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Cresce a pane e musica fin da bimbo: uno degli ultimi suonatori di friscaletto in Sicilia

È semplice ma non così facile da fare suonare. Non basta mettere del fiato dentro, serve l’anima di chi lo suona per fargli emettere quelle note che lo rendono unico

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 3 novembre 2023

Sergio Bruno

Aveva sette forse otto anni quando prese in mano il suo primo strumento musicale, un flauto trovato in casa che è stato l’inizio di una storia passata suonando quel “friscaletto” al quale spesso si rifà l’immagine evocativa della cultura musicale siciliana.

Così Sergio Bruno - classe 1968 nato e cresciuto a Petralia Soprana da dove non se ne è mai andato se non portando in giro per il mondo la musica popolare con i gruppi musicali di cui ha fatto parte – racconta gli inizi di una vita che trascorre a suon di musica, il suono di uno degli strumenti più antichi della storia dell’uomo.

Una tipologia di flauto dolce che fa parte della tradizione musicale popolare e folkloristica mediterranea e non soltanto, uno strumento semplice ma non così facile da fare suonare, per il quale non basta mettere del fiato dentro, serve l’anima di chi lo suona per fargli emettere quelle note che lo hanno reso così importante.
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Eppure non è tutto qui… “questo strumento” – ci spiega Sergio – «è ingiustamente relegato alla musica folcloristica, ne fa parte ma le suo origini come il suo utilizzo hanno a che fare con molto altro ma sicuramente – udite udite - non con le tarantelle o con l’accompagnamento delle fisarmoniche e dei tamburelli; la sua provenienza ha a che vedere con la storia dell’uomo, con la vita agreste lontanissima dalle ballate e dalle musiche alle quali siamo abituati ad associarlo».

Il Friscaletto è una tipologia di zufolo che proviene dall’Aulos greco intagliato di canna - ma anche in alcuni tipi di legno come il nocciolo - dalla cultura ancestrale pastorale poiché era il compagno dei pastori durante le lunghe giornate trascorse sui pascoli o sugli altipiani per i quali rappresentava un passatempo tanto nel costruirlo con le canne che si trovavano lungo le zone umide, quanto suonandolo per alleviare e sopportare il protrarsi dei periodi di solitudine.

Nel Novecento andò perdendo la sua esclusività bucolica transitando dentro le feste popolari quando i pastori rientravano nei paesi per le feste, quei momenti dedicati alla fine dei raccolti con la celebrazione in ringraziamento alla natura e a Dio, fino ad arrivare alla tradizione popolare che lo ha adottato e inserito nei gruppi di altri strumenti di cui oggi fa parte.

«In realtà il friscaletto può benissimo stare da solo, non solo accompagnare e sostenere musicalmente altri strumenti, il suo suono richiama quelli della natura in mezzo alla quale è nato con una melodia che rapisce i sentimenti. Bisognerebbe ascoltarlo nella sua musicalità originale, in un ruolo da solista al quale difficilmente si può assistere».

Cresciuto a pane e musica forse ispirato dalla carriera musicale intrapresa dal fratello maggiore Leonardo – maestro e autore di altissimo livello professionale e fiore all’occhiello del panorama musicale/artistico siciliano a cui si sono rivolti artisti da tutta Italia con cui lavora e continua a collaborare - Sergio è uno dei più affermati e riconosciuti suonatori di friscaletto fin da quando era appena un ragazzino chiamato per la sua abilità per far parte dei gruppi popolari e legando la sua storia a questo compagno di vita che lo segue come una appendice dalla quale è impossibile separarsi.

È custode di un retaggio quindi che rappresenta un patrimonio di quelli legati alla tradizione orale – orecchiabile in questo caso - quella che si tramanda di generazione in generazione pena la scomparsa e la perdita. Ma perché proprio il friscaletto e non un altro strumento più "contemporaneo" per così dire?

«Il perché sta proprio nella sua versatilità e nella sua storia, quella autentica che cerco di raccontare suonandolo al di là dell’uso che spesso ne faccio nei gruppi musicali dove mi coinvolgono, o che formo per le occasioni tradizionali alle quali non mi nego, ma le esecuzioni più belle nelle quali lo esibisco sono quelle in cui lo faccio vivere in altri modi, facendo uscire la sua vera anima.

Passo ogni giorno a studiare, infatti, non per solo esercizio o in vista di un concerto – ben 22 solo quest’anno con la sua formazione allargata del gruppo dei Sirah - ma per sperimentare le sue infinite possibilità. Per quanto sembri incredibile, questo flauto agreste è protagonista in alcuni spartiti della musica barocca con cui si sposa perfettamente».

In sé questo strumento, affine al flauto dolce, non consente grandi variazioni e la sua intensità sta nell'emissione del fiato che da corpo alla melodia come nella costruzione del materiale utilizzato, ma ognuno di questi strumenti ha una sua anima, una personalità unica proprio come un individuo con tutte le sue sfumature e ne esistono con diverse accordature in do, in sol e in la.

Oggi grazie alla sua qualità timbrica sta raggiungendo altri contesti musicali, diventando in qualche caso un strumento solista richiestissimo, la cui fattura dipende da raffinati artigiani capaci di realizzare strumenti straordinari, oltre che belli da vedere.

Sergio ne possiede una piccola collezione, venti pezzi che uno dopo l’altro di anno in anno si sono aggiunti alla famiglia, tenuti con cura nelle custodie che lui ci ha mostrato dove riposano quando non lo seguono nei suoi viaggi musicali.

Uno di questi sarà a breve, in novembre prenderanno il volo con lui dall’altro capo dell’Italia, nel lontano Piemonte dove il suo gruppo farà ascoltare il sound siciliano che prende punto dalla musica popolar ema non si ferma allo stereotipo.
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