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"Un linguaggio plurale": sette artisti nisseni sull'espressività pittorica, plastica e scultorea della scrittura

Balarm
La redazione

Echi spaziali nella tela di Giuseppina Riggi (part.)

Il Centro "Piero Montana" a Bagheria ospita la mostra d'arte contemporanea "Un linguaggio plurale. La scuola di Caltanissetta", a cura di Giovanna Cavarretta, costituita storicamente fin dai primi anni ‘90 dagli artisti: Calogero Barba, Lillo Giuliana, Michele Lambo, Giuseppina Riggi, Salvatore Salamone, Franco Spena, Agostino Tulumello. 

La mostra è incentrata sull'espressività pittorica, plastica e scultorea della scrittura. Per la suggestività delle opere esposte, l'esposizione tenta un approccio rivolto a tutti e non solo agli addetti ai lavori e si struttura secondo un percorso che parte dall'archeologia sacra dei segni cuneiformi di antiche civiltà.

Una riflessione sull’oblio del Logos che evangelicamente fu in Principio. E di certo é nel recupero di una dimensione trascendente del linguaggio che gli artisti nisseni operano, sviluppando nei loro lavori delle intuizioni degne di attenzione per la loro originalità.
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Salvatore Salamone, propone una dimensione arcaica e prettamente creazionista del linguaggio, da cui secondo dottrine bibliche e kabbalistiche ebbe origine il mondo, per poi giungere, con Agostino Tulumello, a rappresentare, nel proprio mondo moderno rispetto all'origine, una sua involuzione.

La dimensione trascendente del linguaggio trova la sua piena espressione pittorica nelle opere di Michele Lambo attratto dalla vertigine dell’infinito in cui l’artista sembra precipitare. Di questo stesso infinito vibrano gli echi spaziali che sembrano propagarsi dentro e oltre le tele di Giuseppina Riggi, non supportate da cornici che viceversa porrebbero confini. 

Con Franco Spena si assiste alla denuncia dell’eclissi, del tramonto definitivo dell'origine sacrale del Verbo, mettendo in rilievo un linguaggio non più arcaico, primordiale, bensì moderno, attuale, pop, con cui costruisce mosaici di un alfabeto metallico.

Un alfabeto di marmo, appena accennato da alcune vocali e consonanti, nella sua rigorosa essenzialità classica, viene proposto infine da Lillo Giuliana, le cui opere, dei bassorilievi marmorei, sembrano costituire lapidi con sopra scolpite lettere alfabetiche che evocano tutto il loro potere creativo e poetico. 

Calogero Barba, sempre più impegnato in operazioni concettuali, propone un manifesto del mentale, dove l’attenzione artistica si concentra nel cortocircuito, ossia nella tautologia dei significati, che ripetono il loro uso prettamente strumentale ai fini di una ragione, asservita alle condizioni di un linguaggio subordinato ai soli bisogni e necessità pratiche.
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