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Dove non potevano gli 007 c'erano i putiari: quando in Sicilia spiare era un vero mestiere

Chi non ricorda le vecchie "putie" di una volta, dove entravi per comprare e uscivi che sapevi tutto di tutti. E il bottegaio era una sorta di "capo" delle malelingue

Giovanna Caccialupi
Perito chimico industriale
  • 30 dicembre 2023

Le botteghe erano dei punti di aggregazione, dove oltre alle merci confluivano e si scambiavano dati di vario genere, che opportunamente interpretati, sviluppati e diffusi davano vita al passatempo prediletto dei paesani: il pettegolezzo, un atavico e pur sempre attuale esercizio che distrae dai guai personali, offre la possibilità di confrontarsi con il prossimo, naturalmente adoperando infinità bontà con se stessi e spietata severità con gli altri.

Ottima terapia per lenire momentaneamente complessi e frustrazioni di varia natura. Nella sua maleolente bottega “Michilinu u pisciaru”, di fresco aveva soltanto le novità su qualunque "fatto" recente o datato. Cinquantenne, grasso con pochi capelli, sempre teatrale nelle espressioni come un guitto.

Tutte le volte che aveva qualcosa da "rivelare", assumeva un piglio da grande saggio e i suoi discorsi erano ricchissimi di lunghe pause, durante le quali i suoi occhi piccolissimi scintillavano di grande soddisfazione, per l’interesse che suscitava. Quando invece voleva “estorcere” informazioni, diventava viscidamente gentile ed assecondante spalancando gli occhi nel tentativo di mostrare una faccia da ingenuo.
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Michilinu si vantava con tutti della sua bravura di "spruari i genti", e di riuscire sempre a far parlare le persone sia direttamente che indirettamente coinvolte. Era capace di millantare conoscenze importanti e promettere aiuto a persone in grandi difficoltà, pur di conoscere i particolari. A volte si faceva anche consegnare documenti importanti, con la scusa di farli vedere ad un suo fraterno amico che di volta in volta era avvocato, giudice, onorevole, notaio, invece li esibiva al suo pubblico per dimostrare le sue convinzioni.

Si esaltava quando con qualche frase, domanda, riusciva a mettere in evidente imbarazzo la vittima di turno, con cinica crudeltà godeva del momento di sofferenza che creava. Era un po' il capo delle malelingue. Lui raccoglieva e distribuiva informazioni.

Stranamente le "vittime" dei suoi pettegolezzi erano sempre persone umili, semplici, pacifiche, mai persone notoriamente potenti e vendicative. Turuzzu, con il suo capiente pulmino spesso accompagnava gruppi di paesani nelle città vicine. Quelli che ricorrevano a Turuzzu, nonostante altri mezzi pubblici più economici, necessitavano di una guida proprio in città.

Per le "indagini" di Michilinu era indispensabile conoscere le destinazioni dei passeggeri, ma Turuzzu consapevole che il suo lavoro dipendeva dalla sua discrezione, era irremovibile e Michilinu dopo aver pateticamente cercato di pilotare la conversazione, traeva comunque delle conclusioni a seconda della reazione di Turuzzu, fiducioso dell’ infallibilità delle sue intuizioni.

Secondo una delle numerose teorie di Michilinu, chi va in città o va da un medico o da un avvocato, o da un mago o da un sensale di matrimoni. Così in base agli avvenimenti che precedevano le partenze, lui stabiliva il motivo del viaggio. Era anche importante sapere se il viaggio era stato prenotato da tempo o se deciso in fretta e furia, eventuali compere effettuate durante il viaggio, non solo per scoprire il motivo del viaggio, ma anche per saggiare le condizioni economiche.

Invece un altro "collaboratore" consapevole, volontario e volenteroso era uno degli autisti dell’autobus che tutti i giorni andava in città, Biagiu attento a tutto, all’abbigliamento, alla postura , profumi o cattivi odori, se la mattina si pagava il biglietto con i soldi contati o se si scambiavano banconote di grosso taglio, la dimensione dei pacchetti degli acquisti e dei bagagli, ma soprattutto la condotta morale delle donne.

- Ma comu si ni ponnu vidiri lustru chisti, si spennunu e spannunu?

- Vanu, venunu, e non si cattunu mai nenti! Chisti sempri misarabili anu statu!

- Ma dicu io, cattunu sempri cosi scassi! E cianciunu miseria p’amuri di sabbari soddi! No capisciunu ca amu a moriri e amu a lassari tuttu supra sta terra, chi sabbunu a fari i soddi?

- Ci ccattau du cappotti a so figghia! Picchì, unu non ci bastava? Su scuddanu ca na vota non aveunu mancu causi supra u culu! E inutili, basta ca si vidunu du liri, cetta genti si scodda cu era!

- Ogni vota ca si fa u bigliettu, avi sempri soddi sani! Ma quantu soddi avi chistu?

