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Palermo e quelle cupole tinte di bianco: cose che non sapevi su uno dei simboli della città

Ancora oggi le polemiche tra studiosi e architetti non si sono spente e aleggia tra loro il desiderio di un restauro filologico e il ripristino di una sovrastruttura tipica di altre chiese

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 19 novembre 2021

La chiesa di San Cataldo a Palermo

Un tempo la chiesa di San Cataldo di Palermo sarebbe stata individuata in prossimità della non più esistente Porta Judaica, detta così perché vicina al quartiere degli Ebrei, all'estremo sud-est del cosiddetto “piede fenicio”.

Oggi ad ospitare la chiesa di San Cataldo (patrimonio dell'umanità dal 2015) è la bellissima piazza Bellini, così chiamata per via del teatro che porta il nome del compositore etneo Vincenzo Bellini.

Tale piazza è limitrofa e contigua alla piazza Pretoria e un tempo le due piazze prendevano il nome di "piano della corte del Pretore" per via del palazzo Pretorio. Infatti, in passato, le piazze potevano essere identificate come “piani”, “platee” o “larghi”.

Prima della costruzione del Palazzo del Pretore o Palazzo Senatorio (Palazzo delle aquile), e ovviamente prima del teatro Bellini, un tempo Real teatro Carolino e ancora più indietro Travaglino, il luogo, cioè la piazza in questione, era diversamente appellato.
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In questa piazza gli edifici più antichi sono certamente la chiesa e il monastero di Santa Caterina d'Alessandria e le due vicinissime chiese arabo-normanne di Santa Maria dell'ammiraglio, alias “Martorana”, e di San Cataldo.

I luoghi venivano identificati attraverso gli edifici di maggiore importanza che ivi erano stati costruiti, si potevano perciò vedere scritti nei registri del tempo “Piano di Santa Caterina d'Alessandria”, “Piano di Santa Maria dell'Ammiraglio”, “Piano di San Cataldo” “Piano del pretore” e così via.

Il piano di San Cataldo comincia ad essere così identificato a partire dal XIII secolo. Non è facile però, periodizzare sulla data di costruzione della chiesa di San Cataldo.

Già eminenti storici si sono cimentati più volte nel tentativo di individuare con esattezza un arco temporale nel quale collocare l'edificazione della chiesa e tale problema mise perfino in discussione il costruttore del monumento.

Diverse guide storiche di Palermo importanti come ad esempio quella di Luigi Pedone Lauriel del 1875 consideravano la chiesa fabbricata da Majone da Bari e molti storici confermavano tale ipotesi apportando più o meno significative prove alla causa: «[...]un altro bel monumento de' tempi Normanni; la cappella di San Cataldo, eretta sotto il re Guglielmo I dal famoso ammiraglio Majone».

Così la guida del Lauriel. Dello stesso parere era il professore Giovanni Battista Siragusa che addirittura supporta alla sua tesi un documento storico importantissimo ritrovato nel Monastero di Monreale.

Dice egli «Questo documento prova, non solo che le case del Conte di Marsico erano state di Majone, ma che ivi era compresa la cappella di San Cataldo: dono etiam et concedo...totum jus quod pater meus supranominatus Comes Silvestri in Ecclesia quae est in predictis domibus constructa habuit...».

Il Siragusa in realtà risponde a Vincenzo Di Giovanni, il quale aveva messo in discussione la paternità della costruzione di Majone al quale il Siragusa in uno studio precedente aveva attribuito.

Il Di Giovanni sosteneva che Majone da Bari non fosse stato il fondatore della chiesa di San Cataldo ma che avesse avuto solo la proprietà di alcune case nel terreno vicino la predetta chiesa cedute poi al conte di Marsico.

Lo storico dissidente attribuiva allo stesso Guglielmo I la fondazione e la costruzione della chiesa di San Cataldo perché «Le chiese edificate da illustri personaggi in quel secolo XII erano indicate nelle scritture del tempo col nome del suo fondatore; come la Ecclesia Sanctae Mariae de Admirato Georgio, la ecclesia Sanctae Mariae novae de Marturano, la Ecclesia Sancti Stephani de Admirato Eugenio, la ecclesia Sancta Maria de Cancellario, ecc., e nessun documento di quel secolo o del XIII dice la chiesa di San Cataldo Ecclesia de Admirato Majone o Majonis».

