SCUOLA E UNIVERSITÀ

HomeAttualitàScuola e Università

Dall'ex hostess al "poeta" del pensionato: un docufilm racconta i fuorisede a Palermo

Un documentario che mostra le difficoltà quotidiane e le esperienze degli studenti di Unipa che si trasferiscono nel capoluogo siciliano. Ecco il trailer

Nicoletta Sanfratello
Studentessa di Lettere classiche
  • 24 ottobre 2025

Per visualizzare questo video, dai il tuo consenso all'uso dei cookie dei provider video.
Non è facile lasciare il proprio paese, trasferendosi in città, per perseguire le proprie aspirazioni accademiche. Studiare da fuorisede è un’esperienza che accomuna migliaia di studenti che attraversano le università siciliane, e che sicuramente mette alla prova i limiti di ognuno nell’approccio ad un modo nuovo e diverso di stare al mondo.

Con il tentativo di raccontare le difficoltà quotidiane, le storie e le esperienze di ogni ragazzo nasce il docufilm “Fuorisede – storie di vita e di studi”. Il film è pro­dot­to dal­l’as­so­cia­zio­ne Li­sten!, con il con­tri­bu­to eco­no­mi­co di Ersu Pa­ler­mo e i pa­tro­ci­ni di Andisu (As­so­cia­zio­ne na­zio­na­le or­ga­ni­smi per il di­rit­to allo stu­dio uni­ver­si­ta­rio) e Re­gio­ne Si­ci­lia­na.

Il regista Gaetano di Lorenzo e il direttore di produzione Salvo Ferrara hanno parlato con centinaia di ragazzi prima di selezionare i sei protagonisti del docufilm, che è stato presentato per la prima volta il pomeriggio del 21 ottobre scorso, presso la residenza universitaria Santi Romano.

Le sei esperienze dei ragazzi protagonisti sono diverse tra loro, ma tutte accomunate dalla passione per lo studio e per la voglia di sfidare le avversità che la vita da fuori sede comporta.

Ad esempio Giuseppe, studente di Lettere e poeta, è un ragazzo che ha vissuto al pensionato universitario. «L’anno scorso ho vissuto al Santi Romano, il pensionato universitario all’interno di viale delle Scienze. È una bellissima esperienza perché ho avuto modo di incontrare giornalmente tantissimi ragazzi e venire a contatto con le loro storie. Ogni ragazzo viene da province diverse: c’è chi viene da Messina, da Trapani e dagli altri luoghi dell’isola. Si fanno nuove conoscenze e si conoscono nuove culture. Palermo è una città multietnica, è un incontro di culture, sapori, storie che sembrano diverse ma che si fondono in un’armonia perfetta in città. Questa è stata per me un'esperienza sicuramente molto positiva».

Poi c’è Miriam, studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche, che con l’esperienza da fuori sede ha imparato l’indipendenza. «Il docufilm è stato registrato durante il mio primo anno di università. Era un anno dove ero abbastanza confusa perché mi ritrovavo in uno spazio totalmente diverso rispetto a quello che era il mio piccolo paese. Sono diverse le difficoltà che ho incontrato, mi ritrovavo da sola a casa a dovermi occupare di un po’ di tutto. Col tempo mi sono abituata e anzi ho iniziato ad amare questa mia indipendenza. Stare qui a Palermo ha tirato fuori quella che era la parte più autonoma e libera di me».

L’augurio è sicuramente quello di sfidare i propri limiti: «Sono grata a questa esperienza e credo che tutti debbano farla nella vita. Non si deve avere paura di andare fuori dalla propria zona di comfort per studiare ciò che si ama».

Maria invece studia Scienze della Formazione primaria, anche per lei l’esperienza da fuori sede è un modo per reinventarsi e imparare a gestirsi senza appoggiarsi a nessun altro. Uno dei problemi che però condivide con diversi altri ragazzi, è la paura che si prova attraversando le strade della città, soprattutto di sera: «Mi sento molto spesso in pericolo. Vivendo da sola, spesso mi muovo in autonomia e se da un lato questo può essere liberatorio, dall’altro mi spaventa, soprattutto a certi orari. Spesso mi è capitato anche alla fermata di vedere cose non molto carine e viene spontaneo chiedersi: e se succedesse a me?».

Giulia invece non è la classica fuori sede, che dal piccolo liceo del paese si trasferisce in città per studiare. Assistente di volo per un anno, ha scelto di licenziarsi per approfondire i suoi studi: «Dopo essermi licenziata dal ruolo di assistente di volo, mi sono iscritta all'università per proseguire con la mia formazione. Ho fatto un anno in un Ateneo e poi mi sono trasferita ad UniPa, sempre a Lettere moderne, che è una facoltà che mi piace e mi appassiona molto per quanto sia tosta».

La sincerità è la qualità che meglio la contraddistingue: «Ho cercato di essere il più sincera possibile per regalare me stessa, volevo che se qualcuno si trovasse in difficoltà nel fare una scelta potesse magari rivedersi anche nella mia storia e fare la scelta più giusta».

Anche Vincenzo studia Scienze e Tecniche psicologiche. Lui si batte contro le ingiustizie e le discriminazioni che ha vissuto in primo luogo sulla sua pelle. «La mia storia vuole dare una risposta a tutte le persone che si sono trovate nella mia posizione ma che hanno scelto di togliersi la vita. Sono tante le persone che subiscono discriminazioni su diverse basi, partendo ad esempio dall’orientamento sessuale. Il mio obiettivo è dire alle persone che c’è una soluzione, c’è una via d’uscita, nonostante ci siano delle imposizioni sociali che ci opprimono», dichiara.

«Io ce l'ho fatta e come me possono farcela anche gli altri. Serve avere forza e determinazione. È importante parlarne e discuterne, avere una rete di supporto. Serve anche capire che spesso chi ci opprime è a sua volta oppresso da una società che impone modelli e stereotipi. La catena va spezzata, c’è sempre una via d’uscita», conclude.

Infine c’è Beven, che studia Ingegneria informatica e ha origini indiane. «Sono uno studente fuori sede e vengo da un paesino molto piccolo. Spostarsi da un paesino così piccolo per studiare in una città così immensa e così diversa dalla vita dei paesini destabilizza un po’. I primi tempi li prendi con tanta leggerezza, come una vacanza, ma quando capisci che devi stare per un anno iniziano i problemi, ma col tempo ci fai l’abitudine perché o ci fai l’abitudine o abbandoni. Credo che abbandonare non debba mai essere una scelta» .

La sua esperienza sovrappone due livelli: quello di studente proveniente da un piccolo paese e quella di persona extracomunitaria: «Come persona extracomunitaria credo che una delle difficoltà sia quella di immedesimarsi nella cultura locale e rispettarla, conservando la mia identità. Per il resto - conclude -, credo che sia importante prendere questi anni di università con la giusta leggerezza che contraddistingue chi ha vent’anni, senza mai abbattersi davanti a un esame difficile o non passato».

Il documentario quindi mette insieme queste storie, nella speranza di lasciare un messaggio a tutti gli studenti che credono di essere soli ad affrontare problemi che sembrano enormi, ossia che forse, c’è qualcuno che condivide gli stessi problemi individuali che tutti vivono e che forse, c’è sempre un modo per affrontare le difficoltà, dalla più piccola alla più grande.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

I VIDEO PIÚ VISTI