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Fondi anche da privati, i lavori e la rinascita: "L'80% della Fiera pronto entro il 2027"

Negli anni, tra tentativi di rilancio e idee lasciate sulla carta, è rimasta lì: un gigante addormentato nel cuore della città che si è risvegliato a poco a poco. Il punto

Claudia Rizzo
Giornalista e TV producer
  • 6 giugno 2025

Entro il 2027 l’80% degli spazi della Fiera del Mediterraneo torneranno fruibili. È la promessa dell’Amministrazione comunale, che parla di padiglioni recuperati, nuovi progetti, un centro congressi e interventi già in corso. Eppure, per molti palermitani, la Fiera - prima di tutto - è un ricordo.

C’è stato un tempo, infatti, in cui quel luogo oggi abbandonato non era solo un posto, ma un evento. Un appuntamento che scandiva l’anno dei palermitani, una vetrina sul mondo fatta di luci, stand, profumi esotici, invenzioni mai viste, e la sensazione - rara, da queste parti - che Palermo potesse davvero far parte di qualcosa di più grande.

C’era la gente in fila, i bambini che scappavano via dai genitori, l’odore di zucchero filato e il rumore delle novità. Era la fiera dell’immaginario collettivo: dove si scoprivano i primi frigoriferi, i divani in pelle, le barche da sogno.

Ma era anche il posto dove si compravano abiti folk, si trovavano utensili da cucina che nei negozi in città non erano ancora arrivati, dove si andava per il luna park o solo per assaggiare qualcosa di diverso. E dove, a volte, si poteva ascoltare perfino Fabrizio De André.

Per Palermo, uscita dalla guerra, quella era la modernità fatta realtà. Aperta nel 1946, quando si parlava di ricostruzione e futuro, la Fiera era uno dei simboli della ripartenza: un polo fieristico moderno, tra i più importanti del Sud Italia, capace di attirare espositori da tutta Europa e visitatori da ogni angolo della Sicilia.

Nei suoi anni d’oro - tra gli anni Cinquanta e Settanta - attraversarla voleva dire viaggiare: tra padiglioni dedicati all’industria, alla nautica, all’artigianato, all’arredamento. Era il luogo dove si scoprivano i primi televisori a colori, le cucine componibili, le auto che nessuno ancora aveva. Poi qualcosa si è spento. Lentamente, inesorabilmente.

La concorrenza delle grandi fiere del Nord, la mancanza di una visione politica, il degrado crescente, e Palermo - come spesso accade - ha cominciato a dimenticarsi dei suoi angoli più importanti: i padiglioni chiudono uno dopo l’altro, le strutture cadono a pezzi, gli eventi si diradano, e la Fiera smette di essere un luogo vissuto per diventare un vuoto urbano.

Negli anni, tra tentativi di rilancio e idee lasciate sulla carta, è rimasta lì: un gigante addormentato nel cuore della città che si è risvegliato soltanto per necessità - come hub vaccinale durante la pandemia, ad esempio - per poi ricadere nuovamente nel suo lungo torpore. Adesso, però, la partita sembra essersi riaperta.

Il Comune ha annunciato un piano di recupero che procede su due fronti. Da un lato c’è il progetto - condiviso con la Regione e l’assessorato alle Infrastrutture - per il nuovo centro congressi che sorgerà nel padiglione 20: «Sono stati stanziati oltre venti milioni di euro - spiega l’assessore alle Attività Produttive Giuliano Forzinetti - e siamo nella fase conclusiva della progettazione. Per noi rappresenta una priorità assoluta: l’obiettivo è avviare i lavori prima della fine della sindacatura».

Dall’altro, però, si lavora anche sul presente: mentre si pianifica il centro congressi, alcuni padiglioni sono in procinto di rinascere grazie a un’operazione con i privati - come nel caso del padiglione 22, dove i lavori sono già iniziati, o i padiglioni 1 e 4, dove gli interventi inizieranno a breve.

Si tratta di messa in sicurezza, manutenzione straordinaria, SCIA antincendio, con una logica che è quella di una compensazione virtuosa: «I soldi che dovremmo incassare per l’utilizzo degli spazi li facciamo investire direttamente ai privati per la loro riqualificazione».

Una parte della Fiera, insomma, torna agibile già da subito, mentre si lavora a lungo termine sul progetto completo: «Tutta la parte centrale è la nostra priorità - continua l’assessore - perché è quella che ha maggiore impatto durante gli eventi.

Il centro congressi modulare sarà il cuore del nuovo assetto ma, oltre ai convegni, potrà ospitare anche manifestazioni, fiere ed eventi. In più, stiamo avviando un percorso di dialogo con attori privati, alla ricerca di partner per una gestione condivisa e sostenibile di questo luogo così complesso e particolare».

Stavolta sembra che il "rendering" non sia più solo un sogno su un foglio, ma in qualche modo l’inizio di un cantiere. La domanda, però, è inevitabile: cosa sarà davvero la Fiera dopo il 2027?

La risposta è ancora in costruzione. Dipende dalle risorse, dai partner, dalle visioni, ma oggi - almeno sulla carta - ci sono alcune premesse: il resto è un misto di intenzioni, promesse, e un’idea ancora in via di definizione.

Come sempre a Palermo, la differenza la farà il passaggio dai progetti alla realtà. E intanto, in attesa della trasformazione, la Fiera resta lì. Con i suoi ricordi, le sue potenzialità, le sue ferite aperte. Un pezzo di città che potrebbe - finalmente - tornare a parlare al futuro, ma che per ora rimane sospeso tra ciò che è stato e ciò che, forse, sarà.
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