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“Passo a due”, semplicemente magia al Garibaldi

  • 18 luglio 2005

Un satiro dall’inquietante pingue silhouette, che biascica ed implora, saltella e mugugna, declama e bofonchia, evocando gelsomini e lune, zoppi e galline. Così Franco Scaldati si diverte sulla scena nel monologo “Sonno e sogni”, suo il testo e la regia (collaborazione artistica Matteo Bavera, assistente alla regia Marcello Adelfio, fonico Fabio Palma), prima parte dello spettacolo “Passo a due”, con Enzo Moscato, andato in scena al teatro Garibaldi di Palermo l’11 e il 12 luglio, secondo appuntamento della stagione estiva del magico spazio alla Kalsa (in via Castroflippo). Il poeta e attore palermitano incarna l’anima a tutto tondo della sua Palermo, amandone il disgusto, raccontandone, sempre con amore, la miseria degli ultimi in un mondo senza speranza. E ripercorrendo, entro i canoni del suo clichè attoriale, i fantasmi di tante sue creature (Binirittu, Aspanu, Lucio ...), ora con l’ausilio di una voce femminile (la giovane Egle Mazzamuto) dal nulla apparsa e dal vuoto assorbita, rievocando fra gli spazi in rovina del teatro le alte atmosfere del mai dimenticato “Pozzo dei pazzi”, giocando a rincorrere suoni, masticando gesti e parole, con un disgusto compiacente, in un intenso finale illusorio pieno di poesia nel dono di magici fogli con noncuranza porti al pubblico, si congeda da questo lasciando la scena ad un più mite e delicato evocatore di magiche presenze, il napoletano autore-attore Enzo Moscato.

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Infatti lieve e dolcemente poetico il suo tratto, dal continuo sussurro, discreto richiamo per gli “Spiritilli” (questo il titolo della seconda parte dello spettacolo, testo e regia di Enzo Moscato, organizzazione di Claudio Affinito), insieme alla nenia del munaciello, interpretato dal piccolo Giuseppe Affinito junior, deliziosa figurina vagante nel luogo incantato, sollecitando così le magiche presenze a svelarsi. Il testo di Moscato è parte di un lavoro di più ampio respiro, “Ritornanti”, titolo preso a prestito dalla scrittrice Anna Maria Ortese (è lei infatti che con questo nome descrive i folletti, gli spiritilli, che abitano la città di Napoli), nel quale diverse storie vengono narrate in un babelico incrocio di vari idiomi, francese e spagnolo a cui si aggiunge il napoletano, con i personaggi di “Spiritilli” qui rievocati, Nannina e Totore finiti con la loro bimba nel palazzo incantato del munaciello. Ed è una magia elegante quella di Moscato, nella calda sonorità della sua voce, in un napoletano antico ammaliante, in netta contrapposizione alle suggestioni scaldatiane di ben altra natura. L’attore napoletano, svolazzando fra due leggii, unici elementi sulla scena, fra bisbigli e languori, ci regala piccoli e profondi incanti all’insegna di un gusto per la misura e la poesia delle piccole (ma così grandi) cose. Il contrasto fra le due parti dello spettacolo è struggente, ed è così che l’incantesimo si compie e la grande corona dai piccoli bagliori, così sospesa magicamente sulla scena (per “Passo a due” le luci sono di Rudy Laurinavicius, l’allestimento di Simone Mannino), trionfalmente riluce e un applauso fragoroso riempie lo spazio.

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