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Al Palazzo Reale di Palermo la storia di O'Tama Kiyohara, l'artista giapponese che si innamorò della Sicilia

  • Palazzo dei Normanni - Palermo
  • Dal 7 dicembre 2019 al 6 aprile 2020 (evento rinviato a data da destinarsi)
  • Visitabile dal venerdì al lunedì dalle 8.15 alle 17.40 (ultimo biglietto ore 16.40); domenica e festivi dalle 8.15 alle 13.00 (ultimo biglietto ore 12.00)
  • 7 euro (intero), 2 euro (scolaresche in visita didattica), ingresso gratuito per bambini fino a 14 anni non compiuti se accompagnati da adulti e non in visita didattica
Balarm
La redazione

Particolare del prezioso kimono tornato a Palermo dopo più di cento anni

La storia di O'Tama Kiyohara (Tokyo 1861-1939), artista giapponese innamorata dell'Italia e in particolare della Sicilia, è raccontata tramite un corposo gruppo di acquerelli, cartoni, ceramiche, bronzi, tessuti e altri oggetti provenienti dal Museo "Vincenzo Ragusa e O'Tama Kiyohara" di Palermo (fondato nel 1882), e dal Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini" di Roma. Un unico racconto riunito in tante anime e tante istituzioni.

L'inedita mostra della Fondazione Federico II dal titolo "O’TAMA. Migrazione di stili" è in programma dal 7 dicembre 2019 al 6 aprile 2020 al Palazzo Reale, fruibile in un rinnovato corridoio Dogali e negli Appartamenti Reali, con 101 opere visibili per la prima volta dopo essere stati restaurati per l'occasione. 

L’esposizione si compone di 46 acquerelli ikebana e botanici, 6 cartoni (kinkawa-gami) e 18 tessuti, 9 ceramiche, 14 bronzi, 2 ventagli e soprattutto del prezioso kimono dipinto a mano e ricamato con seta policroma e filo d'oro, che è stato collocato all'interno di una teca dedicata in Sala dei Vicerè. Un'opera preziosa non di O'Tama ma del marito Vincenzo Ragusa, acquistata in Giappone per la sua collezione.
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Oggi torna a Palermo dopo oltre un secolo grazie al prestito concesso alla Fondazione Federico II dal Museo delle Civiltà - Museo preistorico etnografico "Luigi Pigorini". Questo kosode è tipico dello stile della corte imperiale (goshodoki) ed era utilizzato dalle donne di alto rango della classe samurai.

L'esposizione, dunque, ricostruisce idealmente un complesso percorso iniziato quando O'Tama giunse a Palermo da Tokio per seguire lo scultore palermitano Vincenzo Ragusa (Palermo 1841-1927), diventando pioniera di un percorso artistico, culturale e didattico votato al progresso che arricchì l'espressione artistica italiana. 

Nel capoluogo siciliano visse per 51 anni, lavorando e affermandosi al fianco del marito. Pittrice raffinata, ha saputo miscelare i tratti rigidi dell'Oriente con la cultura europea, orientata all'Impressionismo e al Vedutismo, e affrontando un viaggio che divenne una scelta di vita, un cambiamento imposto da due mondi fortemente difformi. 

«Quando si abbatte un muro – spiega Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II - il primo mattoncino è il più arduo da buttare giù. O'Tama riuscì a rompere gli schemi e aprì la via all’innovazione. Oggi la Fondazione Federico II vuole rendere omaggio ad una donna-artista che va considerata palermitana, allorché cittadina del mondo. Per sua volontà una parte delle sue ceneri sono custodite nel cimitero palermitano dei Rotoli, oltre che in Giappone.

Siamo orgogliosi – prosegue Monterosso - di raccontare la straordinaria storia di un'artista dal coraggio e dalla caparbietà eccezionali. Fu in grado di integrarsi in un mondo nuovo con differenti tradizioni culturali e capace di rappresentare un punto di riferimento per la costituzione di una nuova forma di arte, in qualche modo antesignana dei nuovi canoni cosmopoliti tipici del Liberty».

Pittrice raffinata, realizzò una sintesi artistica tra tecnica, eleganza stilistica e realismo, emblema di un percorso culturale in grado di dare vita ad una scuola-museo, lasciando in Sicilia una ricca produzione.

«Giunta a Palermo - dice la storica dell'arte ed esperta di giapponismo, Maria Antonietta Spadaro -, O'Tama si è trovata a confrontarsi con tutta la storia dell’arte italiana. La sua è una pittura fuori dal tempo, eclettica e variabile. Scelse di utilizzare tecniche che non esistevano in Giappone. Esempio ne è il dipinto della Notte dell’ascensione che lei rappresenta in un notturno.

Tutti i pittori del periodo avevano dipinto Monte Pellegrino ma mai di notte. Inventa una visione dall'alto, della passeggiata della Marina, un cielo nuvoloso, i lampioni che fino a quel momento nessuno aveva ritratto. Una novità assoluta i lampioni elettrici per Palermo e per tante altre città. Solo i futuristi lo faranno qualche tempo più in là».
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