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Anche io posso essere il Presidente della Repubblica

Nomi del cinema, del porno, dello spettacolo. E l'elezione del Presidente della Repubblica diventa una barzelletta che fa riflettere sulle sorti precarie della nazione

  • 19 aprile 2013

E anche Fiorello ha ricevuto un voto per diventare Presidente della Repubblica. Pure il grande comico della tv ha ricevuto un unico, significativo, bizzarro voto. In queste ore giustificare, per pigrizia o per indolenza, una classe politica disattenta equivale a rimanere chiusi in un bozzolo di credenze insulse. Non si può più contare sull'ideale che la classe politica dice di portare avanti, se i fatti urlano che gli ideali sono sepolti sotto metri di interessi personali. Non si può continuare ad affermare che le assurde vicissitudini della classe dirigente rientrino nella normalità, leggitimandole, perchè la "politica è questa". NO, la politica non è questa. Noi che l'abbiamo studiata sui libri di storia, di recente, sappiamo che non è questa.

Non basta il non saper raggiungere l'accordo, non basta presentarsi come un'accozzaglia malassortita di gente che ha dimenticato da tempo cosa significhi agire per il Paese. Bisogna anche rendersi ridicoli. Così hanno ricevuto voti persino Rocco Siffredi e Sophia Loren. Persino Trapattoni.

E per confermare l'immagine volgare e grossolana che l'Italia sembra essersi tatuata addosso, ecco che quegli stessi parlamentari che dovrebbero curare il bene comune decidono che per sottolineare la loro opposizione all'elezione di un preciso politico è doveroso e senz'altro dignitoso distribuire panini con la mortadella a piazza Montecitorio. Una barzelletta. Brutta, peraltro.

Posso affermare che al momento io soffro per la mia nazione. Per il mio futuro, per quello dei miei coetanei, per quello dei più giovani. Soffro perché so che l'unica soluzione a tutto questo è fuggire il più lontano possibile da una classe politica che tutela solo sé stessa e non si cura di un paese agonizzante, piangente. Una classe politica che poi, con fare contraddittorio, si dice afflitta per la fuga dei cervelli.

Mi sento male, soprattutto, perché so che la patria deve essere amata. Da chi? Dall'italiano. Ma l'italiano è recidivo. E il coraggio per buttarli tutti fuori, questi dubbi esempi di manifesta rettitudine morale, non lo troverà mai. È al sicuro, quel coraggio. Coperto dalla comodità dello scarica barile, perché il problema non sono io, sei tu. Coperto da uno spesso strado d'abitudine e da un accogliente cuscino fatto dalle sterili lamentele.

Ho 26 anni ho già raggiunto la triste consapevolezza che un Paese con una Costituzione splendida, con arte e storia da fare invidia a qualsiasi altro, è oggi riassunto in quei versi che Dante destinò al sesto canto del suo Purgatorio: "Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello". E se abbandonata in mani scellerate, con lo sfondo di un popolo che sta a guardare, questa nave avrà un solo destino: naufragare. Dunque è forse meglio ammutinarsi?

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