepolti nella necropoli imerese, verosimilmente gli abitanti della colonia.

Fermo restando che ci sarà bisogno di ulteriori conferme sulla composizione della popolazione non soltanto dei caduti in battaglia ma anche degli Imeresi, direi che volendo proiettare tale ricerca in termini storici, e considerato che per motivi storici e archeologici è probabile che nelle fosse comuni vennero sepolti soldati della coalizione greca (Himera, Siracusa e Agrigento) e non mercenari dell’esercito cartaginese, abbiamo una doppia spiegazione.

La prima è che si tratti di combattenti dell’esercito greco dei contingenti di Agrigento e di Siracusa, morti lontani dalla patria e che non era possibile riportare in patria essi, pertanto, vennero seppelliti ad Himera in fosse collettive.

Quindi, si tratterebbe di soldati presenti negli eserciti greci di Siracusa e Agrigento, ma se fossero mercenari provenienti da altre aree del Mediterraneo e assoldati da Gelone o Terone non vi è certezza.

Sicuramente al soldo di Gelone combatterono in varie battaglie mercenari, ed è probabile che fossero presenti anche ad Himera (nonostante le fonti storiche sulla battaglia, Erodoto e Didoro Siculo, non ne facciano cenno) tuttavia se si tratta proprio degli individui di cui abbiamo scavato i resti nelle fosse comuni resta un problema ancora aperto.

Il dato è comunque incoraggiante perché dimostra come l’incrocio tra dati storici, archeologici e antropologici possa risultare davvero utile per restituire parti di verità storica a cui gli antichi scrittori non fanno cenno».

Perché gli storici non hanno fatto cenno sulla composizione dell’esercito greco? Il “diritto di cronaca” a quel tempo era condizionato? La storia è scritta da vincitori?
«In questo caso, non penso che il fatto di non avere specificato da parte di Erodoto e Diodoro la presenza di mercenari nell’esercito greco possa essere stato dettato da motivi ideologici, come per tanti altri aspetti della guerra, come ad esempio l’enorme numero di soldati dell’armata punica, certamente esagerato per esaltare il valore della vittoria di Gelone. Per altro, in altre descrizioni dell’azione di Gelone, è lo stesso Diodoro Siculo a parlare di mercenari.

Pertanto, non ritengo che vi sia stata l’intenzione di tacere questo dato per la battaglia di Himera. Va, inoltre, ricordato che Diodoro Siculo visse nel I sec. a.C., cioè ben 400 anni dopo la battaglia del 480 a.C. La sua biblioteca storica si basa su un incredibile raccolta di fonti storiche più antiche, soprattutto greche che Diodoro ebbe modo di consultare.

La storia è scritta dai vincitori? Certo è sempre accaduto e sempre accadrà, ma proprio questo elemento è ben chiaro a chi studia la storia di ogni epoca, e la correttezza del metodo storico consiste proprio nel capire quali dati sono in qualche modo obiettivi e quali, invece frutto di visioni ideologiche o celebrativa».

Quanto è stata importante, per i greci di Sicilia aver sconfitto i cartaginesi nel 480 a.C.?
«Certamente gli storici greci hanno dato uno straordinario risalto alla battaglia, celebrando il trionfo dell’elemento ellenico di Sicilia sui barbari d’occidente, i Cartaginesi, lo stesso anno in cui Ateniesi e Spartani sconfiggevano in madrepatria i Persiani.

La vittoria di Gelone ad Himera fu certamente di straordinaria importanza, uno di quegli scontri epocali della storia della Sicilia antica, perché se avessero vinto i Cartaginesi la storia dell’isola, non soltanto dal punto di vista politico ed economico, ma anche culturale, sarebbe stata molto diversa.

Se pensiamo infatti che ad Himera erano presenti le poleis più potenti dell’isola, Siracusa e Agrigento e che in caso di una loro sconfitta tutta l’isola sarebbe probabilmente caduta sotto il dominio di Cartagine, è evidente che la Sicilia non avrebbe vissuto quello straordinario secolo, il V a.C., in cui arte, cultura, architettura, letteratura, teatro ecc. fiorirono lasciando in eredità nei secoli seguenti uno straordinario patrimonio. Cosa sarebbe accaduto in caso di sconfitta? Nessuno lo può ipotizzare, ma la storia non si fa con i se».

Perché dopo la disfatta del 409 a.C., la città di Himera, non venne più abitata?
«Settanta anni dopo, nel 409 a.C., l’esercito punico, guidato da Annibale assediò e conquistò, dopo una grande strage di cittadini, Himera.

Il sito della colonia venne abbandonato per sempre e mai più, caso unico tra le colonie greche di Sicilia, una grande città fu in vita in quei luoghi, dove fiorirono probabilmente soltanto sporadici fenomeni di occupazione legati ad insediamenti a carattere rurale.

Perché Himera venne abbandonata? Non abbiamo certezze, tuttavia, sulla base delle mie conoscenze è probabile che nella scelta di lasciare il sito originario giocò anche l’assenza di un porto naturale sicuro; l’approdo imerese era infatti situato alla foce del fiume Imera Settentrionale. Ma possiamo pensare che anche altri motivi, legati alla topografia dei luoghi, abbiano consigliato l’abbandono dell’antico sito, occupata da circa 240 anni. Forse in questa prospettiva va vista la fondazione quasi contemporanea, alla fine del V sec. a.C. ,di due nuove città costiere ad Ovest e ad Est di Himera, rispettivamente Termini Imerese e Cefalù, dotate di una posizione strategica più forte e di approdi naturali più sicuri».

Nella sua ricerca archeologica effettuata a Himera, quale è stata la scoperta che più l’ha emozionata?
«Tutte le scoperte storiche che ho avuto la fortuna di realizzare hanno avuto un carico di emozioni notevole, soprattutto quanto è stato possibile riferirle a fatti storici.

Ma non vi è dubbio che l’entusiasmo con cui giorno dopo giorno abbiamo riportato alla luce circa 9000 tombe nella necropoli occidentale di Himera, comprese quelle dei protagonisti della battaglia del 480 a.C., è stato davvero grande.

Siamo infatti riusciti a ricostruire i luoghi degli scontri, il campo di battaglia e soprattutto riportare alla luce, insieme agli scheletri dei cavalli che parteciparono alla guerra, anche i resti dei soldati il cui sacrificio ha contribuito a scrivere una straordinaria pagina del nostro passato».
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