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"Boffa, timpuluni o sole piatti": in Sicilia ci sono almeno 10 modi di dire (e dare) schiaffi

In qualsiasi altra parte del mondo lo schiaffo ha un solo significato, ma da noi no. Per i siciliani assume sensi diversi, spesso opposti: voi quanti ne conoscete?

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 31 luglio 2023

Il celebre schiaffo di Will Smith a Chris Rock agli Oscar 2022

Quando ero nicareddu non ero proprio uno stinco di santo e spesso ho sfidato, con le ovvie conseguenze, la pazienza di genitori e nonni, alzando sempre più l’asticella.

Tempi diversi, e forse più crudi, in cui se era opportuno assestare un bello timpuluni per rafforzare un concetto, non ci si lesinava dal farlo, con buona pace dei metodi Montessori, Waldorf-Steiner o Happy child, (e chissà di quanti altri di cui sconosco l’esistenza).

Solitamente il rafforzativo fisico era sempre accompagnato dalla solita frase, «... ti rugnu u riesto», parte fissa e non variabile di un’ affermazione che poteva cominciare in diversi modi. Tipicamente, «E appena piangi ti rugnu u riestu!».

Lo schiaffo in qualsiasi parte del mondo è unico ed assoluto, ed un significato ben preciso, ma non da noi, in Sicilia, dove, per il 90% delle cose, assume connotazioni, varianti e significati molteplici ed opposti, spesso accompagnandosi con altrettanta taliata ben precisa.
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A boffa: c’è poco da dire sulla boffa, non esiste siciliano che non sappia più che bene cosa sia. Il termine deriva dal francese boffè, che per l’appunto significa proprio schiaffo, testimonianza manesca della presenza Agioina nell’ isola. Può essere sommnistrata con la classica mano aperta, oppure assumendo una forma a conca in modo tale che il colpo possa fare quanto più scruscio.

La boffa può essere amichevole, cameratesca, ma non se ne disdegna l’uso anche in contesti più violenti, accompagnata da espressioni del tipo: «Cucì ma t’ha mai truvato in una tempiesta i buoffe?», o anche «Ora ti pigghio a boffe a due a due fino a quannu addivientanu rispari».

A timpulata: una variante della boffa che però va ad impattare, com’è facilmente deducibile dal nome stesso, sulla tempia al posto della guancia. Anche una timpulata può essere amichevole, a tipo una sorta di buffetto, ma spesso si tratta più di un avvertimento di carattere minaccioso, oppure semplicemente viene assestata direttamente per fari stunare la vittima.

Quando u nirbuso acchiana assai a timpulata si trasforma in timpulune che si differenzia dalla prima per l’accompagnamento della mano sul viso, con il chiaro intento di far cadere a terra il malcapitato.

A masciddata: non ha un’ eccezzione per forza negativa, anzi spesso viene usata come una sorta di compiacimento o approvazione verso qualosa che, in teoria, non dovrebbe essere fatta ma che si reputa "coinna rura".

U picciriddu si sciarrò con un coetaneo senza portare vastunate a casa? Una leggera masciddata dimostra il compiacimento del genitore masculo per il figlo che ha saputo difendersi, anche se la disapprovazione viene comunque esternata, «T’addifinnisti! Bravo! Però un si fanno ste cose, va bene u papà?».

Il movimento della masciddata implica una posizione della mano leggermente ruotata con un movimento dal basso verso l’alto andando a prendere la mascella, per l’appunto, nella maggior parte della sua estensione. Chiaramente la masciddata, in contesti più sciarrettieri, se assestata bene fa veramente male.

L’argiata: come dice il nome stesso questo tipo di schiaffo piglia le cosidette argie, una zona del viso compresa tra il collo e la mandibola. Data con la mano estesa e dita chiuse, ppesso viene usata accompagnandola con l’ esclamazione «ni argie!», riferendosi ad una non precisata patologia che dovrebbe colpire le corde vocali.

Può avere una doppia valenza, bonaria in un contesto amichevole, spesso per far capire a qualcuno che sta facendo troppa vucciria, oppure come malaugurio per qualcuno che parla assai.

A cuzzata: da alcuni chiamato anche scuppulune, va dato con mano aperta o a coppo, a seconda della rumorosità che si vuole ottenere, con un movimento frustato che va ad annagghiare u cozzo ovverosia la nuca, spesso r’ammuccioni del malcapitato.

Solitamente è di carattere bonario e lo si usa, prettamente tra masculazzi, per “salutare” in maniera cameratesca una persona che non si vede da parecchio tempo o con la quale si è molto in confidenza.

«A tia!!!» e l’ espressione, quasi sempre urlata, che accompagna questo schiaffo, pronunciata nell’esatto istante in cui il cozzo viene colpito!

A fuoimma n’ guanta: è uno schiaffo dato con forza che vuole fare male! La mano ben aperta e con la dita larghe annagghia ra bella la maggior superficie possibile del viso della vittima. L’impatto, decisamente violento, lascia sulla pelle un evidente arrossamento cutaneo che ha la forma dell’intera mano o di quello che potrebbe essere un guanto.

Il nome potrebbe derivare anche, ma senza alcuna certezza storica, dal tipico gesto di sfida, d’epoca passata, in cui si andava a colpire il viso dell’avversario proprio con un guanto.

U sole piatti: i più maturi, (picchi dire vecchiareddi pare malu), ricorderanno sicuramente la pubblicità anni '80 del detersivo Sole Piatti, in cui una giovanissima Gabriella Golia, (se non sbaglio...), batteva tra loro due piatti, (o erano coperchi?). In terra sicula il "simpatico" gesto è stato subito reinterpretato dando origine così a due boffe o anche fuoimme n’guanta date simulteaneamente ai due lati del viso del malcapitato.

Spessissimo il gesto vuole essere qualcosa di goliardico, ma altrettanto spesso chi subisce non la prende molto bene, dando origine ad aggaddi epici.

A mano dritta o arriviersa: Rispettivamente boffa somministrata con il palmo della mano o, arriviersa, con il dorso. Quest’ultima usata, spesso, se si hanno anelli alle dita, con lo scopo di fare ancora più male. Quella arriviersa, data con il classico anello di onice nero.

Nell'immaginario collettivo e forse anche nella raltà, rimanda al tipico gesto del boss mafioso nei confronti di un suo sottoposto, per punire qualcosa di sbagliato o semplicemente avvalorare lo status nella scala gerarchica.

Tutte le varianti citate possono combinarsi insieme dando origini a tecniche che la sacra scuola di Okuto si può ire ad ammucciare. Mi limiterò a citarne solo due.

A lampiata: dopo animata discussione partono una serie di boffe, timpulona, masciddate e argiate in rapida successione e senza alcuna pausa con il chiaro intento di stonare la vittima e farici viriri i lampi, (i classichi scintillii e lucine dette fosfeni).

La lampiata può essere anche di prima, ovvero, quando, nel bel mezzo di una questione piuttosto concitata, uno dei due, senza alcun preavviso, se ne parte con una lampiata inaspettata. Spesso le prime boffe sono accompagnate, in simultanea, da una ginocchiata bene assestata nelle parti basse.

A tiempiesta i boffe: per certi versi molto simile alla lampiata, se non fosse che quasi mai è di prima o della bella, poichè preannunciata dalla classica frase: «Cucì ma t’ha truvato mai in una tempiesta i boffe?». Se "u cucì" non coglie l’avvertimento ecco che parte ua tipologia di lampiata, che per il suo impeto ricorda, per l’appunto, ad una vera e propria tempesta nella quale piovono boffe invece che gocce d’acqua.
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