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Custodisce un'arte antica e regala sorrisi: chi è il "mago" dei Pupi di Zucchero di Palermo

Vi raccontiamo come Giuseppe Sciurca trasforma lo zucchero in un'opera d'arte, che poi viene decorata. I segreti di una tecnica che sembra facile ma non lo è

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 1 novembre 2022

I Pupi di Zucchero di Giuseppe Sciurca

Un tempo le pasticcerie, in occasione della commemorazione dei defunti riempivano gli scaffali del proprio laboratorio con una miriade di statuine di zucchero meglio conosciute, in tutto il mondo, con il nome di: Pupi di Zucchero. Da piccolo mia nonna mi diceva che questi erano dei "doni dei parenti morti", e in particolare di un zio deceduto chissà da quanto tempo.

A quel tempo, francamente chi me lo donasse aveva poca importanza anche perché, a pensarci bene, l’idea che qualcuno dell’oltretomba mi regalasse qualcosa non mi entusiasmava! In realtà per mia nonna era un modo per esorcizzare la paura della morte e mantenere una forte connessione con coloro che non c’era più. Ad ogni modo i "paladini a cavallo" erano quelli più desiderati, anche perché essendo di dimensioni maggiori, rispetto a quelli "appiedati", duravano più a lungo.

Ancora oggi, quando vedo un Pupo di Zucchero la memoria mi riporta indietro nel tempo. Si tratta di una sensazione che, ancora oggi, riesce a rievocare gli antichi odori di un tempo! È una emozione che si mescola con il piacere del ricordo e una particolare malinconia che a tratti è paradossalmente piacevole.
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Quando lo chef Giuseppe Sciurca, con la passione di girovagare la Sicilia in Vespa per valorizzare le eccellenze culinarie del territorio, mi invitò ad una sagra per vedere come realizzava i Pupi di Zucchero, accettai l’invito senza indugio. Mi incuriosiva molto scoprire la sua "segreta" tecnica. Giuseppe la prima cosa che fece fu quella di scioglie lo zucchero in acqua e iniziò a mescolare per tutta la durante della bollitura.

«In questa fase la temperatura dell’ingrediente è fondamentale» mi disse con il tono di chi mi stava svelando un segreto. Completata questa fase versò il composto fuso in appositi stampi e aspettò che si raffreddassero. Anticamente questi erano in terracotta, poi furono realizzati anche in gesso.

Gli artigiani degli stampi, chiamati gissara, producevano il negativo dividendo il calco in due parti: quella frontale, la più decorata, e quella posteriore quasi sempre liscia. Quando il composto diventò solido con delicatezza e maestria, lo chef, tolse gli stampi e come per magia mi mostrò l’opera.

Dopo l’asciugatura del Pupo, intervenne Valeria Signorino che con sgargianti tinteggiature vegetali, commestibili, iniziò a decorare le statuine. In poco tempo avevano trasformato lo zucchero fuso in una straordinaria opere d’arte. Sembra semplice realizzare i Pupi, ma vi posso assicurare che non è così, ecco perché Giuseppe è uno dei pochi maestri a conoscere come trasformare lo zucchero in arte.

Occorre conoscere i tempi di cottura al "secondo", basta lasciare il composto oltre il dovuto per non riuscire a staccare il Pupo dallo stampo.

«Anticamente questi venivano messi in delle ceste, meglio note con il nome di cannistri - dice il mago dello zucchero - e si adornavano con frutta secca, dolci tipici siciliani, tra questi gli immancabili "ossi dei morti" e la frutta martorana». In merito all’origine di questo dolce non si hanno fonti certe.

Secondo alcune versioni sembra che sia legato alla dominazione araba quando un nobile decaduto non avendo cosa offrire ai suo commensali decise di fare delle statue di zucchero riscuotendo un enorme successo tra gli ospiti.

Un’altra versione fa risalire l’origine di questo tipico dolce siciliano al XVI secolo in occasione di una visita di Enrico III. Oggi il “Pupo di Zucchero” rischia l’estinzione anche perché sono poche le pasticcerie interessate alla commercializzare di questo antico e sublime prodotto, decisamente più attratte dai gadget di Halloween.

«Ho imparato da solo, questa antica arte, facendo tanti errori soprattutto all’inizio. Ai classici stampi di paladini e cavalieri ho anche aggiunto la realizzazione delle Teste di Moro molto apprezzate anche dal mercato americano - conclude lo chef - sono orgoglioso di mantenere ancora viva questa tradizione anche perché la soddisfazione di regalare sorrisi sia a grandi che ai piccoli e incommensurabile».
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