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Non è bellissima ma ispira proverbi e ricette in Sicilia: le mille sfumature della "cucuzza"

Modi di dire esilaranti e tante preparazioni lo rendono l'ortaggio tra i più famosi in Sicilia. Qui riportiamo alcuni detti e ricette deliziose. Ma partiamo dalle origini

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 19 gennaio 2024

"Cum sali et melli semper cucurbita erit", direbbero i latini, per i siciliani: falla comu voi, sempri cucuzza è! Stiamo parlando ovviamente della Cucuzza, ovvero la zucca rossa d’inverno, quell’ortaggio che in Sicilia ha una storia tutta sua: ingrediente povero (si fa per dire) e nemmeno tanto nemmeno bello, occupa però un posto d’eccellenza non solo nella cucina tipica ma nella tradizione iconica dei detti e proverbi tramandati con annessi significati che mescolano insieme cucina e folclore, rendendo tutto molto pittoresco, divertente e gustoso.

Alzi la mano chi non ha mai sentito dire frasi come: falla comu vuoi, sempri cucuzza è" o ancora “testa di cucuzza” oppure “testa c’un parra si chiama cucuzza". È uno degli ortaggi più conosciuti, amati e consumati nella gastronomia siciliana le cui varietà come le origini son differenti come altrettante cotture e piatti tipici diversi per tipologia e per stagione.
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La "cucuzza" è per noi siculi una fonte di paragone che caratterizza un genere di persone – quelli insipidi tanto per intenderci – che non hanno grande spessore e brillano per intelligenza, intesi come testa vuota visto che la zucca rossa, ad esempio, è totalmente cava.

Gastronomicamente parlando, è associata al fatto che a crudo la zucchina non abbia gran ché sapore, al contrario di quanto rende in cottura.

La parte meno nota è l’origine della parola, partiamo quindi dall’inizio: il nome e perché in Sicilia la zucchina e la zucca si chiamano cucùzza? Sembra che questa parla provenga dalla trasformazione di un sostantivo del grego kùkuon o kukùiza, successivamente dal latino “cucutia” che significa testa, trasformato da cocuzza a cozuccca.

Il termine cucùzza in siciliano non indica soltanto la zucca rossa quella di cui stiamo parlando in effetti, ma anche un’altra varietà “a cucuzza longa” la zucchina lunga estiva, famosa perché con questa si preparano due dei piatti patrimonio dell’umanità sicula: con le foglie la pasta con i tenerumi, con i frutti la zucchina fritta condimento sempre per un’altra pasta strepitosa, o per contorni succulenti. O ancora la cucùzzata, la confettura di zucchina lunga usata per farcire dolci tradizionali.

Sulla provenienza abbiamo un po’ di versioni. in varietà diverse era conosciuta e coltivata nel bacino del Mediterraneo dai popoli antichi come Egizi, Romani, Arabi e Greci ma l’origine sembra sia in Asia Meridionale, più precisamente dell’India, con usi non soltanto alimentari: da alcune ricerche fatte qua e la, sembra che i romani la svuotassero e la essiccavano per farne contenitori di sale o cereali.

Altre varietà arrivarono in Europa con la scoperta delle nuove terre, le odierne Americhe, quando Cristoforo Colombo ne portò tra le più disparate senza che queste incontrassero un grande interesse gastronomico, stupiva più per la sua stranezza che per il sapore e considerato un ortaggio non gustoso.

Alla fine venne apprezzato e utilizzato solo dal popolo che al contrario dei cuochi delle nobili cucine, fu capace di tirarne fuori tutto il sapore, e solo dopo molto tempo si ricavarono ricette che arrivarono su tutte le tavole.

Era apprezzata, e certamente lo è ancora, anche per il fatto che al contrario di altri ortaggi, è capace di resistere molti mesi dopo la raccolta, perfetta nei periodi invernali come in tempo di carestie che la fecero apprezzare per la scarsa deperibilità.

La sua polpa morbida era ottima se cucinata aggiungendo erbe e aromi come condimenti con ricette che sono arrivate fino alle nostre cucine in svariati modi: buona come contorno, per sughi della pasta, stufata alla piastra, come secondo piatto gustoso al posto di carne o pesce, si può utilizzare anche per un dolce.

Le confetture a base di zucca rossa son diventate un must per arricchire torte, ripieni di pasta, assaggiare formaggi stagionati.

Una curiosità: la Lagenaria Vulgaris a forma di bottiglia con 2 globi, viene chiamata la ‘bottiglia del pellegrino’ perchè accompagnava il Pecten Jacobeus, posta sul bastone del pellegrino che si recava a Santiago de Compostela, a partire dalla metà del IX sec.

Andando alla tavola in Sicilia la ricetta della "zucca rossa fritta in agrodolce" è una delle più semplici e veloci da realizzare: tagliata a fette e poi fritta sfumandola con aceto di vino rosso e zucchero, un classico agrodolce tipico della nostra gastronomia, profumata con foglioline di menta: è la morte sua!

L’origine della ricetta della "zucca in agrodolce" secondo alcune fonti nasce al mercato della Vucciria, fra i macellai chiamati Vuccèri - trasformazione dal francese boucher - che esponevano la carne di ogni tipo, comprese le frattaglie, che avevano un gusto particolare e una consistenza morbida come il fegato ad esempio.

Una specialità palermitana era il fegato panato, fritto e adagiato su salsa in agrodolce, ricetta che venne replicata con la zucca rossa e proprio per questo prese i nome di "ficatu ri poveri" o "ficatu ri sette cannoli".

Su quest’ultimo nome la probabile spiegazione sembra essere quella che la zucca rossa anticamente venisse coltivata nei terreni della borgata dei "Settecannoli", che prendeva il nome per la presenza di una fontana con sette bocchette, chiamati in dialetto cannoli.

Oggi, potere della globalizzazione, anche da noi nel profondissimo Sud la vediamo appesa una porta si e l’altra no per la festa di Halloween, come se non bastassero tutti i miti che già avevamo per la nostra meravigliosa festa dei morti… .

Comunque per dovere di cronaca dice una leggenda che nella notte del 31 ottobre, la zucca messa fuori dalla porta imprigionasse diavoli e spiriti maligni proteggendo la casa, usanza del lontanissimo Nord che coinciderebbe con il capodanno dei celti quando festeggiavano il passaggio dall'estate all'inverno.
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