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È un posto di baci appassionati, tra rioni e viuzze: la magica Ortigia (che ha anche una "sorella")

Ortigia è un mondo a parte. Un'isola ricca di storia e al contempo vissuta dai suoi abitanti come una grande casa comune, non è strano ad esempio vedere le donne in vestaglia e pantofole, dal medico di famiglia

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 24 luglio 2021

Le viuzze di Ortigia

"Freddo…non fa", i siciliani sono maestri nelle figure retoriche, e la litote (dire una cosa per affermare il contrario) è una delle loro caratteristiche. Sono le parole di Ludovico, il proprietario del "Al Mazarì" dove abbiamo pranzato.

È un posto molto curato con lampadari di cristallo, musica lounge, candelabri, e pietre medievali che delimitano la sala, sembra di stare in un salotto di casa. Siamo entrati per caso attratti dalla penombra, sottraendoci a un cielo lattiginoso senza sole, con una cappa che amplifica i 40 gradi di temperatura.

Il proprietario è elegante, inappuntabile, dotato probabilmente d'indumenti d'amianto, mentre noi grondiamo di sudore solo volgendo lo sguardo. Racconta che con la famiglia sono venuti da Mazara del Vallo, portando la loro cucina Trapanese, arricchendola ed esaltandola con i prodotti Siracusani.

Tra una portata e l'altra s'intrattiene con noi, ci racconta di Alì al Mazarì, un giureconsulto mussulmano dell’anno mille, di Mazara, che con una fatwā (un responso) autorizzò i Mussulmani a restare in Sicilia, nonostante una dominazione con una religione diversa: i Normanni. Parla con raffinata arguzia e ironia, si rivela una fonte preziosa, è siciliano ma non è di qui, e sa cogliere aspetti e situazioni di questo microcosmo.
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Dice che Ortigia è un mondo a parte. I suoi abitanti vivono come in un grande condominio. Ricorda come trovò singolare, vedere le donne in vestaglia e pantofole, dal medico di famiglia, cosa assolutamente normale per chi considera questa isola una grande casa comune. Camminiamo in questo chilometro quadrato di splendore nonostante l’incredibile caldo del primo pomeriggio, con una consapevolezza diversa.

Ortigia la cui traduzione è "quaglia", deve questo nome alla sua forma che ricorda la testa dell'uccello, ma non è la sola "Ortigia", l'altra è Delos sull'Egeo e Pindaro nelle sue Odi la definisce sorella di quella Siracusana.

Collegata dall'antichità, è un labirinto di rioni e viuzze. Sono curate, ordinate con agli angoli ciotole di acqua e croccantini per i gatti che qui sono amati e rispettati. Qualche giorno fa, tra balconi in pietra e finestrelle con decori, c’è stata una serenata per “una Daniela”, condivisa dai passanti sul web, non mi stupisce qui si percepiscono brividi di autentica passione.

Come quella della sua Ninfa Aretusa che dopo esser fuggita e trasformata in sorgente, fu raggiunta da Alfeo impazzito d’amore, trasformato da Oceano in un fiume sotterraneo, fondendosi così l'una nell'altro. È un posto di baci appassionati ed io non ho ne ho mai visti così tanti come tra questi rioni.

Arriviamo al luogo d'incontro di questo mitico amore: la fonte dell'Aretusa. La piscina naturale è stata originata da una delle tante sorgenti di questo territorio, qui arricchita da superbi papiri, dagli steli altissimi e dalle lunghe e lucide foglie. Siracusa è l’unico luogo al di fuori del Nilo, dove crescono spontaneamente, si trovano non solo alla fonte ma lungo le sponde del fiume Ciane. Una volta i marinai siracusani li usavano per farne delle corde, poi fu utilizzata per realizzare della carta.

È ancora possibile trovare artigiani che la producono come la "Casa del Papiro" che possiede una grande piantagione vicino al parco archeologico della città.

Come sia arrivata qua, un mistero, c’è chi sostiene che sia autoctona: il vento, il mare, la posizione di Siracusa ne avrebbe fatto un luogo simile a quello egiziano, altri sostengono che sia stata portata e trapiantata da quella terra. Se da un lato ho l’Aretusa dall’altro, ho lo Ionio, mare bellissimo e profumato. Lo sguardo và da ponente a levante in un lungomare lunghissimo, dove bagnanti lasciano la spiaggia e scogli, restando "appozzati "in uno stato di estasi in questo mare, dove arrivano le fresche acque delle sorgenti.

Ritorno a guardare la fonte, sono attratta da una strana creatura nera che si agita tra le acque. Un po' condizionata dalla magia del posto, sono pronta a veder emergere un ferocissimo e mostruoso coccodrillo. Ma guardando meglio il mostro ha maschera e pinne: è un sub che sta ripulendo il fondo dalle alghe, pericolose per la vita dei pesci e dei papiri.

Lasciamo la ninfa, ci dirigiamo a Latitudine: 37° 3,1` N - Longitudine: 15° 17,7` E , coordinate militari del faro del Castello Maniace. Voluto da Federico II, è posto alla punta estrema di Ortigia e in questo periodo ospita l'installazione “Passi” di Alfredo Pirri. Evento itinerante , che avevo già visto ma che qui diventa spettacolo. Su una superficie di 800 metri quadrati di specchi frantumati, si riflettono come in un mosaico, le volte a crociera, le superbe colonne di pietra, e noi. Esperienza visiva ed emotiva che non lascia indifferenti.

È tardi quando dopo aver girovagato e cenato ritorniamo verso il nostro albergo alla Giudecca, o come si dice qui “Jureca”, a piazza San Giuseppe. Attraversiamo un'Ortigia trasformata in una casbah, con ovunque tavolini e sedie, negozi aperti, cantanti di strada che alternano melodie tradizionali a brani pop, e un turbinio di gente.

Passiamo il centro dell’Isola, Piazza Archimede, penso alla rozzezza del soldato romano che per ignoranza e impazienza lo uccise , privando non solo Siracusa , ma anche Roma, di un genio. Infine giungiamo alla piazza dopo esserci persi varie volte. E’ deserta, silenziosa, ci mettiamo seduti su uno dei gradini di pietra della chiesa.

Tutto è immobile, guardo in alto, sono aperte tutte le finestre, ma nessuno è affacciato, scorgo dietro le tende sagome sedute al buio. Tutti stiamo annusando il fresco vento del mare che scivola fino a qui, la luna è quasi piena, grossi gatti ci sfiorano fissandoci con i loro occhi magnetici, come silenziosi guardiani. È un momento sublime di serenità, ed io sono piena di gratitudine.

Ortigia continua…
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