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Dal cestino di rifiuti alla Vergine in cornice: nelle foto di Veronica Marchese tutto diventa teatro

Balarm
La redazione

La Vergine iconoclasta in cornice di Veronica Marchese

Il lavoro di Veronica Marchese (classe 1988) nella mostra curata da Eliana Urbano Raimondi, può essere considerato una giungla di fermi immagine. Una selva in cui si assapora la poetica relativa agli scorci urbani e d’interni, che si fanno metafora del caotico accumularsi di roba di ogni genere.

Dalla dissimulazione dei passanti/fantasma che ricordano le iperrealistiche sculture pop, fino alle inedite inquadrature di icone sacre che sfoggiano il loro potenziale seduttivo attraverso riflessi o fasci di luce, paradossalmente oscuranti.

È il caso della Vergine iconoclasta in cornice, bendata come la procace prostituta di Félicien Rops che, nuda, porta un porco a guinzaglio e che, nell'elegante e provocante scatto di Veronica Marchese, vibra di tutto il vezzo di un lampadario lattiginoso (quasi a richiamo del fluido vitale femminile), adorno di balze/merletti rosa.

Il tutto in una dimensione vintage di feticcio, riconoscibile nelle numerose fotografie che ritraggono merce così come nell'anelito aristocratico di eleganti sdrucite poltrone solitarie, abbandonate sullo sfondo di lamiere o saracinesche arrugginite, a cui sovrapposte locandine di spettacoli teatrali conferiscono la posticcia suggestione di salotto urbano.
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La sensualità si fa più esplicita nella bocca/vagina di una foglia di aloe recisa, brillante come truccata, affamata e sanguinante come dimostra la macchia di umore/mestruo/ruggine sul bianco della mattonella. La bocca torna nell’oblò dischiuso di una lavatrice, quasi voragine orale di donna famelica vogliosa di fagocitare le succulente foglie in primo piano.

Un gusto perverso che non scade mai nel volgare e che perviene a momenti di singolare eleganza nelle citazioni ghirriane di un cestino per l'immondizia, eretto su una spiaggia o ancora nelle voluttà di broccati arricchiti di passamanerie e stesi in prossimità di sinuose inferriate Liberty, per un risultato che, seppur fortemente mediterraneo in partenza, acquista toni linguistici internazionali.

Dai tubi dei ponteggi che fanno da scenografie agli ombrelloni fiorati, eccentrica costumistica; dai manichini veri e propri alle persone, ora reificate ora smaterializzate; dalle tende parasole stratificate come fondali fino alle tende/tendoni bianche e verdi delle bancarelle dei mercati, raccolte da una molletta a ri/velare ad occhio indiscreto le morbose trattative venditore/acquirente.

Ritrovare scene come questa tradotte nei disegni monocromatici della giovane artista permette di quantificare tutta l'agitazione tellurica che attraversa sotterranea l'intero corpus dei lavori.

Veronica Marchese, classe 1988, affianca alle competenze nell'ambito della Pittura (sviluppate anche grazie agli studi accademici) la pratica fotografica autodidatta, che di pittorico, nella sua opera, ha molto. 

La passione per la poesia, che l'ha portata a comporre una produzione anche scritta, emerge potente nei suoi lavori che caratterizzano o astraggono scorci della Palermo in cui è nata, vive e si esprime. Quella da Diekleinebrücke Spazio D'arte è la sua prima personale, dopo la collettiva "attraverso i punti.02" (a cura di Bigi, Di Piazza, Romanelli - Palermo, Palazzo Ziino, 2017).
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