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Era uno di quelli che a Palermo conoscevano tutti: la storia di Francesco Ferrazzano

Non si trovano notizie su quest'uomo vissuto a Palermo molti anni fa: eppure era così famoso che una strada del centro storico portava il suo nome

  • 21 ottobre 2019

Una foto d'epoca del Teatro Bellini di Palermo

Tutti conoscevano Ferrazzano e ci fu per molto tempo un vicolo in fondo a piazza Sant' Onofrio che prese il suo nome. A quei tempi il teatro Bellini si chiamava "dei Travaglini" era più piccolo e il suo prospetto meno nobile, ma quando c'era spettacolo il pubblico non mancava mai.

Il comico che riscuoteva maggiore successo aveva come nome Francesco, Francesco Ferrazzano.

Per lui, stare su un palco o passeggiare per le strade di Palermo era la stessa cosa: il suo spirito era sempre alla ricerca della burla, della satira e dello sberleffo, aveva una battuta sagace e pungente per tutti, che fossero nobili o popolani, regnati o ciabattini, non guardava in faccia nessuno.

Ridere e far ridere era la cosa più importante, tanto da fargli superare il timore per le ritorsioni dei potenti poveri di spirito. Paura che non abbandonava, però, l'animo semplice della moglie che, malgrado le raccomandazioni, ogni sera non aveva la certezza di vederlo rincasare.
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Fu così una notte: le campane scandivano le ore, Ferrazzano non tornava, e sua moglie preoccupata continuava a rigirarsi nel letto. Fino al mattino successivo, quando uno dei comici della compagnia andò a far visita alla donna per rassicurarla: il marito stava bene, ma ne aveva fatta una delle sue, più grossa delle altre ed era stato costretto a nascondersi in attesa di tempi migliori.

Qualche sera prima, infatti, Ferrazzano, durante uno spettacolo, non aveva lesinato buffonerie nei confronti del pretore, il quale, trovandosi tra il pubblico, dovette fare buon viso, anzi ridere di gusto, al cattivo gioco.

L'occasione propizia per la vendetta ebbe a capitare la mattina in cui lo stesso comico si presentò davanti al pretore per avere una lettera di raccomandazione da portare al comandate di città. L'offeso scrisse la lettera celando il risentimento, ma prima di dargliela chiese a Ferrazzano un favore: che cosegnasse un biglietto al Castellano del Castello a mare.

Non c'erano problemi disse l'attore e uscì con le due buste. L'astuzia di Ferrazzano non si limitava però a inventar storielle simpatiche e battute piccanti, ma ben aderiva allo svolgersi dei fatti quotidiani: soppesate le due missive, una poco lo convinceva.

Giunto in piazza Pretoria incontrò un protetto del pretore e chiese a lui di adempiere al compito che gli era stato assegnato. L'uomo accettò, ma una volta giunto al Castello a mare si trovò legato a testa in giù, denudato e ben servito da cinquanta vergate; quando si riprese, arrabbiato e malconcio andò dal suo padrone e gli raccontò i fatti. Il pretore furioso mandò a cercare Ferrazzano, che dal canto suo aveva ben inteso di togliere il disturbo per far quietare le acque.

Il pretore sbollita la rabbia volle comunque soddisfazione, così convinse il viceré a esiliare Ferrazzano: per due mesi non doveva muoversi dalla terra di Monreale. Erano quelli i giorni del Festino, a Ferrazzano di non poter vedere il carro della Santuzza non gli andava proprio e a trovare una soluzione non impiegò molto. Chiamò un carrettiere, s'accordò per il prezzo, fece caricare di terra il carretto e si fece portare a Palermo.

Appena superata porta Nuova le guardie lo fermarono, ma nonostante le minacce l'esiliato non era disposto a scendere dal mezzo: che lo portassero in galera con tutto il carretto se erano capaci. Nel trambusto che si venne a creare passò di lì con la sua carrozza il viceré, il quale riconosciuto Ferrazzano lo accusò di aver disubbidito al suo bando: non doveva lasciare per due mesi la terra di Monreale.

L'uomo scelse una delle maschere che portava in scena e con il massimo candore chiese al carrettiere che terra fosse quella su cui si trovava, quello rispose senza esitazione: “terra di Monreale”. Il viceré cercò di rimanere serio, ma non riuscì a trattenere le risate e tra le lacrime concesse la grazia a Ferrazzano.

Di queste storie fu piena la vita dell'attore del teatro dei Travaglini, come si è soliti dire una ne pensava mentre cento ne stava già compiendo, anche poco prima del trapasso scelse la comicità come compagna. Quelli della sua stirpe, come è noto, non avevano diritto alla sepoltura cristiana, così la moglie chiamò il prete perché lo confessasse per condurlo in grazia di Dio.

Quando il sacerdote gli chiese di ricordare quante ne aveva fatte passare all'Altissimo con le sue bricconate, Ferrazzano rispose che quella che il Signore gli stava facendo le superava tutte.
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