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Non c'è due senza tre: Alessio Bondì torna tra ritmi afro-brasiliani e un pizzico di ska

A quattro anni dal suo esordio in studio, è quasi pronto il terzo album dell'artista palermitano che ha riversato il folk, il blues e il cantautorato nel dialetto della sua città

  • 13 febbraio 2020

Il cantautore palermitano Alessio Bondì (foto di Valentina Glorioso)

Il terzo disco di Alessio Bondì – il cantautore palermitano che ha riversato il folk, il blues e il cantautorato nel dialetto della sua città – è pronto. L’uscita è prevista per la primavera ma è ancora mistero sul titolo, la data esatta e, ovviamente, le canzoni.

Bondì, classe '88, ha esordito nel 2015 con il primo disco in studio, "Sfardo", e a distanza di pochi mesi dall’uscita dell’album ha riempito il Teatro Biondo di Palermo con un concerto visivamente a cavallo fra L’isola del tesoro, Peter Pan e i colori del mercato della Vucciria – diventato tanto memorabile da essere "ripetuto" a inizio 2019, quando Alessio aveva ormai all’attivo il suo secondo album, il più maturo (e scuro) "Nivuru".

Di questo terzo disco, attesissimo dai fan dell’artista palermitano, al momento si conoscono unicamente alcune delle influenze: da una parte la musica brasiliana e i ritmi africani, che la facevano già da padrone in Nivuru, dall’altra una «terza via» che abbraccia il rocksteady e lo ska giamaicano e vedrà Bondì toccare probabilmente le atmosfere più trasognate e di "ritorno all’infanzia" che avevano caratterizzato l’esordio Sfardo.

Prodotto dalla 800A Records e registrato negli studi Indigo di Palermo, il disco è stato prodotto da Fabio Rizzo, scritto da Bondì e arrangiato da Alessandro Presti, trombettista che sta velocemente attirando l’attenzione da tutta Italia, sia per il suo lavoro come direttore della Tatum Orchestra (l’orchestra del Tatum Art, il locale palermitano di stampo prettamente jazz in via dell’Università) sia per la sua presenza stabile in formazioni come il Roberto Gatto Quartet.

«Alessandro – racconta il produttore Fabio Rizzo – ha lavorato al nostro fianco in pianta stabile, dando in certi momenti le sonorità da "big band" all’intero album».
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