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Aurora Quattocchi, la “sciamana” di Nuovo Mondo

«L’essere artisti presuppone una continua ricerca di sé stessi»

  • 7 giugno 2007

In una mattina di sole, incontriamo l’attrice palermitana Aurora Quattrocchi, indomita anziana madre siciliana di “Nuovo mondo”, il film di Emanuele Crialese da lei interpretato lo scorso inverno. La vivacità dei suoi occhi tondi e la sua voce espressiva, caratterizzata da un forte accento palermitano che non è mai volgare, ci colpiscono, insieme alla sua energia. E non potrebbe essere diversamente per lei, nata e cresciuta al sole della Sicilia in anni ancora duri per le donne (ha vissuto le rivoluzioni sessantottine sulla propria pelle, n.d.r.).

Il ruolo che hai interpretato nel film di Crialese, l’anziana madre che deve seguire il figlio nel suo viaggio per la terra dei sogni, l’America, sembra essere quello di una maga in una terra piena di superstizioni. Sei d’accordo con la rappresentazione della Sicilia fatta dal regista?
«Si, penso che Crialese abbia proprio ben ritratto la Sicilia dei primi anni del Novecento, e anzi avrebbe potuto anche mettere dell’altro. In effetti nella prima stesura della sceneggiatura del film, il mio personaggio, donna Fortunata, era molto più sciamana di quanto non sia risultata poi essere. Il regista ci teneva molto a rappresentare queste “pratiche magiche” presenti nella vita delle persone che vivevano della terra, che con la natura avevano un rapporto assai stretto, tipico degli stregoni: guarivano con le erbe e parlavano con le anime dei defunti. Insomma, erano persone vicine sia al mondo dei vivi che a quello dei morti».

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Accanto alle grandi produzioni dei teatri stabili ci sono piccole realtà di buon teatro. Credi che anche per il cinema sia lo stesso?
«Sì, certo. C’è il cinema di cassetta e poi c’è l’altro cinema. Per esempio ho lavorato in un film per me molto bello, “Segreti di stato”, di Paolo Benvenuti, grande regista di talento, appassionato dei casi insoluti, professore all’università di Pisa. Mi dispiace che, nonostante la sua finezza nello scegliere i personaggi e la validità dei contenuti della pellicola, basati su lunghe ricerche su Pisciotta e il bandito Giuliano, il regista non abbia da allora più lavorato. Forse questo succede quando si dicono delle verità un po’ scomode. Ritengo che sia una persona veramente speciale e spero proprio di potere di nuovo lavorare con lui».

Sei un’attrice che viene dal teatro. Vedi grandi differenze fra il teatro palermitano di venti o trenta anni fa e quello di adesso?
«Credo non ci sia nessuna differenza. La gestione del Biondo è quella di sempre. Forse un’alternativa potrebbe essere costituita dal Nuovo Montevergini e magari Alfio Scuderi (il direttore artistico, n.d.r.), essendo giovane, potrebbe riuscirci. Fra i registi, ritengo Claudio Collovà molto bravo. Ho lavorato con lui in “Terra desolata” ed è grazie a questa esperienza che ho potuto poi fare “Nuovo mondo”. Nonostante per me Collovà sia già un regista dalla fama consolidata, gli auguro tanto successo ancora, e so quanto questo per lui sia sempre un vivo desiderio. Ripensando alle mie esperienze passate, mi sembra come se un’epoca sia ormai trascorsa, quella con Li Bassi, Civiletti, Benassai, con i quali tutto era un gran divertimento. E poi come dimenticare quella che per me è stata una grande realtà, il Piccolo Teatro, che forse non è stato ben gestito, ma in fondo ha dato a noi attori l’opportunità di esprimerci».

Secondo te per gli attori che vogliono vivere a Palermo c’è qualche speranza o si deve emigrare per forza?
«Riuscire ad appropriarsi dell’essenza del vivere è una profonda esigenza dell’essere attore, il che implica una curiosità e un interesse continuo verso la vita. Ecco allora che è necessario intraprendere un percorso di conoscenza, di confronto con altre realtà, che ti può ovviamente portare lontano dal luogo in cui vivi e sei nato, a prescindere che si tratti o meno di Palermo. Se sei attore prima o poi te ne andrai perché questo viaggio, che diventa necessario viaggio interiore, è una condizione di vita. Per potere essere veri col pubblico, l’attore deve innanzitutto acquisire piena consapevolezza di sé stesso. L’essere artisti presuppone una continua
ricerca di sé stessi, solo così si può essere veri nella propria arte».

Progetti futuri?
«Un film-tv con Beppe Fiorello, “La vita rubata”, regia di Graziano Diana, girato nei pressi di Taormina».

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