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Dal Ponte di Ferro vedi il mare e la splendida riserva: l'antica ferrovia (dismessa) in Sicilia

Su altri fronti sono stati fatti passi da gigante ma questo vecchio tracciato è un cantiere aperto d’idee e pensieri inascoltati. La sua storia e com'è oggi

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 8 giugno 2024

Il "Ponte di Ferro" dell'ex tratta Castelvetrano-Porto Empedocle (foto di Salvatore Di Chiara)

Negli ultimi anni l'opinione pubblica si è divisa sulle ferrovie dismesse in Sicilia. Attualmente la nostra regione evidenzia dati allarmanti. Quali? Quattro, come il numero d’itinerari in disuso. Mille, come il numero di km inutilizzati, che rappresentano almeno una fetta su dieci del totale.

Se da un lato sono stati fatti passi da gigante (come accaduto nel caso della Pachino - Noto), il vecchio tracciato Castelvetrano-P.Empedocle rappresenta un cantiere aperto d’idee (alcune vaghe) e pensieri inascoltati.

In attesa di eventuali sviluppi futuri, gli intrepidi camminatori possono scegliere di vivere in simbiosi con il passato. Uno dei "pezzi" di massima “realizzazione ambientale” è il percorso che parte dalla “Pineta” di Selinunte (nei pressi della Riserva Orientata Foce del fiume Belice) fino a raggiungere Porto Palo di Menfi.

Oltre alla singola passeggiata, il racconto documentato attraverso una serie di fonti storiche evidenziano il notevole sforzo dovuto per la costruzione di un percorso lungo 132,421 km. Con la legge del 29 luglio del 1876 sulle ferrovie complementari, il governo fu costretto ad ampliare le linee ferroviarie all'interno del Regno per km 6020, affermando il principio per cui lo Stato doveva organizzare e occuparsi della costruzione delle ferrovie di maggiore importanza.
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Venne adottato un piano di programmazione suddiviso per fasce (quattro), con la quale veniva attribuita una categoria di appartenenza socioeconomica. Le tratte di prima categoria erano a carico dello Stato, mentre le altre, oltre alla partecipazione statale, i comuni e le province pagavano una quota per i lavori.

Uno dei tratti che alimentò inutili e sterili discussioni in Parlamento fu appunto la Castelvetrano-Porto Empedocle. Sebbene fosse stata inserita in un primo momento nella quinta categoria, dopo alcune verifiche del disegno di legge datato 15 maggio 1878, vennero apportate delle modifiche e inserita in quarta fascia.

Il progetto iniziale ebbe una spesa totale di circa 17 milioni di lire. Soldi ben spesi? A “vedere” e “toccare” i luoghi… la risposta è positiva. Uno dei primi “segnali di bellezza” è rappresentato dal Ponte di Ferro. È una struttura a travata (di ferro) lunga 50 mt. circa sul fiume Belice.

Fa parte delle poche opere d'arte insieme a un viadotto a cinque luci a tutto sesto di 10 metri ciascuno sul torrente Modione e un viadotto a tre arcate pure di 10 metri iascuno sul torrente Carboi.

Superare il Ponte di Ferro è un’emozione da “toccata e fuga”. Una distanza irrisoria, ma dai contenuti speciali.

Da lassù si scorge buona parte dei colori che compongono la riserva. Il silenzio viene messo a dura prova dalle “creature” presenti nell’ambiente. Le specie di uccelli provano - con i suoni - a comporre una melodia celebrativa. Il mare è a due passi, forse anche meno. E’ azzurro denso, perché il Mediterraneo non tradisce mai le aspettative.

Ogni metro è parte integrante di un duro percorso che vide - nel 1882 - il Ministero della LL. PP. soddisfare le continue richieste della popolazione di quei luoghi e disporre il piano affidandolo al Genio Civile di Trapani.

I singoli binari (per lunghi tratti ancora ben visibili) raccontano una lunga storia tra lentezze burocratiche e cambiamenti in corsa. Inizialmente era stato proposto il tracciato a scartamento ridotto, ma ben presto, a causa di una nuova legge, venne confermato quello normale. Subentrarono i campanilismi di chi preferiva i passaggi nelle città costiere e chi, invece, desiderava una linea nell’entroterra trapanese.

Successivamente, di tracciati ne vennero costruiti ben due! Ma questa è un’altra storia. Le testimonianze storiche mettono a dura prova lo sforzo fisico. Quello che, una volta superata la zona selinuntina e le sue coste, inizia ad assaporare i profumi dei vitigni menfitani. I confini trapanesi lasciano spazio a quelli agrigentini.

Cambiano le caratteristiche geografiche, mentre rimangono intatte le sfumature “alla siciliana”. I chilometri percorsi iniziano a farsi sentire.

E pensare che l’ultimo tratto fu realizzato nel 1951 a distanza di 41 anni dal primo (con l'utilizzo delle automotrici RALn 60). Le fermate erano le seguenti: Castelvetrano, S.Teresa Selinuntina, Latomie, Selinunte, Belice Mare, Porto Palo, Menfi, Capo S. Marco, Sciacca, Carabollace, Bellapietra, Verdura, Ribera, Magazzolo, Monte Sara, Cattolica Eraclea, Montallegro, Siculiana Marina, Siculiana, Realmonte, Punta Piccola, Porto Empedocle Cannelle, Porto Empedocle Succursale, Porto Empedocle e Agrigento Bassa. Un elenco “quasi” infinito, un po’ come i passi per raggiungere Porto Palo.

La brezza marina diventa un alleato e compagno intrepido di viaggio. La “passeggiata ferroviaria” di andata volge al termine e sorge spontanea una domanda, una riflessione: “Perché è durato così poco?” Infatti, furono tanti i motivi che portarono alla chiusura parziale e poi definitiva dell'intera tratta.

A partire dalla lentezza dei tempi e dell'offerta disarmonica di treni, i cui orari erano compilati più per risparmiare personale e mezzi che per venire incontro alla richiesta dei viaggiatori. Drastica era anche la contrazione del traffico merci senza possibilità di espansione, dato l'handicap dello scartamento.

Fu fatto un tentativo (vano) verso la metà degli anni Sessanta, con l'introduzione di speciali carri per trasporto. La loro circolazione era limitata a Sciacca a causa della sagoma ridotta delle gallerie tra questa stazione e Porto Empedocle.

Solo una segheria di Sciacca continuava a servirsi del vettore ferroviario e a Menfi, nel periodo della vendemmia, un'industria vinicola di grandi dimensioni caricava parecchi carri cisterna.

Purtroppo, non fecero seguito interventi strutturali. Inoltre la linea, già in condizioni pietose di armamento, venne lasciata priva di qualunque ammodernamento o manutenzione.

Il sistema di segnalamento rimase limitato ai soli pali indicatori delle stazioni. Il ritorno - ad anello - è possibile via costa. L’immensa opera infrastrutturale è un lontano ricordo.

Una bibita per ricaricare le pile e si riparte con destinazione Selinunte. Voci di corridoio abbozzano piani di riqualificazione a scopo turistico. Sarà possibile? Quanto aspetteremo per la realizzazione? Ai posteri l’ardua sentenza e… che non passino i fatidici 40 anni!
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