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“Portella della Ginestra”: scrittura e teatro d’impegno civile

  • 14 novembre 2005

La forza della memoria per non commettere più gli stessi errori e agire in modo consapevole nella realtà che ci circonda. Questo è lo spirito che anima il poema di Beatrice Monroy intitolato "Portella della Ginestra. Indice dei nomi proibiti". Un libro che affronta una delle pagine più dolorose e buie della storia dell’Italia post-unitaria,viva nell’immaginario collettivo, guardando da una prospettiva diversa alla prima strage di stato che si consumò nelle campagne vicino Piana degli Albanesi il primo maggio del 1947. L’opera, presentata il 4 novembre a Palermo presso la libreria Broadway di Via Rosolino Pilo, è stata messa in scena da Gigi Borruso e dalla Compagnia dell’Elica il 5 e il 6 novembre presso il teatro Montevergini di Piazza Montevergini, 8. A Portella, ai suoi morti, al coraggio di questi eroi inconsapevoli, a questi contadini che volevano terra per sé e per i propri figli, dobbiamo tutto. Il lavoro dell’autrice che ha visitato i luoghi e ascoltato le testimonianze di chi è sopravissuto a quegli eventi gioca tutta la sua narrazione facendo parlare quei “nomi proibiti”, quegli undici morti e ventisette feriti, dando voce alle cose, ai luoghi alle campagne, agli armenti e ai sentimenti contrastanti di vita e morte, di gioia e dolore che fecero parte di quella vicenda.

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Portella della Ginestra è da considerarsi come l’inizio di un cammino che ancora in Sicilia come in altre parti del paese non può dirsi concluso, una tappa del riscatto di un popolo che cerca ancora di affermare il proprio diritto al lavoro, alla libertà ed ad una giustizia sociale. Una strage di stato che ancora non conosce colpevoli, una repressione che volle colpire quel Blocco del Popolo che, uscito vincitore dalle elezioni regionali tenutesi quindici giorni prima, chiedeva l’abolizione del latifondo e dello strapotere di pochi nel controllo delle terre per la risoluzione di una “questione meridionale”già presente all’indomani dell’Unità d’Italia. Tutto questo nel lavoro della Monroy diventa tema lirico e corale di tutti quelli che lottano contro le ingiustizie sociali e a quanti siciliani, calabresi, vogliono continuare a vivere nelle proprie regioni ma liberi dallo strapotere mafioso che è violenza e mancanza di libertà e di opportunità. Ottima la scelta di portare tutto questo in teatro, luogo catartico dei sentimenti e che meglio riesce a parlare e coinvolgere la gente, un’opportunità per non dimenticare e per creare un sano dibattito culturale che raggiunga giovani e meno giovani che credono ancora negli ideali e nei valori della libertà. «Credo che sia tornato il tempo del teatro d’impegno civile - spiega Beatrice Monroy - Ho scelto la forma del poema per raccontare l'accaduto perchè, oltre ad essere una tragica vicenda, è una tragedia che è diventata mito e simbolo di tutte le stragi. E poi - conclude l'autrice - Portella rimane una tematica viva e attuale come tutte quelle stragi senza mandanti a cui assistiamo giorno per giorno. La memoria ci aiuta a vivere nel presente».

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