Una delle specie aliene più diffuse arriva in Sicilia: perché i biologi "la temono"
Considerata l’unica alga invasiva negli ultimi decenni ha aumentato il proprio areale, raggiungendo varie regioni del Mediterraneo. Ecco che cosa sappiamo

L'alga bruna infestante
Un’alga bruna – una feoficea per i biologi – che nel corso degli ultimi decenni ha aumentato il proprio areale, raggiungendo varie regioni del Mediterraneo, cogliendo come occasione il progressivo surriscaldamento delle acque provocato dal cambiamento climatico in corso.
Definita dai biologi una minaccia per la biodiversità marina, la Rugulopteryx okamurae ha un aspetto cespitoso, con diramazioni dicotomiche irregolari se si osservano le lamine, simili a foglie.
Può raggiungere un massimo di 30 cm di lunghezza, quando si trova ancora attaccata al fondale, e negli ultimi anni ha provocato dei leggeri danni economici, quando si sono formati alcuni suoi cumuli all’altezza delle spiagge frequentate dai turisti e dai bagnanti.
Per far fronte alla rapida diffusione di quest’alga, proprio l’anno scorso l’ARPA Sicilia istituì un tavolo tecnico che aveva l’obiettivo di redigere un Piano di intervento, capace di applicare delle misure di eradicazione rapida dalle coste e di gestione degli accumuli spiaggiati.
Dopo mesi di lavoro e diversi studi, gli specialisti non si sono tuttavia ancora espressi ufficialmente su come rallentare la sua avanzata, sebbene i lavori sembrino a buon punto e dall’università stanno aumentando le proposte, che prevedono una qualche forma di sfruttamento dei cumuli spiaggiati.
Originaria del Pacifico nord-occidentale, quest’alga è stata avvistata per la prima volta nel Mediterraneo nel 2015, quando venne individuata nello Stretto di Gibilterra.
Da quel momento in poi, la R. okamurae si è rapidamente diffusa nelle acque dell’Atlantico e del Mediterraneo, fino a raggiungere negli ultimi anni le coste di Palermo e di Augusta, dove transitano un gran numero di navi che potrebbero averla trasportata involontariamente.
Le ragioni scientifiche poiché è molto temuta dai biologi sono le seguenti. È capace di proliferare molto velocemente e le sue masse galleggianti possono marcire quasi altrettanto velocemente sotto il caldo dell’estate. Ciò provoca la liberazione di gas e di odori di putrefazione, che rendono l’aria delle spiagge irrespirabile.
Come molte altre specie aliene, quest’alga è anche capace di cambiare radicalmente l’ecosistema e di alterare gli habitat marini, favorendo l’estinzione di specie autoctone.
La sua diffusione nel Mediterraneo potrebbe infine provocare diversi danni al settore ittico, a quello turistico e a quello della pesca. Le sue biomasse galleggianti danno infatti fastidio non solo ai bagnanti, ma anche ai pesci, che non apprezzano inoltrarsi fra le sue lamine morte.
Per capire quanto può essere problematica la sua proliferazione, basti sapere che qualche anno fa le autorità di Gibilterra e di Spagna ne hanno dovuto rimuovere con le ruspe oltre 9.000 tonnellate dalle spiagge frequentate dai turisti.
Fra i docenti italiani che studiano da più tempo questa specie c’è il professore Agostino Tomasello, dell’Università degli studi di Palermo, che per mantenere sotto controllo la sua popolazione sta ideando delle possibile soluzioni, che prevedano l’utilizzo alternativo delle biomasse spiaggiate.
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