"Una pietra sopra", uno spettacolo di intrecci ambigui: il Libero di Palermo in scena a Villa Filippina
Domenico Bravo in "Una pietra sopra"
Una serie di voci e di personaggi si inseguono sulla scena fino a comporre, davanti allo spettatore, l’inquietante affresco del disfacimento colpevole di una città.
Davanti a questa decadenza inarrestabile il racconto dei morti di fronte ad un becchino si rivela come un concreto atto di ribellione che però sfugge alla realtà di tutti i giorni per evocare la metafisica.
È un intreccio ambiguo in cui il soprannaturale appare legato al quotidiano quello che va in scena giovedì 16 luglio nel Parco di Villa Filippina con lo spettacolo dal titolo "Una pietra sopra" del Teatro Libero di Palermo.
Lo spettacolo di Manlio Marinelli vede protagonista Domenico Bravo, con la regia di Lia Chiappara (scene Rosaria Randazzo, canto Stefania Sperandeo, video Domenico Bravo, costumi Sartoria Teatro Libero, luci Fiorenza Dado e Gabriele Circo).
Uno spettacolo in cui la metafisica allo scorrere delle banali esistenze di ciascuno, in cui personaggi palesemente surreali appaiono del tutto autentici, il comico si tuffa costantemente nel tragico, la lingua artificiale del teatro si nutre della sporcizia terrosa del dialetto. Si tratta di un polilogo, di un concerto in cui l’ultimo indissolubile amplesso è quello tra il suono e il senso.
Davanti a questa decadenza inarrestabile il racconto dei morti di fronte ad un becchino si rivela come un concreto atto di ribellione che però sfugge alla realtà di tutti i giorni per evocare la metafisica.
È un intreccio ambiguo in cui il soprannaturale appare legato al quotidiano quello che va in scena giovedì 16 luglio nel Parco di Villa Filippina con lo spettacolo dal titolo "Una pietra sopra" del Teatro Libero di Palermo.
Lo spettacolo di Manlio Marinelli vede protagonista Domenico Bravo, con la regia di Lia Chiappara (scene Rosaria Randazzo, canto Stefania Sperandeo, video Domenico Bravo, costumi Sartoria Teatro Libero, luci Fiorenza Dado e Gabriele Circo).
Uno spettacolo in cui la metafisica allo scorrere delle banali esistenze di ciascuno, in cui personaggi palesemente surreali appaiono del tutto autentici, il comico si tuffa costantemente nel tragico, la lingua artificiale del teatro si nutre della sporcizia terrosa del dialetto. Si tratta di un polilogo, di un concerto in cui l’ultimo indissolubile amplesso è quello tra il suono e il senso.
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