PERSONAGGI
Fa rivivere l'eleganza dei Florio: chi è Gigi, a Palermo la star di ogni evento
Agrigentino di nascita e palermitano d’adozione, il "trend setter" Gigi Vinci mescola eccentricità e raffinatezza con abiti ispirati all’alta moda e una vena di ironia
Gigi Vinci
Ad affermarlo è il brillante e anticonvenzionale Gigi Vinci, definito "trend setter" dalla giornalista Milvia Averna, "installazione vivente" da Tiziana Coste di "Radio In".
Lui preferisce dire di se stesso, con una buona dose di ironia e leggerezza, garbo ed esuberanza, humor e serietà: «sono di ornamento alla società».
Agrigentino di nascita («Come Pirandello» - ci tiene a precisare) ma palermitano d’adozione, Gigi divide da qualche anno il suo appartamento con due adorabili tiranni: Amore Mio, un gattino dal pelo grigio e gli occhi color miele, e Medea, una viziata nuvola di morbido pelo bianco.
Un "trend setter" è chi detta le tendenze nel campo della moda; una persona che contribuisce a diffondere un gusto, un modo di vestire, uno stile di vita; ma anche chi detta tendenza in materia di cause da sostenere.
«Ricordo dei morbidi kimono del mio amico stilista romano Massimo Bomba - aggiunge - Lui li aveva pensati come vestaglie da camera in tessuti pregiati: ma erano veramente magnifici, bisognava indossarli in pubblico!».
Gli outfit di Ginci Vinci sono un perfetto mix di eleganza ed eccentricità; le linee degli abiti, spesso semplici e minimaliste, vengono accostate con indiscutibile buon gusto ad accessori, gioielli, acconciature, foulard, stole o colbacchi in pelliccia.
Presenza immancabile ai grandi avvenimenti sociali, agli eventi culturali, alle prime del Teatro Massimo di Palermo, nonché di Villa Igiea, finisce sempre per catturare l’occhio dei fotografi e del pubblico, con la sua algida raffinatezza e i suoi splendidi abiti. Gigi Vinci sa che la scena è sempre sua: è ormai la vera star di ogni evento.
Si legge sul Giornale di Sicilia del 23 Novembre 2023: "Su tutti svetta Gigi Vinci che stavolta ha scelto veli dorati e arancioni da principessa bizantina e commenta da appassionato, Capuleti e Montecchi è un’opera difficile, con molti recitativi. Ma trovo che il cast sia stato scelto molto bene".
Per la prima dello "Schiaccianoci" ha indossato una tunica di colore blu scuro a manica lunga, con stampe cachemire in argento, borsetta con perline e jais argentate, colbacco, grande spilla di rosa in tessuto blu; perle ali lobi e triplice filo di perle al collo.
Per la "Kaiser Requiem Era" ironicamente "a lutto": look total black, cappello con lungo velo a coprire parzialmente il volto, perle al collo e alle orecchie e lunghissimi guanti color verde smeraldo. Ha stupito tutti poi la magnificenza dell’abito indossato per "La Turandot", ispirandosi al costume di scena di Maria Callas.
A corredo una tiara in argento, "pesantissima", realizzata in Oriente, del peso di 4 kg.
«L’ho indossata per tutta la serata - dice Gigi - un amico seduto dietro di me nel palco mi aiutava, ogni tanto, a sostenerla, è stato veramente impegnativo. Ma ne è valsa la pena: mi è stato riferito che la mia foto di quella serata pubblicata sui social è stata fatta vedere a Gino Landi».
Come diceva Costanza Afan De Rivera Costaguti, "le immagini sui social volano e a volte non sappiamo neanche noi dove vanno a finire".
Vogliamo parlare della borsa sferica a Villa Igiea, che ultimamente ha suscitato tanta curiosità? «L’ho indossata con un abito nero dal taglio asimmetrico, collana di perle, spilla di diamanti e smeraldi, la tiara - risponde Gigi - avevo controllato che ci andasse tutto, quando l’avevo comprata: chiavi, monetine, ecc. Non conteneva solo il cellulare».
«Quella sera ero un pochino contrariato - prosegue - mi avevano fatto indisporre, volevo essere dispettoso: allora ho visto la borsetta sferica e ho pensato di portarla con me e di lanciarla come Eris, la dea che gettava il pomo della discordia, esclamando: "Alla più bella!".
Sarebbe sicuramente successo il finimondo… In realtà poi non l’ho fatto, ma il mio gesto provocatorio, in cui accennavo il lancio, è stato interpretato addirittura come un riferimento al Salvator Mundi di Leonardo da Vinci».
