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La celebre favola nella versione di Emma Dante: "Anastasia, Genoveffa e Cenerentola" al Ditirammu

  • Teatro Ditirammu - Palermo
  • 4, 5, 6, 11, 12, 13 ottobre 2019 (evento concluso)
  • 18.00
  • 10 euro (intero), 8 euro (ridotto bambini fino a 10 anni)
  • Biglietti acquistabili sul sito del Teatro Ditirammu. Info e prenotazioni al numero 391 3064887 (dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.30)
Balarm
La redazione

"Anastasia, Genoveffa e Cenerentola" di Emma Dante (foto di Carmine Maringola)

La sfortunata sguattera e le due crudeli sorellastre: la celeberrima favola va in scena al Teatro Ditirammu di Palermo nella versione scritta e diretta da Emma Dante.

"Anastasia, Genoveffa e Cenerentola", per cui Emma Dante cura anche scene e costumi, vede sul palco gli attori Italia Carroccio, Davide Celona, Martina Caracappa e Martina Consolo.

All’interno della casa dove Cenerentola fa da sguattera, la matrigna e le due sorellastre si presentano in maniera totalmente diversa da come invece appaiono all’esterno: a casa sono sciatte, malvestite, trasandate e volgari, ma quando entrano a stretto contatto con l’alta società, i loro modi diventano raffinati e sensibili.  

Le tre arpie si riempiono la bocca di citazioni in francese, mostrando grande rispetto per le regole del galateo. La stessa cosa fa il principe: il suo disagio lo esprime in dialetto come se il dialetto fosse la lingua privata con cui i personaggi possono dire in tutta franchezza ciò che pensano.
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Cenerentola è l’unica a usare sempre lo stesso linguaggio proprio perché non ha niente da nascondere: la sua disperazione è alla luce del giorno e la sua indole è nobile e gentile sia all’interno che all’esterno della casa.  

Lo spettacolo è un gioco di "vedo-non vedo", si sviluppa tra il dentro e il fuori di un paravento che definisce i luoghi dove si svolge l’azione: ciò che non si vede è magico, ciò che è alla portata degli occhi è invece reale. 

Una tecnica che intende stimolare la fantasia dei bambini attraverso un gioco di apparenze ed evocazioni: la bacchetta magica della fata non è potente quando trasforma la zucca in carrozza, bensì quando ristabilisce la giustizia e aiuta l’amore a germogliare; la stessa cosa vale per il linguaggio, quindi le parole dialettali sono più misteriose, incomprensibili ma accattivanti nella danza e nel canto delle vocali.

La favola ha due morali. La prima è: bisogna  essere  la  stessa  persona sia dentro che fuori dalle mura di casa, con  una coerenza costante e duratura, senza vergogna delle proprie radici e della propria identità. La seconda è: i cattivi non devono diventare eroi né tanto meno possono rimanere impuniti.
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