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“Ohi Bambulè!”, una surreale litania palermitana

  • 28 novembre 2005

Fra le tante manifestazioni culturali che stanno animando Palermo, città in pieno e continuo recupero del suo antico fasto, considerando il gran numero di monumenti e palazzi degnamente riportati in vita ormai da qualche lustro, un posto particolare occupa il festival “PalermoMia”, interamente dedicato all’opera del giornalista e scrittore palermitano Salvo Licata. Cronista di talento e poeta, nonchè autore di teatro, Licata, attento osservatore e profondo conoscitore di Palermo e soprattutto della "lingua" palermitana, ha contribuito alla tutela del patrimonio culturale cittadino raccontando col teatro, inventando o reinventando miti e leggende, l'universo di emozioni e sentimenti dell'anima della città. La rassegna, promossa dall’Amministrazione comunale e inaugurata nel luglio scorso con “Il trionfo di Rosalia”, messo in scena nella ex-chiesa di Santa Maria di Montevergini durante il periodo del Festino, per la regia di Luigi Maria Burruano, intende così riproporre alcune delle opere più significative di Licata, non rappresentate più da tempo. Eccoci quindi al secondo appuntamento del festival con il musical “Ohi Bambulè!”, diretto e interpretato da Paride Benassai, con musiche di Mario Modestini, al suo debutto martedì 29 novembre alle 21.15 al teatro Bellini di Palermo (nella piazza omonima), per essere quindi replicato mercoledì 30 novembre sempre alle 21.15 e poi sabato 3 dicembre e domenica 4 dicembre (alle ore 18 e alle 21.15). L’autore, per la professione giornalistica, ma soprattutto per la grande umanità che lo caratterizzava e per l’amore che nutriva per Palermo, conosceva il cuore della città, ne sapeva cogliere l’intima anima celata dietro la tristezza o l’efferatezza di certe realtà. E di ciò questo lavoro ne è un chiaro esempio, essendo stato scritto prendendo spunto da un fatto di cronaca nera, avvenuto nel 1965 al Borgo Vecchio: il duplice omicidio di una giovane prostituta e del suo amante, un marinaio yemenita, uccisi dal “protettore” della ragazza.

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Nel testo la vicenda viene raccontata fra la magia del sogno e il mistero del sentimento per la città che però non viene qui mai nominata, «sia per pudore che per reticenza», come ebbe a dire lo stesso autore, nella presentazione che fece della sua opera in occasione della prima e unica messa in scena avvenuta nel luglio del 1987, alla Città dei Ragazzi, prodotta dalla Fondazione Biondo, per la regia di Carlo Quartucci. Un’eccellente edizione che vide protagonista Rosa Balistreri, assieme a Giustino Durano e a Luigi Maria Burruano, con le musiche di Mario Modestini e le scene di Bruno Caruso. La messa in scena proposta ai giorni nostri da Paride Benassai, si ricollega all’edizione precedente solo per le musiche di Modestini, musiche allora composte su precisa richiesta di Licata. E questo conferma quanto sia intriso di musicalità il testo, a cominciare dal titolo, musica esso stesso, quel “Ohi Bambulè!” che, oltre ai tanti significati che può assumere, sottintende l’infinita compassione che anima lo sguardo dell’autore pieno d’amore e attenzione per questi rivoli di realtà tutta palermitana. Ancora, riguardo alla musicalità del testo (nel quale lo stesso Licata definisce “ritmica” la lingua usata, il tipo di parlata), Quartucci, regista della prima edizione del lavoro, riteneva che fosse scritto come una partitura musicale. Tornando alla messa in scena diretta da Benassai, troviamo poi quattro nuovi brani musicali inseriti da Modestini, e le novità non finiscono qui. L’allestimento odierno, infatti, è ricco di riferimenti al teatro pirandelliano (per la precisione “Sei personaggi in cerca d’autore” e “I giganti della montagna”), riferimenti secondo il regista molto chiari nel testo di Licata. Qui lo spettacolo infatti è come una prova aperta in un teatro nudo, dove un gruppo di attori cerca un finale che non c’è, per restituirlo alla scena. Il regista ha così immaginato lo spettacolo, quindi, «una favola, una surreale litania palermitana, fatta di gesti, ammiccamenti ed esagerazioni isolane tutte facenti parte di un gioco - sogno collettivo».

E di gioco è anche Licata a parlarne, definendo la sua “Ohi Bambulè!” «un gioco e una càbala (accorata) del sentimento della città». Nell’allestimento di Benassai, il fatto di cronaca costituisce quasi il prologo dello spettacolo, la cui essenza è invece rappresentata dalla rievocazione ironica e sognante della Maria Blunotte (ruolo che un tempo fu della Balistreri e adesso è di Costanza Licata), ex cantante di “palchetti” nelle feste di piazza, della quale s’invaghisce il marinaio Faro (interpretato da Sergio Vespertino), fatta dalla più giovane e desiderata delle "belle di notte", svagata e visionaria, Bambulè (interpretata da Rossella Leone). E ancora sul palco del Bellini troviamo Stefania Blandeburgo (Oretea), Giovanna Cossu (Amanta), quindi Flavia Cassetta (il doppio di Maria Blunotte), Ivan Fiore, Alessandro Pennacchio, Pietro Massaro e Massimo Minutella. I musicisti sono: Alejandra Bertolino Garcia (percussioni), Romina Denaro (contrabbasso), Rosamaria Enea (piano), Marcello Mandreucci (chitarra) e Pier Paolo Petta (fisarmonica). Le scene e i costumi sono di Valeria Piro. Il costo del biglietto, acquistabile al Teatro Bellini un’ora prima dello spettacolo, è di 5 euro. Il prossimo appuntamento della rassegna, organizzata dall’Associazione “Salvo Licata”, guidata dalla figlia Costanza, che cura il coordinamento artistico del festival insieme con Salvo Tessitore e Guido Valdini (la direzione di produzione è affidata a Nino Ficarra), è con lo spettacolo “La fame” con Giacomo Civiletti e Rory Quattrocchi, regia di Alfio Scuderi. Seguiranno poi “C’era e c’era Giuseppe Schiera” con Giorgio Li Bassi e Stefania Blandeburgo, regia di Pippo Spicuzza e “Cagliostro” con Lollo Franco, regia di Claudio Collovà.

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