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Quando l'influenza si curava col brodo: un "miracolo" (da più di 100 anni) a Palermo

Ci sono posti che raccontano mondi, posti che vediamo sempre e di cui tuttavia non conosciamo la storia. La "Casa del Brodo", nel cuore di Palermo, è uno di questi

  • 12 novembre 2021

Una foto d'epoca della famiglia della "Casa del Brodo"

Ci sono posti che raccontano mondi, posti che vediamo sempre e di cui tuttavia non conosciamo la storia: la Casa del Brodo a Palermo è uno di questi.

Quante volte, passando per corso Vittorio Emanuele, abbiamo incrociato l'insegna della trattoria, colpiti inevitabilmente dalla voglia di un buon brodo caldo, soprattutto in inverno?

Ebbene, forse non tutti sanno che quel brodo un tempo era considerato una vera e propria medicina. Andiamo per ordine.

La trattoria venne fondata nel 1890 e aveva come piatto forte un caldo brodo saporito. Quando nei primi del '900 scoppiò un'epidemia influenzale, divenne quasi un rifugio per gli abitanti della Vucciria, che si trova alle spalle, e anche per tutti coloro che non potevano permettersi una tazza di brodo.

Quel brodo aveva qualcosa di miracoloso: si notò, infatti, che gli avventori della Casa del Brodo erano più resistenti all'influenza e che coloro che l'avevano contratta, guarivano più in fretta, dopo essersi curati con il caldo ''brodo magico''.
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«Il titolare fondatore della trattoria fu Antonino Catanese, poi il figlio, i nipoti e poi subentra Salvatore Catanese, mio nonno, che sta fino al 1991. Mio nonno accoglieva anche chi non poteva permettersi una tazza di brodo», racconta Gaetano Romeres, che oggi gestisce il ristorante, insieme alla sorella e alla moglie.

«Quel brodo definito ''magico '' è rimasto intatto per 130 anni, con le patate che lo accompagnano. La tradizione del bollito viene portata avanti con lo stesso modus operandi», aggiunge.

Proprio per la sua funzione ''terapeutica'', che andava al di là della ristorazione, accanto alla prima insegna, ne fu aggiunta un'altra che recitava ''Dal Dottore''.

La sensazione di benessere degli avventori era proprio quella di chi va dal dottore e inizia a stare meglio. Così la fama della trattoria crebbe a dismisura nel quartiere e non solo: «Venivano chiamati ''dottori'' sia per il brodo terapeutico e anche perché indossavano un camice bianco simile a quello dei medici, come divisa», racconta Gaetano.

«Prima era un locale di un'umiltà estrema, fu il punto di ritrovo di qualsiasi fascia sociale, chi vendeva frutta e verdura passava da lì a riempirsi il brodo, uomini del mondo dello spettacolo, della politica. Fino al '91 il cognome dei Catanese è stato presente, nel '98 subentriamo con il nome di Romeres, io e mia sorella Ada», aggiunge.

La Casa del Brodo, inserito nell'associazione ''Locali storici d'Italia'', è uno dei locali più antichi di Palermo ancora in attività, che resiste e continua una tradizione ultracentenaria.

A testimonianza della popolarità del ristorante, Gaetano racconta un aneddoto: «Nel 1994 ero ospite dei conti Tasca d'Almerita e il rappresentante mi disse ''la contessa ti vorrebbe conoscere'' e la contessa mi raccontò che avevano un palazzo vicino alla Vucciria e che spesso mandava uno dei suoi inservienti a prendere il bollito alla Casa del brodo».

Insomma, il locale è un'istituzione a Palermo da più di cento anni.

Negli anni, infatti, è stato frequentato da attori, registi, cantanti e sportivi, tra i vari nomi ricordiamo John Turturro, Franco Franchi, Renata Tebaldi, la squadra del Palermo, Albertazzi, Almodovar, Claudia Cardinale, Andy García, Favino, Dacia Maraini, Dario Fo e Franca Rame, Achille Bonito Oliva, Lou Reed e Wim Wenders.

«Fondamentale la vicinanza del teatro Biondo, tutte le compagnie teatrali venivano da noi. Gino Paoli si innamorò del mio macco di fave e portò la Vanoni per farle assaggiare il mio macco», racconta Gaetano.

Un brodo caldo che ristorava tutti nei primi del '900 e che ancora oggi mantiene gli stessi ingredienti, anche di questo è fatta la storia di Palermo, una storia che spesso intreccia ospitalità, generosità, gastronomia e voglia di tramandare le vecchie usanze, tra leggende e sapori ''magici''.
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