CURIOSITÀ
"Comu finiu? A tri tubi": noi ridiamo, ma dietro c'è la (triste) storia di un piroscafo siciliano
È un'espressione tipica della Sicilia orientale con cui si dà una risposta spiritosa che, in realtà, conserva il ricordo di una tragedia che ha per protagonista "la tre tubi"
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Il piroscafo "Città di Catania"
L’espressione è molto comune e diffusa tra generazioni vecchie e nuove soprattutto nella zona orientale della Sicilia. Rientra tra i tanti modi dire che si tramandano senza conoscerne veramente il significato o l’origine.
In realtà le repliche alla domanda comu finiu? possono essere diverse, variano anche rispetto alla garbatezza che si vuole conferire alla risposta. Oltre a tri tubi potreste imbattervi in finiu a fetu, finiu a schifiu.
Tutte espressioni che, con ilarità e ironia, aiutano a colorare un esito che sicuramente non è andato a buon fine.
Un modo curioso, quindi, per venire fuori da una situazione di impasse. Ma qual è l’origine di questo modo di dire?
Nonostante, infatti, per qualcuno l’espressione sia molto familiare, la sua origine è un enigma. Per conoscerla bisogna andare indietro al 1909-1910 quando venne costruito il piroscafo Città di Catania appartenente alle Ferrovie dello Stato che aveva, appunto, tre grossi comignoli e, per questo, denominato "la tre tubi".
A seguito dei trattati di pace fu destinata a svolgere servizi postali di linea, e poi nuovamente, a partire dal 1939, la nave venne utilizzata dalla Regia marina e assunse una colorazione mimetica per essere meno identificabile.
Il suo ultimo viaggio fu sulla rotta Brindisi - Durazzo con a bordo 407 passeggeri, tra civili e militari, e 105 dell’equipaggio. Un sommergibile inglese HMS Unruffled lo avvistò al largo della città di Brindisi, lanciò due siluri e lo affondò con tutti i passeggeri a bordo. Era il 3 agosto del 1943.
In Sicilia quando si usa l’espressione "finiu a tri tubi" si vuole accennare a qualcosa andato storto, proprio come la triste fine di questo piroscafo.
A questa versione più ufficiale se ne aggiunge un’altra più colorita. Ha sempre a che fare con mare e imbarcazioni e fa riferimento al periodo delle grandi migrazioni verso l’America. All’epoca erano perlopiù i mariti a partire su navi che avevano quasi sempre tre comignoli.
Una volta arrivati oltre oceano, alcuni di loro si risposavano e iniziavano una nuova vita facendo perdere le proprie tracce. Alle mogli rimaneva il ricordo dell’ultimo saluto al porto e a chi chiedesse loro notizie sulla sorte dei propri consorti non potevano che rispondere ‘a tri tubi’.
In alcuni contesti si dice anche ‘a tri tubi e na cannila’ per indicare le notti trascorse in bianco con una candela accesa ad aspettare notizie che tardavano ad arrivare. In entrambe le versioni l’espressione caratteristica e spiritosa racconta, purtroppo, di eventi e situazioni non molto fortunate.
La prossima volta che vi capiterà di usare o sentire questa espressione pensate che non può esservi andata peggio che al ‘Città di Catania’.
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