170 milioni per "salvare" le montagne a Palermo: da Monte Pellegrino a Capo Gallo
Il dissesto idrogeologico e le frane sono due dei principali problemi che affliggono il territorio siciliano, che da tempo impensieriscono sindaci e cittadini. I progetti

Per far fronte a questo problema, di recente il governo regionale ha dichiarato di star per finanziare vari progetti di messa in sicurezza dei costoni rocciosi maggiormente pericolosi e di aver già finanziato un piano da 170 milioni di euro per le montagne che circondano Palermo.
I primi progetti riguarderanno Monte Pellegrino, il cui versante nord-occidentale, un tempo attraversabile attraverso Via Monte Ercta, giace da anni in una condizione d’instabilità, tanto da impedire ai visitatori di raggiungere la vetta della montagna da Mondello.
Questi lavori avranno una spesa di 44 milioni di euro e serviranno anche a consolidare altre pareti di roccia, tra cui quelle che sovrastano l’Addaura.
«Abbiamo seguito un approccio basato sulla pianificazione e sull’uso efficiente delle risorse – dichiara il presidente Schifani, in una dichiarazione rilasciata alla stampa – che ci ha consentito di rendere più efficace la gestione della spesa. Al momento gli interventi si concentrano principalmente sul capoluogo, con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza del territorio e dei cittadini, valorizzando allo stesso tempo aree di particolare pregio. Un traguardo che è stato possibile raggiungere grazie al lavoro congiunto e alla collaborazione tra le istituzioni».
Tra le altre aree che verranno interessati da questo primo piano c’è anche Capo Gallo - meta turistica per migliaia di visitatori ogni estate e luogo di una riserva naturale protetta di notevole importanza paesaggistica e storica – Cozzo Finocchio e le pareti rocciose che sovrastano l’abitato di Boccadifalco.
Ciò che spinge il territorio siciliano ad essere così fragile rispetto alle frane e al dissesto idrogeologico è la sua stessa origine recente. Al di là di qualche sporadica eccezione, dal punto di vista geologico la superficie della nostra isola è infatti estremamente recente e le sue rocce sono principalmente composte da marne, materiali vulcanici e argille, facilmente degradabili e soggette ad erosioni. Ciò amplifica notevolmente l’insorgere delle frane e il pericolo d’improvvisi cedimenti del suolo.
L’urbanizzazione selvaggia e l’abbandono del territorio hanno inoltre amplificato questo fenomeno, in particolare da quando il cambiamento climatico ha reso le rocce ancor maggiormente esposte a questo pericolo. Le alte temperature, il disboscamento provocato dagli incendi e gli acquazzoni improvvisi non fanno infatti altro che spaccare maggiore velocità la superficie delle rocce e a creare le condizioni perfette per i crolli.
Non è difatti un caso se la Sicilia è tra le regioni italiane con il maggior numero di frane censite, insieme a Campania e Calabria. E mentre i politici pianificano i finanziamenti, i geologi attualmente presenti nella regione sperano solamente che essi non siano gli ultimi e che ci sia un maggior riconoscimento del loro lavoro.
Per quanto sia infatti necessario introdurre all’interno dei comuni figure chiavi come naturalisti e geologi, come suggerito da varie sigle ambientaliste, oggi queste figure raramente sono presenti all’interno degli uffici regionali e comunali, mentre i liberi professionisti e gli albi professionali spesso vengono ignorati dagli amministratori.
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