La preziosa collezione e i falsi d’autore: visite al Museo di Archeologia dell'Università di Catania
Museo di Archeologia dell'Università di Catania
Katane – questo uno dei nomi d’origine di Catania, che in greco antico significa “grattugia”, probabilmente per le irregolarità del territorio lavico su cui sorge – fu distrutta più volte da eruzioni, terremoti e invasioni. Quella che vediamo oggi è il risultato dell’ultima splendida ricostruzione del 1693. "Le Vie dei Tesori", quest’anno dal 4 ottobre al 3 novembre, apre oltre quaranta luoghi: anfiteatri, chiese, cupole, palazzi nobiliari: un’occasione unica per scoprire una città dall’inconsueta bellezza.
Tutto nasce dalla caparbia e dall’immensa passione di un brillante archeologo, docente e rettore dell’Università: siamo nei primi anni Venti del secolo scorso e Guido Libertini inizia ad acquistare reperti, creando di fatto la prima collezione di quello che sarebbe diventato il Museo archeologico dell’Università.
Libertini morì nel 1953 e da quel momento la collezione venne continuamente spostata, cercando una sempre diversa, e più consona, sede espositiva. Fu l’archeologo Rizza a insistere perché la sede fosse vicina alla biblioteca e agli uffici dell’Istituto di Archeologia: alla fine viene individuato Palazzo Ingrassia (l’ex istituto di Anatomia) dove oggi sono esposti preziosi reperti di età preistorica e protostorica, fino all’età tardo-antica e medioevale.
Con una chicca particolare: Guido Libertini era appassionato di manufatti antichi dell’area di Centuripe e da questo suo amore arrivano anche 78 “falsi”, prodotti ad arte dai falsari della zona, ma con tale maestria da ingannare anche esperti, come il grande archeologo senese Ranuccio Bianchi Bandinelli che ne difese (sbagliando) l’originalità.
A Catania sono più di 40 i siti aperti al pubblico (guarda qui tutti i luoghi). La visita ha una durata di 60 minuti e non è accessibile ai disabili. Sono previsti dei pullman su prenotazione il 6 e il 27 ottobre da Palermo a Catania, al costo di 20 euro.
Tutto nasce dalla caparbia e dall’immensa passione di un brillante archeologo, docente e rettore dell’Università: siamo nei primi anni Venti del secolo scorso e Guido Libertini inizia ad acquistare reperti, creando di fatto la prima collezione di quello che sarebbe diventato il Museo archeologico dell’Università.
Libertini morì nel 1953 e da quel momento la collezione venne continuamente spostata, cercando una sempre diversa, e più consona, sede espositiva. Fu l’archeologo Rizza a insistere perché la sede fosse vicina alla biblioteca e agli uffici dell’Istituto di Archeologia: alla fine viene individuato Palazzo Ingrassia (l’ex istituto di Anatomia) dove oggi sono esposti preziosi reperti di età preistorica e protostorica, fino all’età tardo-antica e medioevale.
Con una chicca particolare: Guido Libertini era appassionato di manufatti antichi dell’area di Centuripe e da questo suo amore arrivano anche 78 “falsi”, prodotti ad arte dai falsari della zona, ma con tale maestria da ingannare anche esperti, come il grande archeologo senese Ranuccio Bianchi Bandinelli che ne difese (sbagliando) l’originalità.
A Catania sono più di 40 i siti aperti al pubblico (guarda qui tutti i luoghi). La visita ha una durata di 60 minuti e non è accessibile ai disabili. Sono previsti dei pullman su prenotazione il 6 e il 27 ottobre da Palermo a Catania, al costo di 20 euro.
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