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San Giorgio, il diavolo e il duello sull'Etna: quando si "contesero" liquirizia e corallo

Una leggenda che risale a quando il paladino della giustizia divina, era solo un semplice pastorello. Uno scontro senza esclusioni di colpi, con un finale a sorpresa

Livio Grasso
Archeologo
  • 1 settembre 2022

Dettaglio di "San Giorgio e il drago", di Raffaello Sanzio

Chiunque, almeno una volta nella vita, avrà sentito parlare del celebre San Giorgio e delle sue imprese leggendarie. Non a caso, rientra nel novero dei personaggi religiosi più famosi del mondo cattolico.

Tra la sterminata coltre di aneddoti mitici che hanno per argomento il santo, esiste un racconto ambientato sul rinomato Etna.

A quanto pare, San Giorgio, prima di divenire paladino della giustizia divina, era un semplice pastorello che girovagava per i boschi del Vulcano.

Un giorno, però, accadde qualcosa di veramente strano: mentre conduceva, come era solito fare, il proprio gregge al pascolo si imbatté accidentalmente in un uomo dall’aspetto trasandato e dallo sguardo abbrutito.

Quest’ultimo incedeva con un grosso e feroce mastino che metteva i brividi solo a guardarlo. Secondo quanto tramandato dalla tradizione letteraria, questo tizio dalle orride fattezze era proprio il "padrone dell’inferno".

Si trattò di un incontro casuale che segnò fortemente la vita del futuro cavaliere di Dio. Prestando fede a ciò che viene rilasciato dalle fonti, il principe delle tenebre non indugiò ad insidiarlo con la diabolica arma dell’inganno.
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Dando prova di grande scaltrezza, raggirò Giorgio con uno dei suoi soliti tranelli circuendolo con un’allettante proposta. «Dividiamoci - gli disse - da buoni amici le nostre greggi, le cose che abbiamo e perfino quelle che vedremo».

Inoltre, per ostentare la propria forza e i grandi poteri di cui era in possesso, fece vedere al giovane pecoraio il luogo in cui abitava: il rifugio, almeno così si vocifera, si trovava vicino alla Valle del Bove.

Qui, per di più, si ergeva un grosso cratere che emetteva fiumi di lava. A ridosso della bocca di fuoco si scorgevano pure spaventosi draghi e poderosi serpenti che si nutrivano delle fiamme laviche.

Ciò malgrado, Giorgio non manifestò alcun sintomo di paura e si lasciò guidare verso una grande distesa di terra. Una volta giunti ai piedi di quel lembo desolato Lucifero decise di impadronirsi della parte più a valle, circondata da una fitta e rigogliosa vegetazione.

A Giorgio, invece, toccarono in sorte gli aridi terreni posti a monte. Dopo essersi accordati in tal maniera, si salutarono ripromettendosi di incontrarsi qualche mese dopo.

Tuttavia, ben presto, Satana si accorse che i suoi campi erano gremiti di sole stoppie, mentre quelli del mandriano pullulanti di bionde e incantevoli spighe entro cui erano racchiusi splendidi chicchi di grano.

Adirato per quanto avvenuto, il demonio propose una seconda divisione per rifarsi sul ragazzo che credeva di aver ingegnosamente buggerato.

Così, pensando di riuscire a beffarlo, concesse al giovane uomo la proprietà sulle sostanze che si generavano sotto le zolle. Diversamente, l’angelo dell’oscurità scelse con astuzia di appropriarsi dei frutti che prima o poi sarebbero sbocciati in superficie.

Sicuro e certo di averla avuta vinta, non era affatto consapevole che il suolo era fertile di piante producenti liquirizia. Difatti, la produttività delle medesime derivava solamente dalle radici sottoterra.

Essendo rimasto gabbato dal suo stesso marchingegno per la seconda volta, il re degli inferi fece un altro tentativo conducendo il guardiano di mandria dinanzi al mare di Aci Trezza.

Per scongiurare il rischio di un ulteriore smacco, si impossessò delle terre asciutte e non lambite dall’acqua. Di converso, al suo "rivale" assegnò la padronanza sugli scogli immersi nel fondale marino. Incredibilmente anche la terza insidia non sortì gli effetti sperati.

Ecco come si concluse la vicenda: l’ingannatore malefico ottenne solo rupi e massi rocciosi, invece, l’allevatore di pecore beneficiò di perle preziose e coralli. Vedendosi sconfitto di nuovo, sparì improvvisamente dalla vista di Giorgio e tornò più infuriato che mai alla propria dimora infernale.

Come spiega lo storico Santi Correnti "la leggenda è interessante per i riferimenti alle colture e alle industrie artigiane tipiche della Sicilia, come la liquirizia e il corallo, e che costituiscono il fondamento storico secondario della leggenda, che principalmente si basa sulla definitiva affermazione del cristianesimo ( simboleggiato in san Giorgio, visto come pastore siciliano) sul paganesimo, raffigurato nel diavolo".
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