-Tutti i voti chi soddi cuntati precisi pu bigliettu! Comu i povereddi!

- A figghia di Pippinu, scinni sempri ‘na firmata prima di chidda da scola! Sicuru c’è sutta acchiccosa!

- Quannu va a Missina, a signura Cuncetta si vesti ca pari ca avi a jri a un matrimoniu!

- Vanu ‘ncittà vistuti comu i misirabili! No sannu ca i genti comu ti vidunu, ti trattunu!

- Maria a patunnisa, all’andata è cuntenta, ma o ritonnu è sempri siddiata…, sicuru c’è sutta acchicosa!

- Cammilinu ‘ndo paisi non usa mai l’ucchiali do suli, ma appena arriva ‘ncittà si metti, macari ca u cielu è scurusu!

- Chi ci va a fari du voti a simana Franciscu a Missina? Tutti i merculi e i sabati? ‘dda non avi parenti o amici! Non ccatta mai nenti, non si potta documenti ‘nte mani…..sicuru c’è sutta acchiccosa….

- A signura Martina, va a Missina na vota o misi, e si potta na gran bilici pisantuna, o ritonnu a bilici è leggia….. sicuru c’è sutta acchiccosa…..

Un altro solerte collaboratore era Giuanni, il proprietario di un piccolo ed impolverato tabacchino, dove c’era l’unico telefono pubblico del paese, piuttosto frequentato perché la maggior parte dei paesani non aveva il telefono in casa. Giuanni, esile, dall’aspetto mite ed indifeso, gentile ed affettuoso con tutti.

Aveva sempre una parola buona per confortare tutti quelli che gli raccontavano i loro affanni.

- Si vidi ca chista è a vuluntà di Diu!

- Vui u sapiti ca u Signuruzzu ni voli mettiri a prova? Priati e uffriti a vostra sofferenza a Diu, ca Diu non vi bannuna!


Era molto religioso, oltre a frequentare assiduamente la chiesa, pregava spesso durante la giornata, seduto dietro al bancone con il rosario e il libro di preghiere in mano. Il telefono era in un angolo, tra il bancone e un minuscolo altarino con figure di santi, fiori e lumini sempre accesi.

Quando qualcuno usava il telefono, Giuanni leggeva le sue preghiere con l’espressione rapita come quella delle immaginette che teneva sull’altarino ed intanto “ascoltava”. In paese lo chiamavano “Giuanni ama a Diu e futti u prossimu” perché rubacchiava nel fare i conti, e quando qualcuno contestava l’esattezza del conto, lui umilmente giurava e spergiurava la sua buona fede.

-Sbaggiaiu! Vui non sbagghiati mai? Tutti putemu sbagghiari! Diu mi è testimoni ca no fici apposta! Orbu di l’occhi ca mi cunfunniu!

Oltre a fornire “informazioni” (interpretazioni delle telefonate che ascoltava) a Michilinu, che così arricchiva le sue conoscenze, collaborava anche con il parroco (attribuendosi particolari competenze nelle cose di chiesa solo perché era cugino di un vescovo ) raccontando i peccati di tutti, soprattutto quelli delle donne, sui quali era sempre informatissimo.

A suo dire era stato incaricato dal vescovo in persona per vigilare sulla condotta morale delle parrocchiane. Dall’assiduità dei suoi clienti era in grado di dire quante sigarette fumasse ognuno di loro quotidianamente. Parecchi avevano smesso di comprare le sigarette da lui proprio per questo motivo.

Nonostante fosse da sempre considerato un buon partito, non si era mai sposato perché non aveva fiducia nelle donne.

- Ommai fimmini serie non ci nni sunu cchiù!

- Sta scola di ll’obbligu fu na ruina! Di quannu vanu a scola fora paisi cu l’autubussu succedunu cosi di ll’autru munnu!

- A cuppa è di patri! Pozzu capiri un figghiu masculu, ma chi ci mannunu a fari i figghi fimmini a scola! Chi bisognu anu i fimmini di iri a scola? Chi si nni fa a poi un patri, di na figghia maniata di chistu e di chiddu? Picchi’ chistu fanu! Autru ca studiari… si fanu mungiri di chistu e chiddu!

- di quannu i ‘miricani jenu supa a luna, stu munnu non è cchiù u stissu!

Ultimamente Giuanni era sconvolto dalla condotta delle ragazze, che per andare a scuola prendevano l’autobus, allegre vocianti, affollavano i sedili in fondo assieme ai maschi, tra risate e lezioni da ripetere. Quelle più spregiudicate addirittura si truccavano, riducevano la lunghezza delle gonne appena uscite da casa e fumavano pure!

Senza alcuna necessità prendeva spesso lo stesso autobus, per rendersi conto del degrado morale che avanzava, soffrendo per quanto doveva sentire e vedere e per tutto il viaggio pregava, freneticamente, paonazzo e sudaticcio infilava la mano in tasca , stringeva la corona del rosario e pregava…
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