Gli outfit di Gigi sono sempre molto accurati: predilige il nero, accostato al colore oro o al bianco; il rosso in tutte le sue tonalità, dal magenta fino al vinaccia; adora l’accostamento audacissimo di rosso e viola, già sperimentato da Yves Saint Laurent.
«Il viola è il mio colore, mi appartiene, lo sento veramente mio; meno nelle mie corde è il blu, ma ultimamente sto imparando ad amarlo, lo indosso per una nota maison di gioielli, ma ci sono sfumature e sfumature ovviamente» - spiega Gigi.
Indossa spesso anche abiti monospalla, l’animalier ("saggiamente dosato") e ovviamente accessori e gioielli. «Ho una collezione di perle non indifferente» - rivela il trend setter.
Gigi porta spesso acconciature con fiori artificiali e tiare. «Un’acconciatura di un certo tipo serve a bilanciare un abito elegante - spiega - Nel ‘700 quando le gonne si allargarono a dismisura, i parrucchieri allungarono le parrucche, per creare una proporzione».
«Fondamentali sono poi le scarpe – aggiunge - un modello sbagliato può essere una vera e propria caduta di stile e rovinare un intero outfit. Non ho una sarta. Quando vedo qualcosa che mi piace lo acquisto subito e lo metto da parte, in attesa dell’occasione adatta per indossarlo. Compro delle stoffe particolari: una mia amica a volte ne trova alcune bellissime, in India; le fotografa e se sono di mio gusto me le porta. Ho una casa piena di abiti».
«Avevo pensato di darli in beneficenza - racconta - ma poi ho capito che sarebbe stato un gesto non apprezzato: non sono certo comodi, non sono pratici per le faccende di ogni giorno. Allora li ho tenuti. Ogni abito è un caro ricordo: di un’occasione, di un evento, di una serata, di momenti belli con amiche e come non ricordare Jole Cavallaro, grande melomane, che mi raccontava facendomela rivivere l’interpretazione di Corelli nell’Andrea Chénier».
Gigi ricorda con grande nostalgia le splendide premiere in compagnia dell’indimenticata amica Costanza Afan De Rivera Costaguti con la quale hanno animato la cultura e socialite di Palermo. Quando erano insieme riuscivano a far rivivere l'eleganza e i fasti dell'epoca dei Florio.
«Ci siamo conosciuti per la prima volta il 15 ottobre del 2013, all’Arsenale Borbonico - racconta Gigi - È una data che non dimenticherò mai. Era il giorno dell’inaugurazione della mostra di un modello statico dello yacht di casa Florio l’Aegusa. All’epoca Sebastiano Tusa era il Soprintendente del mare, Costanza, rappresentava la famiglia Florio».
Da un incontro casuale è nato un rapporto di profonda stima e amicizia, che si è spezzato purtroppo con la morte dell’ultima discendente di Casa Florio, nel settembre del 2020.
«Quasi quotidianamente ci sentivamo telefonicamente per organizzare l’agenda, condividevamo progetti, programmavamo eventi, presenziavamo a inaugurazioni culturali - confida Gigi - Nel periodo del Covid ci sentivamo preferibilmente intorno alle 22 parlavamo per un’oretta e ci raccontavamo come era andata la giornata.
Con Costanza si poteva discutere di tutto, anche di argomenti sui quali eravamo in disaccordo pur rimanendo in sintonia, come si fa con le persone intelligenti. Era una di quelle amicizie vere, senza fronzoli, schietta e sincera, come eravamo del resto entrambi. La nostra telefonata serale nel tempo era diventata un rito irrinunciabile».
Insieme hanno lottato fianco a fianco perché il quadro di Donna Franca Florio, nonna di Costanza, immortalata dal celebre pittore Giovanni Boldini restasse a Palermo.
Un appello caduto nel vuoto, purtroppo è quello di intitolare una via urbana alla "Regina di Palermo", il tratto via Oberdan che termina all'ingresso del Villino Florio.
Costanza riuscì però a coinvolgere i Marchesi Berlingeri, coppia di amici che oggi custodiscono il ritratto a Palermo, nelle stanze di Palazzo Mazzarino.
Dopo essersi trasferita in Sicilia, Costanza si è prodigata nell’organizzare tanti incontri nelle scuole, per far conoscere il volto inedito di Casa Florio, una famiglia che ha fatto grande nel mondo il nome dell’isola.
