"Il misantropo" di Molière nell'era delle fake news: la prima di Fabrizio Falco per il Biondo di Palermo

"Il misantropo" di Molière nella messa in scena di Fabrizio Falco (foto di Rosellina Garbo)
A partire da un classico della letteratura teatrale barocca, che nel corso della storia si è proposto come un’inesauribile fonte di chiavi di lettura, aprendo a un numero infinito di interpretazioni, Fabrizio Falco, con una compagnia di giovanissimi attori siciliani, mira ad utilizzare il gioco di specchi proposto da Molière per invitare a riflettere sul senso e sul valore estetico e morale di cui la società odierna si trova vittima e artefice.
Lo spettacolo, in scena dal 15 al 20 giugno alle 20.30 al Palazzo Chiaramonte Steri di Palermo, vede la traduzione di Cesare Garboli e la regia di Fabrizio Falco. Con regista assistente Davide Cirri, assistente alla regia Francesca Melluso, scene di Luca Mannino, costumi di Gabriella Magrì, le luci di Marco Santoro e la musica di Angelo Vitaliano.
In scena oltre allo stsso Fabrizio Falco (che interpreta il ruolo di Filinto) ci sono Davide Cirri che interpreta il ruolo di Alceste, al fianco di Claudio Pellegrini (Oronte), Alice Canzonieri (Célimène), Rita Debora Iannotta (Eliante), Doriana Costanzo (Arsinoè), Costantino Buttitta (Acaste), Luca Carbone (Clitandro), Francesco Cristiano Russo (Basco).
Cos’è la verità, cos’è la menzogna, come si fa a fingere? Cechov affermava che si può fingere dovunque tranne che nell’arte. Forse siamo chiamati proprio a questo, a non mettere più maschere, a fare i conti definitivi.
«In un’epoca di fake news – spiega Fabrizio Falco – credo che anche nel nostro mondo ci sia bisogno di verità. Una verità che deriva dalla profondità di sé, dei sentimenti, dei rapporti tra le persone per riscoprirsi individui fino in fondo e comunità fino in fondo.
Un’esigenza etica di onestà intellettuale e buona fede per toccare il fondo dei cuori. Tutto questo si contrappone alla retorica del falso, della menzogna, dell’artificio, insomma della maschera. Con questo spettacolo abbiamo cercato di abbattere le maschere per provare a toccare il fondo dei cuori tra noi attori e toccare il fondo dei cuori degli spettatori».
Alla base del disegno registico - come riporta una nota sullo spettacolo - vi è l’idea di trasformare l’edificio teatrale nel salone della casa di Célimène, dove si avvicendano tutti i personaggi della commedia e nel quale il pubblico è anch’esso partecipe. La scena, aperta su un palcoscenico spoglio, consente agli attori di occupare tutto lo spazio a loro disposizione, abitando la platea e rompendo così la quarta parete in un’interazione confidenziale con gli spettatori.
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