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Un tempo le merci provenienti dal mare entravano da qui: la porta della Dogana di Palermo

Oggi se facessimo una passeggiata lungo la Cala, l'attuale porticciolo turistico di Palermo, non vedremmo nessuna porta, oltre a Porta Felice che non aveva un'attinenza diretta col mare

Antonino Prestigiacomo
Appassionato di storia, arte e folklore di Palermo
  • 5 novembre 2021

«La città di Palermo ha oggi dì dieci porte, cioè quella di Mare, della Dogana, del Molo, De' Greci, delle Terme, di S.Agata, di Mazara, porta Nuova, Carina e quella di San Giorgio. Le prime tre son volte verso il mare e qualche volta son molto battute dall'acqua, quando soffia il vento di tramontana. La prima si chiama porta di Mare, ed è quella, che mena al porto. L'altra si chiama della Dogana, che fu fatta l'anno 1520, ed è quella onde entrano nella città le mercanzie, che s'hanno a sgabellare, le quali son portate per mare [...]».

Così Tommaso Fazello ci presenta le porte della città di Palermo al suo tempo, intorno alla seconda metà del XVI secolo, nel libro "Della storia di Sicilia deche due del R.P.M. Tommaso Fazello Siciliano tradotte in lingua toscana dal P.M. Remigio Fiorentino".

Oggi se facessimo una passeggiata lungo la Cala, l'attuale porticciolo turistico della città di Palermo, non vedremmo nessuna porta, tolta ovviamente la monumentale Porta Felice, eretta dal viceré Marco Antonio Colonna e intitolata alla di lui moglie (Felicia Orsini) nel 1583. Questa porta non aveva un'attinenza diretta col mare, bensì fu progettata affinché dal Cassaro, l'odierna via Vittorio Emanuele, si potesse accedere alla Strada Colonna, una passeggiata lungo la marina che fu realizzata dallo stesso vicerè per godimento della popolazione.
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La porta della Dogana, invece, secondo quanto scrive Rosario La Duca, ne "La città perduta, cronache palermitane di ieri e di oggi", «Era posta in prossimità della chiesa della Catena e chiudeva il varco che ancora esiste e che consente di immettersi nella piazza Marina. Venne aperta nel 1570 allo scopo di consentire l'ingresso delle merci provenienti dal mare e che venivano riposte nei magazzini della città prima di essere messe in commercio, allo scopo di far pagare le gabelle [...]».

Lo storico dell'arte, dunque, ci suggerisce una data diversa di fondazione della porta della Dogana, rispetto a quella del Fazello, ma ovviamente ne conferma lo scopo. Sostengo che il La Duca dovette confondersi con la data di costruzione della Vicaria che in origine doveva ospitare i nuovi uffici della Dogana e che poi fu convertita in carcere a partire dal 1595.

Per la descrizione della porta della Dogana, o Doganella che dir si voglia, si avvalse certamente di quella che ne fece Gaspare Palermo dal quale, tuttavia, non copiò la data di fondazione e che corrisponde a quella del Fazello (1520):

«Fu abbellita nel tempo che da Viceré governava questo Regno D. Francesco Fernandez de la Queva Duca di Alburquerque nel 1628. Il Senato decretò chiamarsi porta Alburquerque, in memoria del divisato Viceré, come si cava dall'iscrizione sopra detta porta, essendo Pretore D. Antonio de Requisens Conte di Buscemi, e Princ. Della Pantelleria [...] Nella sommità si vede un'aquila di Marmo con le armi reali e in due altri scudi quelle del Vicere e del Senato. Tutta la porta è di pietre di intaglio, ornata di pilastri, cornici, fascie, architravi, menzole ed altri fregi, che la rendono ragguardevole».

(Così si legge nel libro "Guida istruttiva per Palermo e i suoi dintorni di Girolamo Di Marzo-Ferro, riprodotta su quella del Cav. D. Gaspare Palermo dal beneficiale Girolamo Di Marzo-Ferro") .

La porta della Dogana fu demolita nel 1852 a causa di un crescente traffico che esigeva uno spazio maggiore di transito. Malgrado ciò, fino qualche decennio fa Rosario La Duca, nel suo "La città perduta, cronache palermitane di ieri e di oggi" ci ricordava, in un articolo del 6 settembree 1972, la sostituzione della lapide marmorea posta al di sopra di una fonte addossata alle mura della chiesa di Santa Maria di Portosalvo, con un'altra nuova e piena di errori. Tale lapide, cioè quella antica, purtroppo in buona parte perduta, testimoniava l'attività della Dogana e cioè che consentiva «l'ingresso delle merci provenienti dal mare e che venivano riposte nei magazzini della città prima di essere messe in commercio».

Molti autori hanno narrato della porta della Dogana, descrivendone le fattezze e accennando agli edifici e ai monumenti ad essa prossimi, come la vicinissima chiesa di Santa Maria della Catena e la statua di Filippo V. Pochi però si sono concentrati su un aspetto che ritengo caratteristico, ovvero il contrabbando e l'assenteismo ante litteram.

La dogana era certo regolamentata, ma nel 1884 la Camera di Commercio di Palermo trovò necessario approvare delle proposte che regolamentassero gli aspetti economici e “disciplinari” dei doganieri. Lasciando da parte le disposizioni di ordine economico accennerò solo a quelle disciplinari per un fattore di mera curiosità ed un inevitabile parallelismo temporale che ovviamente intaccava ed intacca l'intera nazione italiana.

Dunque, uno stralcio di un documento della Camera di Commercio ed Arti di Palermo del martedì 12 febbraio 1884 riporta che il Senato promulgò: «1. Obbligo ai facchini di Dogana di vestire una divisa uniforme e portare al petto il medaglione (come prescritto dallo art. 6 del Regolamento gon.), durante tutto l'orario di servizio, disposizione essenzialissima per evitare le irregolari e pericolose intromissioni di estranei. 2. Obbligo nel Console di fare in Dogana ed ognimattina lo appello dei facchini allo scopo di tenere nota dei presenti e privare della mercede gli assenti senza regolare permesso accordato colle norme dell'art. 14 del Regolamento generale. 3. Espulsione dalla Carovana di quei facchini, che, non essendo notoriamente malati, non prestassero giornaliero servizio in Dogana»

Oggi l'edificio della Dogana di Palermo si trova in via Francesco Crispi, ma le grandi navi e i transiti dei tir che trasportano le merci e intasano le strade non mi paiono così affascinanti come dovevano esserlo un tempo i battelli carichi di merci da sdoganare all'ingresso della porta della Dogana.
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