Tra streghe, passioni e la poetica di Franco Scaldati: "Notturno Macbeth" alle Orestiadi

Franco Scaldati
"Notturno Macbeth" è lo spettacolo con Serena Barone, Aurora Falcone e Giuseppe Tarantino che va in scena alle Orestiadi di Gibellina venerdì 10 agosto alle 21.15.
Per la regia di Umberto Cantone e il progetto video a cura di Michele Ambrose, si tratta di una prima Nazionale.
Il teatro poetico di Franco Scaldati si è sempre nutrito di tenebre per dare luce e corpo alle parole, e sempre ha corteggiato l’incerta natura di paesaggi e figure di quell’ “illusione mediterranea” che, tra le sue tante metamorfosi, sa esprimere quella, ammaliante e terribile, del ritrarsi del cuore umano e del subentrare del cuore diabolico.
E dunque naturale è stato —per il teatrante poeta di Palermo —l’incrocio con la più infernale e adamantina delle tragedie di Shakespeare, con il “Macbeth” che, in questo meditato “Libro Notturno”, si è lasciato riscrivere più che tradurre in una magnifica lingua-dialetto che scandisce e vivifica, accarezza e scava il testo originario, valorizzandone l’ordito e la polpa teatrale.
Sfidando l’irrappresentabilità della partitura scaldatiana (che si limita a evocare i personaggi senza definirli), lo spettacolo sceglie come prospettiva privilegiata quella “oracolare” delle tre Streghe (o Norne o Veggenti o Sorelle Fatali) che aprono e chiudono il Libro del fantasmagorico vortice di passioni incontrollate e atti sanguinari in cui precipitano scarnificandosi Macbeth, Lady Macbeth, Banquo e gli altri protagonisti della tragedia.
Come uniche presenze sulla scena, saranno dunque le tre streghe a “fare e disfare”, recitandole in un corpo a corpo con le ombre, tutte le parti del Macbeth notturno, conducendo il sistema di metamorfosi ed epifanie nel teatro delle apparizioni scaldatiano/shakespeariano.
Un teatro dove il tempo confonde se stesso e dove tutte le identità e qualità (corpo e anima, maschile e femminile, realtà e sogno) si mescolano e si sovrappongono.
E questo tenebroso gioco di fisiche perdizioni, di preveggenze fatali e di delitti senza redenzione, vogliamo che si svolga in uno dei tanti teatri naturali di Gibellina, spazio che evocherà concretamente le geometrie, i volumi e i punti di fuga del “dolce illusorio Sud”, immaginato da Dino Campana e animato dall’arabesco e dal barocco della lingua visionaria di Scaldati.
Per la regia di Umberto Cantone e il progetto video a cura di Michele Ambrose, si tratta di una prima Nazionale.
Il teatro poetico di Franco Scaldati si è sempre nutrito di tenebre per dare luce e corpo alle parole, e sempre ha corteggiato l’incerta natura di paesaggi e figure di quell’ “illusione mediterranea” che, tra le sue tante metamorfosi, sa esprimere quella, ammaliante e terribile, del ritrarsi del cuore umano e del subentrare del cuore diabolico.
E dunque naturale è stato —per il teatrante poeta di Palermo —l’incrocio con la più infernale e adamantina delle tragedie di Shakespeare, con il “Macbeth” che, in questo meditato “Libro Notturno”, si è lasciato riscrivere più che tradurre in una magnifica lingua-dialetto che scandisce e vivifica, accarezza e scava il testo originario, valorizzandone l’ordito e la polpa teatrale.
Sfidando l’irrappresentabilità della partitura scaldatiana (che si limita a evocare i personaggi senza definirli), lo spettacolo sceglie come prospettiva privilegiata quella “oracolare” delle tre Streghe (o Norne o Veggenti o Sorelle Fatali) che aprono e chiudono il Libro del fantasmagorico vortice di passioni incontrollate e atti sanguinari in cui precipitano scarnificandosi Macbeth, Lady Macbeth, Banquo e gli altri protagonisti della tragedia.
Come uniche presenze sulla scena, saranno dunque le tre streghe a “fare e disfare”, recitandole in un corpo a corpo con le ombre, tutte le parti del Macbeth notturno, conducendo il sistema di metamorfosi ed epifanie nel teatro delle apparizioni scaldatiano/shakespeariano.
Un teatro dove il tempo confonde se stesso e dove tutte le identità e qualità (corpo e anima, maschile e femminile, realtà e sogno) si mescolano e si sovrappongono.
E questo tenebroso gioco di fisiche perdizioni, di preveggenze fatali e di delitti senza redenzione, vogliamo che si svolga in uno dei tanti teatri naturali di Gibellina, spazio che evocherà concretamente le geometrie, i volumi e i punti di fuga del “dolce illusorio Sud”, immaginato da Dino Campana e animato dall’arabesco e dal barocco della lingua visionaria di Scaldati.
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