«I Florio facevano opere di beneficenza, in segreto, senza vantarsene - racconta Gigi - Anche Costanza era generosa d’animo, come tutti i Florio: qualche mese prima di lasciare questo mondo, nel lungo periodo di quarantena del Covid, percependo per telefono la profonda solitudine in cui vivevo, contattò senza dirmi nulla un amico comune, che mi donò “Amore Mio”. Soltanto molto tempo dopo venni a conoscenza che era stata lei l’artefice di quel regalo dolcissimo».
Frequentando il Teatro Massimo, Gigi e Costanza conoscono Franco Lannino, l’ultimo dei grandi photo reporter: il fotogiornalista che dal 1981 ha documentato con la sua immancabile macchina fotografica, compagna di vita, le stragi volute da “Cosa Nostra” e che da 29 anni svolge l’attività di fotografo di scena del Teatro Massimo di Palermo.
«Franco ha una grande ironia - spiega Gigi - Dice tutto quello che ognuno di noi pensa, ma non ha mai il coraggio di dire. È una persona libera e molto ironica. Dietro un’apparente spigolosità si nasconde un cuore d’oro e io e Costanza l’abbiamo capito subito».
Da dieci anni dirige un rifugio per gatti abbandonati, aiutato da persone di buona volontà, che non lo hanno abbandonato durante il difficilissimo periodo del Covid. Franco e Gigi condividono il profondo amore per gli animali e un grande senso dell’ironia intesa come leggerezza; un pungente humor che non vuole prendere in giro nessuno, perché non si ride degli altri, ma si ride con gli altri.
«Io per primo ironizzo molto su me stesso - dice Gigi - L’autoironia ti salva. Una volta avevo appuntamento con una mia amica e per farmi riconoscere le ho detto: se vedi qualcuno vestito come Moira Orfei, quello sono io!».
A chi, molto banalmente, chiede perché Gigi adotta questo tipo di look, risponde così: «Vestire in un certo modo è anche una forma di rispetto, in occasione delle prime al Teatro Massimo o degli eventi a Villa Igiea, sono diventato testimonial di una campagna di sensibilizzazione alla bellezza. Per molti adesso sono un modello, un punto di riferimento».
«Mi capita spesso che qualcuno che non conosco mi fermi per strada e mi faccia i complimenti - aggiunge - perché rappresento una Palermo veramente elegante; tuttavia l’eleganza non è solo frivolezza: è un modo per dare visibilità a Palermo, alla Sicilia ed all’arte.
Non è vero che l’unica attrattiva della città è il cibo. Ci sono tante occasioni di apprezzare la musica lirica, la danza classica, la pittura, la scultura, la letteratura, il teatro di prosa. Giovani artisti che hanno bisogno di visibilità trovano in me un mecenate: li sostengo, se ne riconosco il valore, non economicamente ovviamente, ma dando consigli, creando "ponti", relazioni, possibilità di incontro con chi potrà veramente aiutarli e valorizzarne il talento.
Inoltre il mio modo di vestire è anche e soprattutto una battaglia: una lunga battaglia per la parità, per i diritti di ogni essere umano, qualunque sia la sua identità sessuale. Una lezione di libertà».
«Ognuno deve essere libero di vestirsi come vuole, di essere chi crede e di amare chi sceglie di amare - aggiunge - Non è quello che indossi che ti identifica, ma devi indossare qualcosa che ti faccia star bene. Come dice la cara amica Chiara Boni, una delle grandi Signore della moda, nonché Cavaliere della Repubblica Italiana, indossare un abito e vedersi belle ha un risvolto psicologico non indifferente. Nessuno dovrebbe imporci uno stile di abbigliamento.
Nessuno dovrebbe dirci cosa indossare e cosa non indossare. Vestirsi come si vuole è importante. L’abbigliamento è una forma di espressione della nostra identità, è il nostro modo per dire agli altri chi siamo, quali sono i nostri valori, le nostre emozioni, le nostre motivazioni».
«Attraverso gli abiti, gli accessori, i colori, noi comunichiamo in modo più immediato, rispetto alle parole - spiega Gigi - Perché qualcuno dovrebbe voler imbrigliare l’espressione del nostro sé? Un abbigliamento che ci rappresenta, ci fa sentire più sicuri e più felici. La società ha bisogno di individui sereni, che stiano bene, che siano appagati.
C’è tanto, troppo, odio sociale. Le persone serene fanno bene alla società. Non importa il genere, quello che importa è confrontarsi con una persona, con la sua intelligenza, con la sua generosità, con la sua capacità di relazionarsi e di stare in società. Chi ha carattere fa rumore anche in silenzio».
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