Da ciò il Di Giovanni ne deduce che la chiesa potrebbe essere stata edificata addirittura precedentemente alla chiesa di Santa Maria dell'ammiraglio, oppure che il fondatore potrebbe essere stato direttamente il re Guglielmo I.

Contese a parte, nessuno sa l'anno preciso di edificazione della detta chiesa e però è ormai cosa attestata, grazie al prof. Siragusa, che a costruirla fu l'ammiraglio Majone da Bari, forse poco prima della sua morte, avvenuta il 10 novembre 1160, in quanto nel 1161 venne sepolta nella cappella di San Cataldo Matilde, la figlia del Conte Silvestro di Marsico che, come sappiamo dal Siragusa, aveva acquisito le case e la chiesa di Majone.

Il figlio del conte Silvestro vendette la chiesa al re Guglielmo II, il quale la donò alla chiesa di Monreale. Scrive Gaspare Palermo nella sua guida che «Attaccata alla chiesa è l'abitazione, una volta degli Arcivescovi di Morreale, quando volevano fermarsi in Palermo. [...] Oggi e la chiesa, e l'abitazione sono state sottratte alla giurisdizione dei detti Arcivescovi. La chiesa con tutte le sue dipendenze è stata data agli Arcivescovi di Palermo e la casa è stata destinata alla Posta delle lettere».

L'edificio fu inglobato all'interno di una costruzione neoclassica a partire dal 1787, lo dice bene Nino Basile «La chiesa e il casamento vennero interamente trasformati ed adattati ad uffici postali nel 1787 quando i servizi di correria, che gli Agliata principi di Villafranca avevano in feudo, vennero riscattati.

Trasferiti poi gli uffici postali nell'abolita chiesa di San Nicolò dei Bologna, il casamento dell'Arcivescovo di Monreale venne distrutto per l'isolamento e il restauro della chiesa di San Cataldo». Leggo in "La chiesa di San Cataldo a Palermo" di Rosa Di Liberto che del restauro di liberazione della chiesa di San Cataldo se ne occupò l'architetto Giuseppe Patricolo tra il 1882 e il 1886.

Anche in questa occasione l'architetto ripropose di tinteggiare in rosso le cupole della chiesa di San Cataldo nonostante le polemiche suscitate a suo tempo contro di lui per i restauri eseguiti precedentemente nella chiesa di San Giovanni degli eremiti.

Come prova che confermasse la giusta scelta del passato per quanto concerneva la chiesa di San Giovanni degli eremiti e l'eventuale conferma della scelta per la chiesa di San Cataldo, il Patricolo «inviava al Ministero della P.I. campioni di intonaco prelevati dalle cupole di San Cataldo e della Martorana con evidenti tracce di “stucco colorato in rosso”.

[...] Il 5 agosto 1886 il Patricolo ottenne l'approvazione del colore proposto e le cupole furono tinteggiate in rosso».

Tuttavia ancora oggi le polemiche tra studiosi, storici e architetti non si sono spente e aleggia tra loro il desiderio di un restauro filologico il quale prevederebbe non solo la tinteggiatura bianca, o rosea, delle predette cupole, sia quelle di San Cataldo che di San Giovanni degli Eremiti, ma anche il ripristino di una sovrastruttura tipica di altre chiese del periodo normanno come ad esempio quelle della Cattolica di Stilo a Reggio Calabria.

Polemiche a parte, nonostante l'errore “grossolano” del Patricolo, non si può certo dire che l'effetto del risultato sia indigesto agli occhi, di sicuro non lo è per quei migliaia di turisti che li strabuzzano non appena osservano quelle tre collinette rosse dolcemente poggiate sul tetto della chiesa come fossero le sinuose gobbe di un cammello millenario.

(Per una migliore conoscenza architettonica della chiesa di San Cataldo consiglio lo studio di Rosa Di Liberto La chiesa normanna di San Cataldo a Palermo, mentre per un approfondimento storico è consigliabile la lettura della Guida Istruttiva per Palermo e i suoi dintorni del Cavaliere Gaspare Palermo e Il Regno di Guglielmo I in Sicilia del prof. G. B. Siragusa consultabili on line),
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